Roberto Occhiuto, un Governatore in mezzo all’astensionismo estremo di una società debole più “forte” della politica

9 ottobre 2021, 11:45 100inWeb | di Vito Barresi

Di fronte alla solitudine dello scrutatore, in attesa che con il contagocce arrivi un elettore alle urne, viene da chiedersi come mai il 60 per cento degli elettori calabresi preferisce non votare. I risponditori automatici sono stati pronti a dire che tale distacco è la riprova dell’assenza di una convincente offerta politica. Ma perché non domandarsi altresì se la società calabrese è, per aspetti sociologici ancora non accuratamente studiati e sondati, contro questa politica, contro questo tipo di struttura rappresentativa della democrazia regionale in sede territoriale?


di Vito Barresi

La Calabria se da un lato è una regione incompleta, istituzionalmente immatura dicono alcuni analisti e osservatori, è anche una società saldamente strutturata nei caratteri fondamentali e identitari della sua popolazione.

Calabresi (non cortigiani) “vil razza dannata”, un ceppo meridionale culturalmente riconoscibile e “moralmente” molto connotato, con alle spalle una storia di lunga e lunghissima durata che ne ha fatto prototipo nella denominazione dei “fieri calabresi”.

Sarebbe già per questo plausibile che una regione “democraticamente” incompiuta, istituita e costruita in una società tradizionalisticamente lenta e alquanto “conservatrice”, persino nelle sue manifestazioni più “progressiste”, preferisca lasciare la sfera politica in una condizione di “debolezza” permanente, talché il ceto politico resta costantemente “subalterno” a ben altri centri di potere, sia legittimo (la tanto decantata 'società civile') che illegale (la sempre deprecata 'ndrangheta).

Per questo voglio qui sostenere che la “diserzione di massa” della leva elettorale (QUI) altro non sarebbe che la manifesta conferma di un consolidato schema di ben chiari e determinati rapporti di forza essenziali, in cui la supremazia, il comando più che toccare alla politica e alla rappresentanza, deve restare saldamente in mano a coalizioni informali di ceti sociali emergenti, gilde e strutture familistiche sia del notabilato antico che delle plebi moderne, reti di parentela da tempo allestite sul territorio, che formano e selezionano per cooptazione e inclusione, già prima del voto, la propria rappresentanza in seno al Consiglio Regionale della Calabria.

Questo “modello clericale” viene periodicamente assemblato attraverso il lavorio diuturno di un folto cuscinetto di ceti medi, frutto dell’ibridazione di più frammenti, gruppi, ceti e classi sociali, che rappresenta il vero motore della mediazione istituzionale, la macchina in grado di calmierare i conflitti insorgenti, esercitare il controllo collettivo e individuale, attraverso la presenza e l’azione di un “ceto medio regionale” composto dai professionisti delle vecchie arti liberali, dagli apparati dello Stato burocratico che da vanno dalle forze dell’ordine fino alle varie magistrature, il ceto impiegatizio degli enti locali, regionali e ministeriali.

Proprio perché la politica in questa regione non è ancora riuscita a essere una “infrastruttura” dinamica e innovativa, cioè un momento di autentica rottura con le logiche e i rapporti di potere del passato, cioè uno spazio effettivamente democratico e partecipato in grado di cambiare realmente lo stato di cose presenti, essa è condannata a essere “perpetuamente” una “sovrastruttura”, per la stragrande parte degli elettori anche “inutile” e “improduttiva”, che non ha alcuna capacità di egemonizzare e comandare la società.

Per questo anche il nuovo ceto politico regionale, appena uscito dal voto in Calabria, ha una forza che tende sempre di più a diminuire nei territori e nelle circoscrizioni provinciali e locali ma, simmetricamente, sempre di più ad aumentare a Roma, ai vertici del potere nazionale.

In questo gioco delle parti, tra la società che non vuole obbedire al comando della politica e la politica che non ha piena legittimità di governare e decidere per tutti i calabresi, è prevedibile che si troverà presto a dover farne, contraddittoriamente, i conti anche il nuovo Governatore Roberto Occhiuto.