Corte d’Appello: Graziano resta “a pieno titolo” in Consiglio regionale

Catanzaro Cronaca

Giuseppe Graziano resta, a pieno titolo, in Consiglio Regionale. La Corte d’Appello di Catanzaro ha disposto la sospensione del giudizio in merito alla presunta illegittimità dell'elezione del Consigliere regionale della Calabria e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. I Giudici, visto l’articolo 23 della legge 11 marzo 1953 numero 87, hanno dichiarato rilevante la possibilità di violazione all’articolo 51 della Costituzione che, nelle more, tutela chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive e che ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

È quanto si legge nel Dispositivo emesso stamani, mercoledì 10 Febbraio, dalla Corte d'Appello, Prima sezione Civile che, recependo la tesi del Collegio difensivo di Graziano, composto dagli avvocati Alfredo Gualtieri, Francesco Furriolo e Federico Tedeschini, ha sospeso il giudizio della causa civile apertasi a seguito del ricorso presentato da Gianluca Gallo, risultato primo dei non eletti nella lista Casa delle Libertà in occasione delle ultime consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale.

"La Corte d'Appello – dichiara l’avvocato Alfredo Gualtieri a nome dell’intero pool di difesa – ha accolto la tesi che abbiamo sostenuto sin dal primo grado di giudizio, emettendo una decisione che fa 'giurisprudenza' poiché è la prima volta - dopo tanti anni di vigenza della norma - che una eccezione di tal genere viene proposta in sede giudiziaria. Siamo soddisfatti per la decisione responsabile ed ineccepibile del Collegio Calabrese ed attendiamo fiduciosi anche il verdetto della Corte Costituzionale".

"La Corte di Appello di Catanzaro - si legge nella ordinanza - rileva un evidente vulnus nell'impianto normativo attualmente vigente che non garantisce, a detta dei Giudici, il pieno rispetto dellaparità di accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive, secondo quanto previsto dall'art. 51 della Costituzione.

Il Collegio ritiene, infatti, che il subordinare "l'efficacia del'astensione lavorativa alla discrezionalità dell'amministrazione di appartenenza non garantisca i diritti degli interessati, in quanto il provvedimento di accettazione della domanda di aspettativa per motivi elettorali si sostanzia in una mera presa d'atto senza possibilità di alcuna valutazione di merito".

Potrebbe accadere, in concreto, cioè che l'amministrazione assuma il provvedimento formale oltre i termini di legge con conseguente ineleggibilità del candidato. Allo stesso modo, effetti pregiudizievoli si produrrebbero in caso di inerzia dell'Amministrazione che, per ragioni varie ed in assenza di valide motivazioni non provveda nell'immediatezza con evidente compromissione dei diritti costituzionalmente garantiti.

"Tali evenienze - osservano i Giudici - potrebbero essere scongiurate solo con una presentazione della domanda di astensione con un congruo anticipo rispetto alla presentazione delle liste con conseguente collocamento in quiescenza eccessivamente in anticipo rispetto alla formalizzazione delle candidature, con ciò determinandosi quella disparità di trattamento violativa dell'art. 51 della Costituzione".