Crotone. La “mazzetta” si ordinava al bar: blitz fino in Usa, scacco alla cosca Corigliano-Comito

Crotone Cronaca

Tutto è partito da un’articolata indagine avviata, nel marzo del 2020, grazie ad un input informativo della Fbi statunitense, in particolare del Federal Bureau of Investigation di New York, che riferiva di presunti episodi di estorsione avvenuti nell’area di Manhattan.

Da qui hanno iniziato ad investigare, col coordinamento della Dda di Catanzaro, i poliziotti del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Crotone e del capoluogo di regione, arrivando oggi ad ipotizzare l’esistenza e l’operatività sul territorio di Rocca di Neto della cosca dei Corigliano/Comito.

Un clan che, secondo gli investigatori, sarebbe dotato di una capacità di controllo territoriale e di gerarchie interne e che sarebbe legato a doppio filo con il locale di Belvedere Spinello, storicamente compenetrato dalla criminalità organizzata, con proiezioni negli Stati Uniti d’America dove, contemporaneamente ai colleghi italiani, gli agenti federali, insieme alla Polizia, hanno svolto diverse perquisizioni a carico di soggetti indagati in un procedimento penale collegato.

Stamani, così, è scattato il blitz che ha portato al fermo ed all’arresto di 18 persone (QUI) accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa; di associazione finalizzata all’acquisto, detenzione, trasporto, cessione e vendita di stupefacenti, in particolare di cocaina, hashish e marijuana; di estorsione aggravata dal metodo mafioso e porto e detenzione illegale di armi e munizioni, anch’esso aggravato dal metodo mafioso.

I REATI “SATELLITE”

Le attività avrebbero così accertato, in particolare, una pervasiva pressione estorsiva esercitata dai presunti referenti della cosca a realtà imprenditoriali locali, oltre all’attivismo nel traffico e distribuzione della droga e l’ampia disponibilità di armi da parte dell’organizzazione, ambiti nei quali, nel corso delle indagini, si è anche fatto ricorso all’istituto dei ritardati arresti.

Le acquisizioni probatorie, frutto di complesse attività tecniche, perquisizioni, accertamenti di polizia e contributi offerti dai collaboratori di giustizia, documenterebbero - a livello indiziario - l’attività del gruppo tramite reati cosiddetti satellite, come, appunto, le estorsioni svolte da alcuni dei sodali nei confronti di imprenditori locali (che non hanno denunciato gli estortori), considerate “la principale e più remunerativa attività illecita svolta dal clan”, affermano gli inquirenti.

Il tutto sarebbe avvenuto attraverso un meccanismo ben oliato, dissimulato da normali pratiche commerciali e dall’utilizzo di un vocabolario strategico imposto alle vittime per segnalare la disponibilità al pagamento della mazzetta, ordinando ad esempio ad ogni inizio mese dei cornetti al bar gestito dalla famiglia Corigliano.

In una di queste occasioni la polizia, immediatamente dopo la consegna dei cornetti, aveva infatti eseguito un controllo dell’auto dove viaggiavano gli indagati, documentandone il possesso di duemila euro in contanti.

LA CASSA COMUNE

Le indagini avrebbero poi fatto scoprire come i ricavi delle attività estorsive servissero per alimentare una cassa comune gestita dal capo famiglia, anche nella logica della spartizione dei proventi illeciti da dividere su precisi accordi e sulla base dello spessore criminale dei destinatari.

LE ARMI E LE MUNIZIONI

È stato inoltre possibile constatare che i presunti componenti del sodalizio criminale avessero a loro disposizione un numero indeterminato di armi da fuoco, tra cui pistole e fucili, utili a rafforzare le capacità operative necessarie, all’occorrenza, per commettere altri reati.

Le attività tecniche ne hanno documentato anche il loro effettivo utilizzo, durante una prova a fuoco compiuta in una zona isolata di Rocca di Neto.

Dei servizi straordinari di controllo del territorio hanno difatti consentito di sequestrare armi e i relativi munizionamenti, in particolare quattro fucili ed una pistola.

Il monitoraggio operato nei confronti del gruppo criminale ha così portato a raccogliere indizi sulla presunta responsabilità in alcuni danneggiamenti ed atti intimidatori commessi anche per fortificare la propria supremazia sul territorio, tra cui una bomba carta ad un distributore automatico di snack e bevande di Rocca di Neto.

IL TRAFFICO DELLA DROGA

Altro settore d’interesse della cosca sarebbe stato il traffico illecito di stupefacenti. Gli investigatori sostengono che il gruppo acquistasse da diversi fornitori della provincia crotonese, principalmente cocaina e marijuana che poi avrebbe smerciato a Rocca di Neto. Un mercato che si ritiene fosse controllato dalla famiglia Comito, radicatasi in quel contesto in regime di monopolio.

Riprese effettuate con telecamere nascoste hanno fatto scoprire luoghi, mimetizzati abilmente nell’ambiente locale e identificabili solo attraverso la disposizione di specifici segnali disposti nelle immediate vicinanze, dove gli indagati avrebbero nascosto quantitativi consistenti di stupefacente, ed altri nei quali ne avrebbero depositato minori quantità, per assolvere alle esigenze quotidiane di rifornimento del mercato locale.

In questo contesto, importanti evidenze investigative sono state acquisite sia con importanti sequestri di cocaina e marijuana eseguiti dalla polizia, sia con controlli nei riguardi dei clienti che, senza saperlo, sono stati ripresi dalle telecamere immediatamente dopo l’acquisto, riuscendo così a sequestrare le droghe ritrovate ed a segnalarne gli acquirenti alle autorità.

Ad ulteriore riscontro dell’attività di spaccio, nel corso di un controllo occasionale nel complesso residenziale della famiglia Comito, venne anche recuperato un importante quantitativo di marijuana, circa 1,100 chilogrammi, che erano nella disponibilità di uno dei presunti sodali.

I 18 INDAGATI

Domenico Barbaro, classe ’91, di Rocca di Neto; Rosario Barberio, detto “Sarino”, classe ’69, di Scandale; Fortunato Barone, classe ’69, di Rocca di Neto; Virgilio Antonio Bruno, detto “Egidio”, classe ’70, di Rocca di Neto; Francesco Comito, detto “Capa 58”, classe ’89, di Rocca di Neto; Michele Antonio Comito, detto “Totonno”, classe ’91, di Rocca di Neto.

Michele Antonio Comito, detto “Totonnello”, classe ’63, di Rocca di Neto; Salvatore Comito, detto “U scienziato”, classe ’87, di Rocca di Neto; Umberto Comito, classe ’68, di Rocca di Neto; Luigi Corigliano, detto “Capa ianca”, classe ’95, di Rocca di Neto; Luigi Corigliano, detto “Catammino”, classe ’96, di Rocca di Neto; Martino Corigliano, classe ’66, di Rocca di Neto.

Pietro Corigliano, classe ’68, di Rocca di Neto; Patrizia Cundari, classe ’67, di Rocca di Neto; Pietro Marangolo, detto “Ioscera”, classe ’77, di Rocca di Neto; Pantaleone Marino, classe ’61, di Rocca di Neto; Gabriele Stefanizzi, classe ’93, di Rocca di Neto; Giuseppe Martino Zito, detto “U’ Curnacchia”, classe ’70 di Rocca di Neto.

L’OPERAZIONE

All’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, disposti dalla Procura, hanno partecipato dalle prime ore dell’alba duecento agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione Centrale Anticrimine, appartenenti oltre che al Servizio Centrale Operativo, alle Squadre Mobili di Crotone e Catanzaro, in collaborazione con la Squadra Mobile di Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia, con il Reparto Prevenzione Crimine di Catania, Cosenza, Palermo, Siderno e Vibo Valentia, unità cinofile di Catania, Reggio Calabria e Vibo Valentia nonché con il supporto del V Reparto Volo di Reggio Calabria.