Costarica-New York-Italia, le rotte della droga gestita dalla ‘ndrangheta e che viaggiava nella frutta

Reggio Calabria Cronaca

Un enorme traffico di stupefacenti che dall'America giungeva in Europa; un business milionario che, secondo gli inquirenti, era gestito dalla 'ndrangheta calabrese, in particolare da soggetti considerati appartenenti ai clan mafiosi di New York, negli Stati Uniti, e aveva la sua centrale operativa a San José, capitale del Costarica.

È scattato stamani un blitz condotto dalla polizia italiana (in particolare lo Sco della polizia e gli uomini della Mobile di Reggio Calabria) in collaborazione con quella penisola caraibica (la Fiscalia General contra la delincuencia organizada) che stanno eseguendo 16 arresti e perquisizioni: le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e coinvolgerebbe soggetti legati alla ‘ndrangheta ionico-reggina. Sequestrate (in Costarica, Olanda, Belgio, Spagna e Stati Uniti) oltre tre tonnellate e mezzo di cocaina esportata in Europa su navi cariche di ananas e manioca; in manette sarebbe finito uno dei più importanti broker mondiali del traffico di coca.

I PROVVEDIMENTI, emessi dal Gip di Reggio Calabria, che ha accolto le richieste della Dda, riguardano tra l’altro il titolare di una società di import-export del Costarica che, secondo gli inquirenti, era al centro del traffico di droga gestito da una rete internazionale operante sull’asse tra il paese sudamericano, New York e la Calabria. La droga era trasportata nascondendola su camion colmi di frutta tropicale.

LE INDAGINI che hanno portato al blitz di oggi sono durate quasi due anni durante i quali sono stati sequestrati ingenti quantitativi di cocaina sia in Europa che in America, e sono il prosieguo di un’altra importante operazione, denominata “Columbus”, eseguita appena cinque mesi fa, nel maggio scorso, che scoprì proprio una centrale della 'ndrangheta nel quartiere newyorchese del Queens, dal quale veniva gestito il traffico di droga.

Già in quell’indagine venne appurato dagli inquirenti che la cocaina partita dal Costarica e nascosta nei container di frutta tropicale, passava dallo stoccaggio in porti americani per poi essere spedita in Italia e in Europa. 13 i fermi eseguiti allora dagli inquirenti italiani e altri tre eseguiti dall’Fbi. In manette finì anche Gregorio Gigliotti, titolare italiano di un ristorante negli Usa ritenuto il “broker” della droga a livello mondiale ed in stretto contatto con i narcos sudamericani, fungendo da collegamento tra la cosca calabrese degli Alvaro e gli esponenti della famiglia mafiosa dei Genovese di New York. Gli arrestati di oggi - tutti stranieri - sarebbero legati direttamente proprio a quest’ultimo.

LE ATTIVITÀ avrebbero dunque ricostruito l'organigramma del sodalizio, la sua struttura organizzativa, le condotte transnazionali e le rotte del narcotraffico, consentendo di qualificare i rapporti fra esponenti della 'ndrangheta e trafficanti attivi nel Centro America, in contatto con narcos colombiani, tuttora oggetto di indagini.

Al blitz hanno preso parte agenti costaricensi dell'Oij (l’Organismo de investigacion judicial), squadre miste e congiunte della Polizia di Stato, Fbi, Homeland Security e Interpol.


I PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI

Sono sette i provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dalla transnazionalità delle condotte ed eseguiti in Costarica dalla polizia italiana in collaborazione le autorità locali.

L’Autorità giudiziaria di Reggio Calabria ha emesso, inoltre, tre provvedimenti restrittivi nei confronti di Gregorio Gigliotti e della moglie Eleonora Lucia (tuttora detenuti a New York), nonché del figlio Angelo. Nei loro confronti saranno, pertanto, avviate le conseguenti iniziative, d’intesa con la Procura Distrettuale della città statunitense, a fini estradizionali.

Secondo gli inquirenti con questa tranche dell’operazione si sarebbero dunque svelati ulteriormente, lo scenario dell’inchiesta, disarticolando il potente cartello criminale operante in Costa Rica, con l’arresto dei referenti di vertice, attivi in quel paese, ed impegnati nel traffico internazionale di cocaina verso gli Stati Uniti e l’Europa. Lo stupefacente, come emerso in precedenti fasi dell’inchiesta, sarebbe stato destinato al sodalizio transnazionale di Gigliotti: il ristoratore calabrese del Queens, infatti, avrebbe dimostrato “di poter fare pieno affidamento su una rete di contatti ed una filiera logistica di soggetti in grado di reperire e trasportare ingenti quantità di droga su rotte transnazionali”.

DALLE TRASFERTE DEL BROKER ALL’INDIVIDUAZIONE DELLA “BASE”

L’individuazione della base logistica nella capitale della penisola caraibica è stata possibile attraverso l’analisi delle trasferte e dei movimenti aerei effettuati dallo stesso Gigliotti, dai suoi familiari e dai suoi presunti correi, viaggi che dagli Stati Uniti avevano come destinazione la città di San Josè ed effettuati, a più riprese, tra il 2012 ed il 2014 e con soggiorni di brevissima durata.

Comparando quanto emerso dalle intercettazioni svolte a carico del ristoratore, sono state effettuate osservazioni e pedinamenti transfrontalieri anche nei confronti della moglie Eleonora e di Franco Fazio (ritenuto il fiduciario di Gigliotti in Calabria), “specie – spiegabo gli investigatori - in occasione di trasferte nella capitale costaricense San Josè, registrate tra l’agosto ed il settembre 2014, nell’immediata vigilia della spedizione di cocaina, poi intercettata e sequestrata negli Stati Uniti”.

In queste circostanze di tempi e luoghi, investigatori costaricensi - coadiuvati dall’Fbi statunitense - hanno documentato non solo la consegna di denaro in favore di alcuni degli indagati, ma anche identificato compiutamente alcuni dei principali referenti del cartello.

Si tratta di soggetti che operano nello Stato centro americano, in contatto con esponenti colombiani dei cartelli del narcotraffico e che, avvalendosi di società di import-export nel settore della frutta e di altre derrate alimentari, avrebbero esportato gli ingenti quantitativi di coca verso porti degli Usa ed europei (per l’appunto: Olanda, Spagna e Belgio).

I SOGGETTI RITENUTI AL VERTICE DELL’ORGANIZZAZIONE

Gli inquirenti ritengono che a capo dell’organizzazione vi siano: Arnoldo de Jesús Guzmán Rojas; Juan José de la Trinidad Campos Mora; Ricardo Jorge Garcia Alzugaray (detto il cubano); Montero Picado German Andres; Carlos Zuniga Arias; Julio Velasco, anch’egli cittadino cubano e Hector Aladino Zuniga Arias.

Nel dettaglio, cinque di loro sono destinatari di distinti provvedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria di Reggio Calabria e da quella di San José (Costa Rica), mentre gli altri due risultano colpiti da provvedimento restrittivo nel solo procedimento costaricense.

Sempre secondo la tesi degli investigatori, il quadro complessivo delle indagini avrebbe evidenziato una caratteristica, tra le tante, peculiare del sodalizio di Gigliotti: “la sua pervasiva capacità di operare su diversi versanti criminali, agendo tanto sul fronte statunitense e centro americano, quanto su quello italiano, grazie ai suoi collegamenti con personaggi legati alla criminalità organizzata calabrese”.

IL RADICAMENTO NELLA GESTIONE DEI FLUSSI DI COCA

“Lo schema criminale - spiegano ancora - emerge collaudato e tipicamente ascrivibile alla tradizionale capacità della ‘ndrangheta di proiettare le sue attività oltre i confini nazionali, nel settore del traffico internazionale di stupefacenti e altri settori illeciti”.

L’inchiesta Columbus, infatti, avrebbe documentato il profondo radicamento dei sodalizi mafiosi di matrice ‘ndranghetista nella gestione di flussi di cocaina, proiettati in Nord America ed in Europa, dove possono gestire basi logistiche, sviluppare alleanze con altri cartelli criminali, reimpiegare agevolmente ingenti proventi delle attività illecite.

Tale aspetto si rivelerebbe anche analizzando i sequestri di cocaina effettuati nel corso della stessa inchiesta, ascrivibili al sodalizio costaricense che, con ogni evidenza, opererebbe con il pieno sostegno di soggetti colombiani, presumibilmente legati a potenti cartelli del narco-traffico e tradizionalmente egemoni nel Centro e Sud America.

Le rotte di approvvigionamento della cocaina, dunque, seguirebbero uno schema consolidato, da tempo tracciato da tutti i potenti sodalizi del narcotraffico internazionale, e teso ad alimentare reti di distribuzione ramificate negli Stati Uniti e nei paesi del Nord Europa.

La stessa struttura organizzativa di questi sodalizi si avvale di una rete di referenti e corrieri in grado di avviare e definire le trattative, procede alla consegna del denaro oltre che seguire tutte le fasi organizzative. Una caratteristica che si manifesterebbe inoltre in una spiccata mobilità, in grado di sviluppare condotte convergenti e contemporanee, anche nel territorio di diversi Stati.

LE AZIENDE DI FRUTTA CHE DISTRIBUISCONO LA DROGA

“Le relazioni criminali intrattenute in Costa Rica da Gigliotti - scrivono gli inquirenti - evidenziano i suoi collegamenti con contesti internazionali del narcotraffico. Anche in Costa Rica, infatti, il sodalizio indagato risulta fruire di sostegni logistici, consistenti in numerose aziende agricole e società commerciali, destinate prevalentemente alla produzione e successiva commercializzazione di frutta esotica e tuberi (ananas, banane, manioca, cassava), di cui lo stato centroamericano è uno dei maggiori produttori mondiali.

Emergerebbe, poi, anche la capacità di tessere legami con esponenti di eterogenei contesti criminali in diversi versanti internazionali. “Ad esempio – proseguono gli investigatori – Gigliotti era il referente, a New York, di altri personaggi di origine calabrese, i quali, mantenendo solidi legami con la terra di origine, hanno replicato il modello criminale ‘ndranghetista, inserendosi nei lucrosi traffici internazionali di stupefacenti”.

Inoltre, sempre sulla base delle indagini svolte anche di concerto con organismi olandesi, belgi e spagnoli, si ritiene di aver dimostrato che in Costa Rica opererebbe l’ampio cartello dedito a traffici internazionali verso gli Stati Uniti e rotte europee. A tal riguardo, come detto, risulterebbe che diverse società di import-export costaricensi abbiano spedito, nel corso dell’ultimo anno, diversi carichi di cocaina - sempre nascosti con identiche modalità in scatole contenenti frutta e tuberi - successivamente sequestrati in porti spagnoli (a Valencia), belgi ed olandesi (ad Anversa e Rotterdam).

I REFERENTI CALABRESI

Continuano ancora gli investigatori: “In Calabria i referenti del Gigliotti erano i fratelli Violi di Sinopoli (nel reggino), entrambi arrestati nell’ambito dell’Operazione ‘Columbus’ del maggio scorso, legati (anche da vincoli di parentela) con la potente cosca Alvaro … con proiezioni criminali nel Centro e Nord Italia, posta ai vertici della ‘ndrangheta calabrese”.

Insomma, dalle operazioni “New Bridge” a “Columbus”, fino alla conclusione di oggi, si sarebbero riscontrate, specularmente, modalità operative, asset organizzativi e logistici, proiezioni criminali, anche nel settore degli investimenti illeciti e nel reimpiego di denaro.

Nel contesto generale, emerso nei diversi filoni di inchiesta, la gestione dello stupefacente rappresenta il maggiore interesse economico della ‘ndrangheta ionico-reggina, da tempo impegnata a conquistare fette di mercato sempre più ampie, grazie alla costituzione di solide basi logistiche nei pressi delle grandi aree portuali del Nord Europa. La possibilità di approvvigionarsi di cocaina in Centro e Sud America risulterebbe orientata ad alimentare tanto il versante nord-americano che quello calabrese e si avvarrebbe stabilmente della rete logistica e di trasporto connessa alle attività imprenditoriali controllate nei Paesi Bassi e in Belgio.

(Aggiornata alle 13:40)