Andrea Bajani presenta “Il libro delle case” al pubblico del Premio Sila ‘49

Calabria Tempo Libero

Incontro online per la presentazione del romanzo di Andrea Bajani, autore del “Libro delle case”. L’autore ha infatti presentato il suo libro, nella rosa dei dieci libri selezionati per il Premio Sila ’49, collegato da Houston, in Texas.

A dialogare con lui dalla sede della Fondazione Premio Sila, lo storico dello spettacolo e studioso della cultura di massa Ugo G. Caruso. Gemma Cestari, direttrice del Sila, ha invece moderato l’evento, avviando, in particolare, la discussione su “questo libro enigmatico, dove la voce narrante osserva l’Io mentre ha a che fare con le case che abita e che ha abitato e con diversi quadri domestici; un libro che manifesta un grande amore per le parole”.

E sono poi proprio le parole di Caruso - che passa in rassegna gli aspetti più significativi de Il libro delle case, evocando pure film, romanzi e sì il grande Antonio Tabucchi - a fare in modo che Bajani racconti la sua opera, racconti la sua scrittura, la sua prosa quasi fatta di poesia.

“Leggere il suo romanzo dà l’impressione che lei abbia voluto ricercare il filo che lega tutta la sua vita. Dopo tale ricognizione, cosa l’ha sorpresa maggiormente?”, chiede il relatore. È qui che Bajani scopre le carte della letteratura e al pubblico del Premio spiega: “Mi ha sorpreso la scoperta relativa all’accettazione di quello che siamo stati. È stato bello, capitolo dopo capitolo, prendersi cura dei noi del passato; perché noi non siamo soltanto uno, bensì un puzzle di persone e comprendere che, ad esempio, il me di otto anni rimarrà eterno è stato significativo. Il libro delle case, dove le case sono un modo per visualizzare il tempo, è l’opera più complessa che ho scritto, quella per cui ho impiegato più tempo, quella dove ho raccontato tutto e che è nata quando mi è venuta voglia di andare a visitare l’appartamento in cui ho vissuto da piccolo. Credo che volessi che, in quel momento, si accendesse la speranza di potermi incontrare bambino”.

Tuttavia, si tratta anche di “un libro politico, un libro – aggiunge l’autore – sull’urbanistica, un libro che vuole sottolineare che dentro le case ci sono le vite delle persone; non solo delle persone che la abitano, ma anche dell’operaio che l’ha costruita fino ad arrivare all’individuo che ha il potere di gestione, che deve, cioè, decidere il modo in cui le persone devono vivere. Ecco che la gestione pubblica diventa gestione della felicità e dell’infelicità delle persone e che dire io coincide con dire quartiere, città, mondo”.