Primo Maggio sulle piazze della guerra. Unione Europea sospesa tra Ucraina e Viet-Nam. La ballata di Claudio Lolli

30 aprile 2022, 18:45 100inWeb | di Vito Barresi

Di un’attualità incredibile ascoltare molte delle sue canzoni. Ci si chiede cosa avrebbe detto adesso Claudio Lolli, in questo Primo Maggio tanto segnato da un tempo di guerra in Ucraina che si annuncia come un nuovo Viet-Nam europeo dopo la Bosnia, la Serbia e il Kosovo, se non cantare ancora, con quel suo tono di voce schivo e delicato, il suo "Primo maggio di festa oggi nel Viet-Nam e forse in tutto il mondo…”?


di Vito Barresi*

Professore di lettere che scriveva libri e ballate e parlava ai suoi ragazzi senza mai dimenticare che la guerra, ogni guerra non è solo un titolo rosso sui nostri giornali ma 'sangue negli occhi della mia gente, e che cosa da niente oggi essere lì e morire senza il sole del Viet-Nam. Che sapore di morte oggi dal Viet-Nam…"

Lo ricordano in tanti, da Carlo Lucarelli a Luca Carboni a Bologna, specie nel liceo dove ebbe a fare scuola ai suoi ragazzi di Casalecchio sul Reno di cui a stralcio, da una pagina dei suoi ‘diari’, si ricorda un giorno, un’impressione, una certa, tipo “è sabato, siamo a fine aprile, tre ore di compito in classe di Italiano. Piove. Non sapete quanto piove a Bologna e per quanti mesi il colore del cielo non ha una minima variazione dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio, quando se ne va altrove per sua fortuna”.

Ora della ballata del suo primo maggio in Piazza Maggiore, contro la guerra nel Viet-Nam, resta qualche carlino di memoria, forse uno sfondo in comune di un sud-est lontano dentro l’Asia che ci somiglia non solo perchè è il nome di una bella attrice ma perchè fornisce il senso e il sentimento di chi sta cancellando una cultura millenaria, manipolando un continente che per via della seta ha raggiunto Pechino partendo da Venezia.

Mai fu come in questa Festa del lavoro così ‘disoccupate le strade dei sogni’, nel mentre la guerra intralcia non uno ma tutti i sentieri della vita, nelle città come nelle campagne, nelle fabbriche come negli uffici, nelle piazze come nei quartieri di periferia, sempre in una terra bruciata dal fuoco dell’odio e della vendetta.

Muoiono a migliaia i soldati di un versante mentre quelli dell’altro restano oltre oceano perchè non vogliono morire. Nel primo maggio del 2022 l’unica fabbrica rimasta in marcia è quella di una guerra arcaica che produce armi micidiali per i conflitti in cui migliaia e migliaia di giovani soldati assieme ad innocenti civili sono cinicamente condannatii a morte.

I media di guerra trasmettono nelle case le immagini dei bombardamenti di una guerra pesante, primordiale come quella di un secolo fa con fosse scavate e palazzi sventrati, trincee e carri armati, archeologia di battaglie che si pensava superate dallo spettro deterrente della bomba atomica, dai droni e dalla guerra cibernetica.

Si è dileguato il monito del passaggio epocale che va dalla Shoah al crollo del Muro di Berlino. Di quei monumentali e tragici esempi rimangono solo false evocazioni, l’ennesima manipolazione revisionista della storia europea.

Anzi i vincitori della guerra mediale d’Ucraina trovano più facile ritornare a descrivere e amplificare la narrazione spaventosa della materialità della distruzione che non soffermarsi e informare sulla sotterranea guerra dell’immaterialità, lo scontro tecnologico informatico, la prima guerra internettiana computerizzata che sta bruciando i capitali e le ricchezze occulte di una casta di banchieri, padroni della borsa e dei titoli, i tecno-capitalisti che hanno concentrato nelle proprie mani il potere finanziario del mondo intero.

Le tv, con i suoi inebetiti giornalisti embedded, vanno alla ricerca affannosa della bomba che uccide, stupra, violenta, devasta, e non guardano alla distruzione di immense risorse monetarie, al rogo di capitali che crepitano ad ogni raid missilistico, evitando di scrutare in primo piano un cielo alla Magritte dove vola qualche colombra di pace, cercando con avidità lo scalpo, il corvo, l’avvoltoio, il serpente e la iena, aspettando sadicamente l’avvento del 'ground zero' di una nuova Hiroshima.

La guerra, specialmente quella sporca che va da Saigon fino a Kiev, passando per Belgrado e Bagdad, Aleppo e Kabul, è l’unica barbarie che dobbiamo continuare a combattere. Solo questo è lo scopo della democrazia, non le armi, non i carri armati, non la Nato a tutti i costi, ma la pace, la distensione e la coesistenza da rinnovare e reinventare in un mondo completamente cambiato rispetto al secolo scorso.

Illudersi che lo sviluppo economico e sociale della terra sia semplicemente e spietatamente soltanto un susseguirsi di catastrofi e conflitti è una tragica miopia.

Non solo perchè lo sterminio non si potrà mai vincere con un altro sterminio ma perché, mai come in questa epoca, la guerra è contro la logica di qualsiasi vera civiltà planetaria, anzi è il grande, unico e vero ostacolo alla pace e al progresso dell’umanità.

*storico sociale e delle identità culturali