Maxi sequestro tra la Capitale e Gioia Tauro: colpiti due uomini ritenuti vicini ai Piromalli

Calabria Cronaca

Un maxi sequestro di beni, ai fini della confisca, è stato eseguito dagli agenti della Questura di Roma, su disposizione del Tribunale della Capitale - Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti di due soggetti ritenuti vicini al clan dei Piromalli, importante cosca di ‘ndrangheta del cosiddetto mandamento tirrenico.

Si tratta di un 61enne, C.A., con precedenti per bancarotta fraudolenta e ritenuto esponente della cosca Mammoliti di Castellace di Oppido Mamertina, e di un 70enne F.G., considerato invece un personaggio legato in passato a figure che gravitavano intorno a Cosa Nostra, Camorra e Banda della Magliana.

L’indagine, chiamata in codice operazione Ragnatela e condotta dalla Divisione Anticrimine, coordinata dal dirigente Angela Altamura, si è concentrata sulla ricostruzione della “carriera criminale” e delle posizioni economico-patrimoniali degli interessati, insieme a quelle dei rispettivi nuclei familiari, dalle quali sarebbero emerso diverse irregolarità che hanno portato all’emissione del provvedimento.

Sotto sequestro sono finiti beni per un valore di tre milioni di euro, tra cui partecipazioni di una società di capitali con sede nella Capitale ed attiva nel settore immobiliare; un complesso immobiliare, sempre a Roma, costituito da locali commerciali di superficie estesa.

Inoltre, sigilli ad un complesso immobiliare destinato ad albergo-ristorante, ubicato a Rocca di Papa; immobili per civile abitazione a Gioia Tauro; una polizza assicurativa del valore di 150 mila euro, oltre a numerosi rapporti creditizi, di cui uno intestato ad un società di capitali del settore dell’energia elettrica, con sede a Roma. Le disponibilità finanziarie sono in corso di accertamento.

Le condotte contestate al 61enne riguardano come dicevamo i reati di bancarotta fraudolenta e l’impiego di capitali illeciti in attività economiche, gestite con modalità ritemute fraudolente, così da massimizzarne i profitti, e quelli seriali di intestazioni fittizie di beni con finalità elusive e agevolative.

La necessità di reinvestire i notevoli flussi finanziari illecitamente acquisiti avrebbe spinto l’uomo a trasferire a Roma e provincia il centro dei suoi interessi, con particolare riferimento al settore alberghiero e della ristorazione.

In relazione al 70enne romano, considerato un usuraio e il collettore dei proventi della criminalità mafiosa per fini di riciclaggio, gli inquirenti evidenziano un suo elevato spessore criminale, accostato, fin dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, a personaggi come i defunti Danilo Sbarra e Luciano Merluzzi - quest’ultimo commercialista del cassiere di “Cosa Nostra”, Pippo Calò e appartenenti alla “Banda della Magliana” e alla “Camorra”.

Lo “spessore” criminale di entrambe gli interessati “e il potere di alterare il mercato economico”, ha portato gli inquirenti a ritenere che i “pezzi di ‘ndrangheta” presenti nella capitale e nei comuni limitrofi siano sempre più “visibili” e capaci di replicare pienamente la propria struttura nel territorio dove si sono stabilizzati.

In questa ottica i sequestri, finalizzati alla confisca di prevenzione, costituiscono una straordinaria azione di contrasto alla criminalità organizzata e un importante strumento attraverso il quale le ricchezze accumulate vengono sottratte al circuito criminale per essere restituite alla collettività in un percorso di legalità.