Storie di “buona sanità”. Esistono anche in Calabria, ma rischiano sotto la scure dei tagli

18 giugno 2012, 17:07 Il Fatto

C’è un posto in Calabria che riesce ad alimentare le speranze anche per chi è precipitato in un tunnel da dove è difficile intravedere perfino dei minimi spiragli di luce. C’è un posto, a Crotone, dove si riaffacciano alla vita persone che, a causa di incidenti o di malattie, hanno visto spegnersi l’interruttore della mente e non hanno più coscienza di se.

Questo posto è l’istituto riabilitativo Sant’Anna, meglio noto come “la clinica dei risvegli”, struttura all’avanguardia capace di far ritrovare, a chi pensava di averla persa per sempre, la magia dei piccoli gesti quotidiani, cancellati da traumi o patologie.In questo centro di alta specializzazione sono ricoverate, infatti, persone in stato di incoscienza, in una condizione che viene definita “stato vegetativo”, che può durare anche per anni.

Chi varca per la prima volta i cancelli dell’istituto Sant’Anna, generalmente arriva in una condizione di coma acuto; poi, il passaggio al coma post-traumatico prolungato e la successiva riabilitazione. La caratteristica che rende la struttura diversa dalle altre è, come spiegano il suo fondatore, Giovanni Pugliese, e il direttore sanitario Scola, la continuità delle cure post acuzie. I pazienti, in questa fase, hanno gli occhi aperti ma fissi nel vuoto, in quell’abisso profondo e buio che è la mancanza di luce causata dalla perdita della cognizione del proprio essere. Spesso sono in uno stato di immobilità quasi assoluto, tanto che perfino un impercettibile movimento delle dita, della bocca o di qualsiasi altra parte di un corpo martoriato, fanno gridare al “miracolo”. Ed anche se questi piccoli - grandi “miracoli” si ripetono con frequenza, tanto da accrescere sempre più la notorietà del centro, c’è poco di religioso in questo istituto, se non nei crocefissi appesi ai muri ed ai quali i pazienti talvolta lanciano sguardi imploranti.

Questo, invece, è un tempio della scienza, dove a coordinare un’equipe di giovani e validi professionisti, è stato chiamato un luminare della neurologia, il professor Giuliano Dolce. Chi varca i cancelli di questo centro d’eccellenza, sia esso un paziente o un suo familiare, ha visto stravolgere la sua vita e vive nella consapevolezza che dovrà convivere per il resto della sua esistenza, con una compagna che si chiama sofferenza. Stati d’animo come lo sconforto, la fiducia, la voglia di credere possibile ciò che sembra andare oltre l’umana comprensione, si alternano soprattutto nei pazienti e nei familiari, che trovano, comunque, sempre la forza di imboccare, ogni giorno, il sentiero lastricato di sofferenza, magari anche con qualche parola di conforto della psicologa o l’incoraggiamento del fisioterapista.

Chi si è confrontato, vis a vis, con il dramma di avere un parente finito in coma o in uno stato vegetativo, piombato sulla soglia del non ritorno, in una vita che tale non appare più, almeno a chi la guarda dall’esterno, trova ben presto in se la forza di reagire. Cerca e trova, dopo i primi momenti di disorientamento, la ragione di spendere la propria esistenza accanto a qualcuno che non può essere lasciato più solo, con cui si parla per ore senza avere la certezza di essere ascoltati, di fissare occhi che non sembrano non guardare più.Sono i familiari dei pazienti, capaci di esternare una tale forza d’animo da lasciare senza fiato; persone che, anche quando si lasciano catturare dalla trappola delle lacrime, ben presto ritrovano lo spirito e la voglia di non versarne più.

Il cammino che si trova di fronte chi è finito, per qualche incidente di percorso della vita, immobile in un letto e senza coscienza, è difficile, impervio; alla fine, però, il premio che si conquista superando tutti gli ostacoli, per quanto grandi essi siano, non ha prezzo ed è quello di poterlo raccontare lui stesso.Anche questa che sembra essere un’isola felice in un settore, come quello della sanità, spesso salito alla ribalta della cronaca per episodi spiacevoli, vede apparire delle nuvole scure all’orizzonte. Con l’esplosione del debito sanitario regionale che ha portato ad un piano di rientro lacrime e sangue e ad una razionalizzazione dei costi in tutti i gangli del settore, siano essi pubblici o privati, il timore, espresso anche dal titolare del centro S. Anna, è quello che la scure dei tagli colpisca anche questa struttura d’eccellenza.