Terremoto all’Anas: in manette dirigenti, funzionari e un ex sottosegretario

Calabria Cronaca

Dalle prime ore dell’alba, circa trecento finanzieri del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo 10 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip del Tribunale della Capitale, nei confronti di cinque dirigenti e funzionari dell’Anas della Direzione Generale, tre imprenditori titolari di aziende appaltatrici di primarie opere pubbliche, un avvocato e un politico, quest’ultimo già sottosegretario del Ministero delle Infrastrutture.

In corso anche circa 100 perquisizioni in undici regioni della Penisola. Tra le ipotesi di reato vi sarebbero l'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e il voto di scambio.

Il provvedimento cautelare è stato emesso sulla scorta di elementi acquisiti nel corso delle investigazioni eseguite dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica.


INQUIRENTI: DISARTICOLATA UNA CELLULA CRIMINALE

Gli indagati coinvolti nell’operazione (denominata Dama Nera) sono in totale 31. Per gli inquirenti sarebbe stata disarticolata “una vera e propria cellula criminale”, costituita da dirigenti e funzionari corrotti dell’Anas i quali “abusando dei poteri derivanti dall’incarico ricoperto” sostengono gli investigatori, sarebbero “riusciti ad ottenere utilità e provviste corruttive da imprenditori, titolari di società di rilievo nazionale, in alcuni casi con l’intervento di un ‘colletto bianco” (un avvocato di Catanzaro)” e dell’ex sottosegretario Giuseppe Meduri.

Gli specialisti del Gico (il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) di Roma, utilizzando gli stessi metodi investigativi usati solitamente per il contrasto alla criminalità organizzata, hanno condotto delle complesse attività, attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, integrate dalle classiche, ma sempre efficaci, attività di polizia giudiziaria (appostamenti e pedinamenti). Al termine delle investigazioni ritengono di aver raccolto “determinanti indizi” su più fattispecie di reato, tra cui l’associazione per delinquere, la corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri d’ufficio, l’induzione indebita a dare o promettere utilità e voto di scambio.

Sempre secondo la tesi dei finanzieri, la figura centrale sarebbe Antonella Accroglianò, Dirigente Responsabile del Coordinamento Tecnico Amministrativo di Anas (considerata come il “vero e proprio deus ex machina all’interno del sodalizio”) che avrebbe visto la compartecipazione fattiva di altri dirigenti dell’azienda pubblica, come Oreste De Grossi (Dirigente Responsabile del Servizio Incarichi Tecnici della Condirezione Generale Tecnica), Sergio Serafino Lagrotteria (Dirigente Area Progettazione e Nuove Costruzioni) nonché di funzionari “di rango minore”, come Giovanni Parlato e Antonino Ferrante, tutti oggi destinatari di provvedimento restrittivo.

“IL SISTEMA CRIMINOGENO COLLAUDATO DA ANNI”

Sul punto, gli investigatori considerano “assolutamente evidenti ed inequivocabili gli immorali principi che ispirano la Accroglianò nello svolgimento del suo incarico dirigenziale: tanto che – sostengono - abbia offerto il suo sostegno ad un altro dipendente Anas (intercettazione: “…come si dice… sono una sua ammiratrice io… Una sua sponsor… spero di esserlo anche in futuro…”). I militari, con questa frase credono che la stessa volesse far intendere ai presunti sodali, Giovanni Parlato e Nino Ferrante, i suoi illeciti propositi soprattutto in relazione al recente cambio del top management di Anas (continua l’intercettazione: “…speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad adesso.. e di fare tutti un saltino in avanti per poterci aiutare... perché quello è poi lo scopo.. capito? che chi.. io sono stata abituata in questo modo.. chi cresce, chi fa un salto in avanti, si porta gli altri dietro.. Questa è la scuola …”),

Le conversazioni captate farebbero emergere, secondo la tesi accusatoria, come nel gruppo valesse la regola per la quale “...se viaggi da solo non fai niente... chi ha cercato di viaggiare da solo, poi l'hanno azzoppato … perché, poi, alla fine, non ti riconoscono più ...”: in altre parole, si tratterebbe “di un vero e proprio sistema’ criminogeno, specializzato e consolidato da anni”.

La condotta illecita si concretizzerebbe nello sblocco di contenziosi in essere con l’Anas, nella velocizzazione delle pratiche inerenti i relativi pagamenti, nella disapplicazione di penali ed, ancora, nel favorire l’ottenimento di fondi “illecitamente maggiorati”. In altri termini, le investigazioni accerterebbero come i dipendenti pubblici si siano esclusivamente occupati di “curare e favorire l’interesse particolare di imprenditori con cui, per ragioni d’ufficio, si interfacciavano, a completo discapito dell’interesse generale, riguardante la corretta edificazione di opere pubbliche strategiche per la collettività”.

“LIBRI”, “TOPOLINI” O “MEDICINALI”: COSÌ SI DEFINIVANO LE “BUSTARELLE”

È stato documentato dagli investigatori che i dipendenti dell’Azienda abbiano ottenuto, in cambio dei presunti “favori”, provviste corruttive in danaro o richiesto l’assunzione di persone “a loro vicine”, o ancora l’affidamento di lavori in sub appalto a soggetti agli stessi riferibili. Gli inquirenti puntano l’attenzione anche sul linguaggio criptico che sarebbe stato utilizzato nel descrivere le consegne di denaro, definite alternativamente “libri”, “topolini” o “medicinali/antinfiammatori”.

SECONDO LE INDAGINI, I PRESUNTI AUTORI DEGLI EPISODI DI CORRUZIONE nei confronti dei pubblici ufficiali, sarebbero Concetto Albino Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, noti imprenditori di origini catanesi (oggi destinatari di provvedimento restrittivo), a cui sarebbero riferibile due società di rilievo nazionale, la Tecnis Spa e la Cogip Infrastrutture Spa, entrambe con sede legale a Tremestieri Etneo (nel catanese).

Nei rapporti di corruzione, sostengono ancora i militari, vi sarebbe dunque e anche Luigi Giuseppe Meduri (anch’egli tratto in arresto), ex Presidente della Regione Calabria e Deputato nella XIV legislatura (Margherita Ulivo) e, dal maggio 2006 al maggio 2008, Sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture (durante il Governo Prodi).

Gli investigatori lo definiscono come “oscuro faccendiere che, da un lato, ha sostenuto le illecite richieste degli imprenditori Bosco Lo Giudice e Costanzo, dall’altro, si è interessato per la corresponsione di indebite provviste di denaro da parte di questi ultimi in favore dei dipendenti pubblici investigati ed ha, altresì, richiesto all’Accroglianò l’assunzione o la riconferma dell’impiego presso Anas Spa di due geometri di suo diretto interesse”.

La Accroglianò, sostengono gli inquirenti, sarebbe stata interessata dai due imprenditori siciliani e, per conto degli stessi, da Meduri, non solo per velocizzare dei pagamenti conseguenti all’iscrizione di “riserve” nelle contabilità di cantiere, risolte attraverso il meccanismo del cosiddetto “accordo bonario” ma anche per l’ottenimento dell’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda (in realtà una vera e propria cessione del contratto d’appalto, normativamente non lecita), concernente la realizzazione della Variante di Morbegno, in Lombardia, provincia di Sondrio.

In sintesi, dalle indagini emergerebbe che le aziende facenti capo ai due imprenditori catanesi, in A.T.I., risultassero aggiudicatarie di un appalto dell’Anas, per un importo pari a oltre 145 milioni di euro, per la progettazione e l’esecuzione della Variante di Morbegno, dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano; inoltre, Domenico Costanzo Concetto Bosco avrebbe voluto cedere il ramo d’azienda (in realtà, come detto, l’appalto), relativo alla realizzazione della stessa Variante in favore di un’altra società con sede a Sondrio; la cessione sarebbe stata condizionata all’autorizzazione dell’appaltante Anas, attraverso la cosiddetta “presa d’atto”.

In relazione a queste “pratiche”, i finanzieri avrebbero però documentato alcuni presunti episodi di corruzione, concretizzatisi in sei pagamenti di denaro, avvenuti dal dicembre 2014 all’agosto 2015, per un totale pari ad almeno 150 mila euro.

GI ALTRI “ATTORI” DELLA PRESUNTA CORRUZIONE

Quanto a Giuliano Vidoni - anch’egli destinatario di provvedimento restrittivo - è titolare dell’omonima Spa, con sede legale a Travagnacco (Udine), importante azienda operante nella realizzazione di opere pubbliche e aggiudicataria di appalti con l’Anas (tra il 2006 e il 2014) per un importo totale di oltre 275 milioni di euro.

Gli investigatori ritengono che Accroglianò si sia attivata per adottare “degli atti finalizzati al pagamento ed all’erogazione dei corrispettivi contrattuali in favore della società Vidoni …, in via privilegiata rispetto ad altre imprese realizzatrici”, facendosi promettere, quale corrispettivo - proseguono gli inquirenti - “l’assunzione di un soggetto ‘di suo interesse’ presso una società del gruppo riconducibile all’imprenditore friulano: assunzione, poi, effettivamente avvenuta nel febbraio 2015”.

Ci sono poi i titolari d una azienda di costruzioni con sede a Roma, entrambi destinatari di avviso di garanzia. Giuseppe Ricciardello è invece titolare di un’altra azienda, con sede a Roma, e destinatario anch'egli di avviso di garanzia.

IL CASO DEL SUBAPPALTO AD AZIENDE IN ODORE DI ‘NDRANGHETA

Un ulteriore episodio di corruzione riguarderebbe poi l’esproprio di un terreno da parte di Anas, in relazione al quale è gli inquirenti avrebbero documentato una “mazzetta” da 50 mila euro, che il legale catanzarese Eugenio Battaglia (oggi destinatario di provvedimento restrittivo) avrebbe pagato per conto dei proprietari del cespite, identificati nei fratelli Giuseppe e Saverio Silvagni, anch’essi di origini calabresi ma da tempo con dimora a Roma e raggiunti da un avviso di garanzia.

Sempre nel corso delle indagini, è stato individuato un altro episodio che gli inquirenti definiscono “gravissimo” e “assolutamente esplicativo dello spessore criminale” della dirigente pubblica. La tesi è che quest’ultima avesse “consigliatoai titolari di un’azienda, aggiudicataria di un appalto pubblico in Calabria, di subappaltare alcune opere a ditte facenti capo ad imprenditori noti alle cronache giudiziarie per presunte contiguità con la ‘ndrangheta, i quali avrebbero garantito la necessaria “sicurezza” in un territorio ad alta densità mafiosa.

In particolare, la Accroglianò, nei rapporti con una impresa impegata nella realizzazione di opere pubbliche nel comune di Palizzi (nel reggino), avrebbe richiesto l’assunzione di operai-geometri, esercitando delle pressioni affinché la fornitura del calcestruzzo e il movimento terra venisse affidata a una persona di fiducia della stessa dirigente, che avrebbe così garantito la sicurezza del cantiere da interventi o pressioni di gruppi criminali egemoni nella zona.

Ad aggravare ulteriormente il quadro indiziario a carico della dirigente, poi, vi sarebbe un episodio di presunto “voto di scambio”, concernente la promessa di un’assunzione all’Anas o in società collegate, di un soggetto calabrese, in cambio del sostegno elettorale fornito al fratello, candidato (e non eletto) alle elezioni regionali in Calabria dello scorso Novembre 2014.

I DESTINATARI DEI PROVVEDIMENTI

In ultima analisi, sulla scorta degli elementi raccolti, i finanzieri della Tributaria di Roma hanno eseguito i seguenti provvedimenti di custodia cautelare personale (a firma del GIP Giulia Proto); IN CARCERE: Antonella Accroglianò, cl. 1961; Oreste De Grossi, cl. 1956; Sergio Serafino Lagrotteria, cl. 1967; Giovanni Parlato, cl. 1967; Antonino Ferrante, cl. 1961. AI DOMICILIARI: Eugenio Battaglia, 1962; Concetto Albino Bosco Lo Giudice, cl. 1963; Francesco Domenico Costanzo, cl. 1962; Luigi Giuseppe Meduri, cl. 1942; Giuliano Vidoni, cl. 1945;

L’accusa è di associazione per delinquere [art. 416 c.p.], corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri d’ufficio [artt. 110, 318, 319 e 321 c.p.], induzione indebita a dare o promettere utilità [art. 319 quater comma 1 e 2 c.p.] e voto di scambio [artt. 110 c.p. e 96 comma 1 e 2 DPR n. 361/1957]. Sequestrate per equivalente delle somme considerate “corruttive” nei confronti di tutti i dipendenti pubblici “infedeli”, fino alla concorrenza di 200 mila euro.

OLTRE 90 LE PERQUISIZIONI effettuate in Lazio, Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Piemonte, Veneto e Abruzzo, con il supporto anche dei Nuclei di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza alle sedi di Bari, Arezzo, Catanzaro, Catania, Gorizia, Cosenza, Padova, Messina, Siracusa, Udine, Torino, Vercelli e Venezia.

COMMISSIONE GARANZIA PD SOSPENDE MEDURI

La Commissione nazionale di garanzia del Partito democratico ha sospeso, con provvedimento immediatamente esecutivo, Luigi Meduri dall'albo degli iscritti e degli elettori e dagli organismi di cui fa parte.

(Aggiornata alle 15:34)

19 notizie correlate