Una notte a Catania nella Chiesa di San Nicola l’Arena ascoltando il respiro eterno della Messa Arcaica di Battiato

13 luglio 2021, 19:30 100inWeb | di Vito Barresi

Fu quel ''Catania Estate '95’’ un cartellone artistico indimenticabile. Tutto giocato sul sontuoso intreccio tra il sacro e la letteratura, la musica di confine e la danza. Un ricordo che riverbera contemporaneo. Chi c’era ha ancora in memoria l’immensa camera del suono e del silenzio che s’innalzò nel cielo stellato di una metropoli del sud, posta in un’insenatura non remota del Mediterraneo europeo.


di Vito Barresi

Atroce Sicilia, feroce Catania degli anni ’90. Un mondo in cui Cosa Nostra ammazzava a sterminio con una violenza che al solo evocarla atterisce e ancora spaventa.

Venne una sera che era il 9 luglio dopo una giornata di calore etneo, quando sulla piazza in cui sorge il convento dei Benedettini, l’omogeneo pubblico disposto a seguire Battiato, primo direttore artistico della Estate catanese, avanzò nella quinta eterogena di un luogo sociale e storico, subalterno, deviante, ai margini, espressione urbana di un crimine analfabeta e di una malavita scaltra, per quel che si vuol dire e narrare, un specie di frutto misto dall'acre odore di pesce sulla brace, con l'olfatto che sa di mafia, impregnato di amarezza e limoni lunari, fichi d’india e sale marino dove, per l’artista della vicina Giarre, era "arrivato il momento di non annoiarsi di fronte a una scelta rischiosa piuttosto che continuare a vedere sempre cose già viste. Bisogna dare esempi di apertura, e chissà, anche il termine 'popolare' forse potrebbe cambiare”.

Cioè come, con che cosa, con quali spartiti, s'interrogava assorto la rockstar, se non quelli della compagnia di Bellini, acquerelli intrisi in tenue filigrana di colori fuoriusciti dalle solenni partiture dei Madrigalisti di Praga, dall’eco incantevole dei canti bizantini dell'Ensemble soeur Marie Keyrouz, dalle icone sonore di Juri Camisasca, dalle parole di Manlio Sgalambro recitate da Pamela Villoresi, riflessi di una Musica oltre confine con Chick Corea, Mihamed Khaznadij, Giuni Russo e Madredeus.

Un insieme a mosaico di momenti paralelli, sovrapposti e sfumati nell’afa di un giorno infuocato di quell’estate siciliana, che formavano una spirale di impressioni sonore dal respiro algido, rigenerante, con cerchi di spiritualità che si innalzavano tra le navate di San Nicola l’Arena, la più imponente tra le Chiese isolane, tempio spalancato per accogliere centinaia di giovani, tante ragazze, gentilissime dame di mezza età e distinti signori anziani, che aspettavano in trance di sintonizzarsi all’ascolto della Messa Arcaica di Franco Battiato, con Giusto Pio, Athestis Chorus e i Virtuosi Italiani.

Messa Arcaica fu per Battiato un’esperienza compositiva "estremamente significativa” in una fase in cui il maestro era alla "ricerca costante della bellezza, dell’armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno di ogni linguaggio prescelto”, concetratissimo nel trovare quel giusto accordo "per comunicare certi sentimenti, certe emozioni, certe opzioni del cuore”, ma al contempo consapevole che per conseguire l'armonia era 'necessario seguire strade ben definite', attingendo a firme illustri tra cui Bach e Mozart, tali da spingerlo nelle stanze classiche di un’opera dalla struttura tradizionale che inizia con Kyrie, per innalzarsi in Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei.