Adam Smith a Tuturano tra ‘Ricchezza delle Nazioni’ e reinsorgere della schiavitù nel mercato del lavoro agricolo italiano

27 giugno 2021, 15:00 100inWeb | di Vito Barresi

Non si muore soltanto perchè il sole uccide. Si può smettere di guardare il mondo, semplicemente come accadeva nelle società antiche, ordinariamente, accecati dall’afa spietata che ti annichilisce ai bordo di un sentiero di campagna. Una sintesi che un tempo sarebbe divenuta una foto d’epoca, la storia di copertina, di un volto, un fatto una vita, il titolo di un grande romanzo di William Faulkner, ma che oggi è un dettaglio di cronaca, perchè in fondo ormai a che serve frugare nella polvere.


di Vito Barresi

Tuttavia non siamo semplicemente all’ascolto di un canto gospel dell’Alabama segrezionista, neanche di un margine, l'altro lato di un racconto illustrato alla Salgado, perchè la triste fine toccata a Camara Fantamadi, il ventisettente lavoratore della terra, schiantato da un collasso dopo aver ‘travagghiatu’ per tutta la giornata in un latifondo vicino a Tuturano, in provincia di Brindisi, è l’esatta verità di quel che avviene in una parte del mondo che oggi si chiama Puglia, Campania, Calabria, gran parte delle campagne italiane dove si è imposta da oltre trenta anni a questa parte la globalizzazione del mercato del lavoro e delle braccia.

Non solo quella dei trulli, non solo quella del Salento, della pizzica e della taranta ma essenzialmente l’immagine reale di uno stravolgimento dei rapporti di produzione nell’agricoltura italiana e meridionale, dove ormai si sono quasi definitivamente imposti rapporti economico-sociali, strutture di contrattazione salariale informali e spesso illecite, lungo una faglia borderline, dove si intrecciano avanzatissime forme di selezione, controllo e dominio della forza lavoro, con il ritorno in grande stile di modelli tipici dello schiavismo antico e moderno, tutt’altro che relegato nei libri di storia economica.

Come la fibra di un Es profonfo, una memoria collettiva inconscia, per quanto apparentemente accantonata, la robusta radice che collega la schiavitù antica al volto modeno del lavoro in agricoltura, ci viene dolorosamente ricordata da fatti di cronaca estiva che avvengono nel Tavoliere delle Puglie o nelle campagne di Rosarno e di Isola Capo Rizzuto in Calabria.

Rileggere Adam Smith a Tuturano, significa riflettere sull’attualità di un pensatore quanto mai eloquente, in tempi in cui la partita della ricchezza delle nazioni si gioca su uno scacchiere geopolitico universale, dove tornano centrali i due grandi fattori dell’economia capitalista ossia il lavoro e le risorse, sullo sfondo del contrasto tra l’istintualità appropriativa e i principi etici che dettano una ragione all’agire economico, laddove

“l’orgoglio dell’uomo fa si che egli ami dominare. Per cui, ovunque la legge lo permetta e la natura del lavoro lo renda possibile, egli preferisce in generale il servizio degli schiavi a quello degli uomini liberi”

Solo apparentemente questo ritorno della faccia brutale dello sfruttamento potrebbe avere la forma antiquaria di un relitto che ancora galleggia sulla cresta dell’onda di un mare antico. Per l’Italia, come per gran parte delle civiltà del mediterraneo, è il caso di ricordare quanto lunga sia stata la transizione storica che da tale forma estrema di sfruttamento, ha portato l’agricoltura nazionale dalla schiavitù di epoca greco-romana al servaggio di tipo medievale e moderno, fino a quando, praticamente lo scorso secolo, le lotte del movimento contadino, bracciantile e sindacale non hanno dato una spallata a tale condizione disumana che un tempo era tollerata, anzi addirittura ritenuta espressione del diritto naturale.

Ecco perchè, credo che stia anche in questo retaggio, la ragione vera per cui quando muore un lavoratore nero, africano, straniero, nella luce abbagliante dei nostri campi agricoli, tutti avvertiamo un sussulto, un disagio, come una colpa di essere figli e padroni di questa Italia con una storia ancora ampiamente afflitta e ricattata dal rimorso.

*si ringrazia per l’immagine, il maestro fotografo Mario Greco