Nella Piana di Sibari tra l’odore del bosco bruciato il monito del Vescovo Savino: piromani, convertitevi

4 agosto 2019, 19:05 100inWeb | di Vito Barresi
Mons. Francesco Savino

“Convertitevi, vi dico, convertitevi! Voi che pensate di ricavare un qualche vantaggio, personale o di qualche lobby che vi assolda: convertitevi a Gesù, Il Signore!”. Inizia così l'appello forte del Vescovo di Cassano all'Jonio Mons. Savino, rivolto ai “soldati”, spesso non del tutto irregolari e spontanei ma inquadrati in vere e proprie truppe d’assalto notturno, che si arruolano nelle file di un vero e proprio nuovo “brigantaggio” incendiario che attacca l’ambiente e i sistemi ecologici locali. Quello stesso che ogni estate in Calabria, appicca con un semplice cerino un fuoco devastatore che distrugge migliaia di ettari di bosco e foresta tra le campagne abbandonate e i grandi Parchi Regionali.


di Vito Barresi

Finirete nel lago di fuoco delle Geenna, praticamente condannati alla distruzione eterna. Questo lo sfondo biblico e testuale che si avverte nelle parole durissime pronunciate dal vescovo sibarita contro l’Anonima Piromani, che si alzano come vento ammonitore dopo l’incendio in agro di Sibari che ha bruciato per interno una vasta macchia mediterranea.

Frasi senza retorica pronunciate con fermezza dal pastore di una delle diocesi più piccole ma preziose d’Italia, geograficamente collocata tra i territori dell’Eparchia di Lungro e il confine regionale con la Basilicata:

“spegnete le micce con cui, nella stagione del gran caldo, ritornate ad appiccare il fuoco per cui vengono distrutte aziende agricole e di allevamento, quelle poche che sussistono nel nostro territorio, minacciando abitazioni e perfino un santuario molto caro alla religiosità del popolo cassanese, il Santuario della Madonna della catena.”

Cassano, con la sua ferace agricoltura, è una nicchia ecologica tra le più belle del sud Italiano, forte di un paesaggio agrario antico e variegato che va dal latifondo romano fino alle odierne risaie in cui si coltiva un riso pregiato e ormai ricercato in tutto il mondo.

Una costa adagiata tra le dune di una baia dove fino a primavera inoltrata svettano visibili a occhio nudo i nevai del vicino e incombente Massiccio del Pollino, quinta di lusso che sta sullo sfondo, qui nella immensa vallata mitologica dove confluiscono tre fiumi: il Crati, il Coscile e il Raganello.

In questo affresco di naturale bellezza tornano minacciosi ad ardere i fuochi di guerriglia di un subdolo, irrazionale e mostruoso Daesh nostrano.

Squadre d’assalto mascherate e senza un volto che colpiscono in silenzio fasce del Creato, attentando alla vita biologica di interi ecosistemi locali, incuranti di atterrire e gettare nel panico intere piccole comunità rurali, infrangendone la tranquillità secolare, di una vita di borgo e paese, in un Mezzogiorno più che mai sguarnito di consuetudinarie difese, privo di un’adeguata rete di sicurezza, di rapidi interventi di protezione ambientale, nonostante l'abnegazione delle forze della protezione civile, rigorosamente ricordate dallo stesso Vescovo:

“Ai vigili del fuoco, alle forze dell’ordine e ai volontari che si sono attivati e che si attivano per difenderci dalle fiamme, spegnere i focolai incendiari e svolgere il proprio compito di tutela del territorio esprimiamo la nostra riconoscenza. Ma anche questo non basta! Alla riconoscenza, perché sia vera, va aggiunta la collaborazione e la vigilanza!”

Non c'è alcuna poetica nel fuoco brutale e incontrollabile che non si sazia, né tanto meno cenno di romanzo storico o narrazione folklorica nel fumo che si alza dalle sterpaglie infernali lasciate in cenere dai criminali in azione che agiscono pensando “di guadagnare ricchezze e poi perdere la propria anima”:

“il profumo e la preziosità del bergamotto, il giallo luminoso dei nostri limoni tanto succosi e tanti altri frutti, che tradizioni antichissime ci hanno consegnato per la gioia del palato ed anche per altri lenimenti della salute, sono la nostra ricchezza: non svendiamola a chi ha come obiettivo unico una selvaggia speculazione edilizia o progetti ancora più nefasti, se esistono!”

Di giorno si vedono i resti della “cesina”, termine tradizionalmente usato nel dialetto calabrese, per indicare il debbio sul bosco. Un’immagine devastante che non è la stessa cosa del lemma impaginato nel Dizionario Dialettale Calabrese dell'indimenticabile prof. Gerard Rohlfs.

A Cassano grazie all’immediato intervento di un Canadair ed un elicottero il peggio è stato sventato. Tra il debbio e il dubbio probabilmente l’incendio ha cause dolose. Per questo nel deserto che odora di paglia bruciata riecheggiano le parole di Mons. Francesco Savino:

“Vigiliamo su noi stessi, sui pensieri che ci abitano, sul valore che diamo alla nostra esistenza! Questo è il monito che il mio cuore di vescovo vi fa! Convertitevi! A me resta, ora, soltanto pregare.”