Con Eni per cambiare e per non morire di marginalità e irrilevanza: la via verso l’area vasta della Magna Grecia

29 novembre 2021, 08:32 Opinioni&Contributi

Credo siano dovute, e necessarie, senza reticenze, e senza cautele, alcune riflessioni sui rapporti ormai trentennali che intercorrono tra la Città di Crotone e l’Eni. In questi giorni sto rileggendo tutto l’incartamento in mio possesso riferito a questi rapporti conflittuali, e ai relativi contenziosi. E sto trovando queste carte non solo interessanti ma anche illuminanti, poiché in esse si delineano chiaramente, più delle parole in libertà che leggiamo o ascoltiamo, responsabilità e omissioni oltre le evidenti e macroscopiche bugie, falsità e reticenze che hanno caratterizzato e caratterizzano questi rapporti.


di Giovanni Lentini

Da una parte l’Eni che, dopo aver ereditato e preso in carico la complessa vicenda della dismissione industriale crotonese, recita la parte propria di una Spa, per i 2/3 partecipata dai mercati azionari e, significativamente (30%), dallo Stato Italiano attraverso il Ministero del Tesoro e la Cassa depositi e prestiti oltre che per effetto della legge n. 474 del 30 luglio 1994.

Dall’altra parte il Comune di Crotone, con le varie amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni che, a seconda dei protagonisti in campo, hanno sempre oscillato tra posizioni di finta intransigenza e intolleranza e posizioni di comoda acquiescenza e accondiscendenza.

Posizioni del resto mai assunte per risolvere i problemi ma solo per perpetuarli “sine die” ai fine di manipolare il consenso cittadino.

In queste condizioni, e stando così le cose, cosa ci resta da fare? Credo che possa esserci una sola operazione a noi possibile e percorribile.

Renderci protagonisti, come comunità, del nostro destino. E del nostro futuro. E rilanciare l’idea di un tavolo Regionale presieduto dalla sua massima espressione, il Presidente Occhiuto affiancato dal Sindaco della Città di Crotone e dal Presidente della Provincia di Crotone.

Tavolo di confronto aperto alla presenza del Governo nazionale attraverso i ministeri di riferimento, l’Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale , Invitalia, Cassa Depositi e Prestiti, l’Istituto Superiore per la protezione e per la ricerca ambientale, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, l’Istituto Superiore della sanità e i Dipartimenti di Ingegneria e Scienze della terra dell’Unical e con il diritto di tribuna per Confindustria nazionale e le sigle sindacali nazionali.

Una svolta negoziale non rivendicativa ma per presentare un progetto strategico complessivo dell’area industriale. Tanto per intenderci quella che va dall’ex area industriale passando per la centrale del pompaggio del gas, per il depuratore industriale del Consorzio Regionale delle Attività Produttive, per la centrale a biomasse, per l’impianto di termovalorizzazione, oggi di proprietà di A2a, per l’impianto di stoccaggio e messa in riserva per rifiuti speciali pericolosi e non, per l’impianto di calcestruzzi e betonaggio, per l’impianto di demolizione e smaltimento e recupero materiali ferrosi, per l’impianto di trattamento Rsu di Ponticelli, per il quale già il sindaco Vallone aveva chiesto e previsto la delocalizzazione, e finire per la dismessa industria di ceramiche Gres e per il dismesso opificio di pellami.

Un progetto complessivo su un area strategica non solo per Crotone ma per l’intera fascia jonica calabrese sulla quale, un volta liberata definitivamente da opifici e manufatti industriali, si potrebbe realizzare un grande ecosistema legato alla transizione ecologica e all’innovazione e alla ricerca che va dall’Area Marina Protetta e arriva al Parco Fluviale del Neto.

Un grande ecosistema accanto al quale affiancare un progetto integrato dei fiumi e della costa che partendo dal fiume Tacina, in provincia di Crotone, e arrivando fino al fiume Ferro, in provincia di Cosenza, con un efficace strategia di marketing territoriale, potrebbe caratterizzare e identificare la costituenda, e non più rinviabile, area vasta della Magna Grecia.

Solo in questo modo, con una progettualità di questa portata e di questa dimensione, ambiziosa e temeraria, potremmo sollecitare l’impegno e l’interesse di istituzioni e di privati.

Facendo di Crotone un’area di crisi europea e in questo modo intercettando le imponenti risorse del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, le uniche in grado di trasformare territori abbandonati e marginali come quelli della fascia jonica crotonese e cosentina in territori locomotiva della ripresa e della rinascita della Calabria e del Meridione d’Italia.

P.S. Come avrà notato il lettore attento non ho usato la parola resilienza. L’ho fatto deliberatamente. Le nostre comunità, e le nostre popolazioni, sono composte da donne e da uomini che più che con la resilienza si sono forgiati con la resistenza perché

mentre un corpo resiliente è un corpo passivo, che aspetta che la tensione passi, un corpo resistente è un corpo attivo, capace di reagire, di non far finta di niente, assumendosi le sue responsabilità, prendendosi dei rischi, leccarsi le ferite, ma ricercare nuove sfide, coltivare i propri sogni, credere nel futuro, con fantasia e coraggio, opporsi ai tentativi del potere di piegare ai propri fini le volontà dei più accomodanti. Dei resilienti”.