Gli inchini, la politica e la strumentalizzazione della Pietà Popolare. Chi minaccia l’autonomia della Chiesa in Calabria?

18 giugno 2021, 17:35 100inWeb | di Vito Barresi

Forse forse che, sondando (“sondaggiando”) nell’anima dei fedeli che la domenica andando alla messa o in processione dietro l’icona pellegrina o la statua del santo patrono, si potrebbe intercettare il voto dell’elettore medio cattolico calabrese e lo si potrebbe catturare al volo nelle rete dei 'gratuiti' consensi, come una cangiante farfalla colorata? Potrebbe, perché no, se si osserva con la lente d’ingrandimento il fin troppo ricorrente e risorgente desiderio, una grande tentazione che indurrebbe alle tentazione e al peccato, di lucrare su un “neo collateralismo”, sedicente cristiano, nella facile facile deregulation della propaganda e dei procaccia, senza più le grandi presenze laiche nella vita politica regionale.


di Vito Barresi

Da qui la questione di conoscere quali scopi reali nascondono, certi politici calabresi e italiani, quando indossano la maschera della Madonnina infilzata? Ve la ricordate? Quella descritta anche dal Manzoni, che la cesellava con parole asciutte, come

quest'acqua cheta, questa santerella, questa madonnina infilzata, che si sarebbe creduto far peccato a guardarsene”?

Se è vero che il sacro, anche quello che è rimasto dopo l’eclissi e l’ondata della secolarizzazione della fede, non è mai il prodotto dei contrasti, della dismisura e della sregolatezza ma è un figlio divino e non anarchico, piuttosto conservatore, che genera il bisogno dell’ordine e della disciplina, allora si capisce che i laudatori del bel tempo perduto, fanno capolino nella veste suadente dei buoni fedeli, anelando a una mitica e fatalistica regressione nel feudalesimo della fede, nelle chiesette campestri delle baronie agrarie e latifondistiche di antica memoria, là dove il cristianesimo non è libertà ma, a loro immaginare, esclusivamente subalternità.

Ora a destra ora a sinistra, nel ricordo del nostro amore che stava flessibilmente al centro, strumentalizzare la religiosità popolare in Calabria e nel sud in generale, scrivevano Gramsci, De Martino, Lanternari, Rossi, ecc., poi significa retrocedere sul terreno del pre-politico, dove non ci sono più istanze di ragionevolezza pubblica condivise nella democrazia, bensì soltanto lo stato di effervescenza collettiva, populista ed impulsivo della regressione emotiva, della cognizione sentimentale e simpatetica dell’appartenenza confessionale, ricadendo in quei rituali distorti che finiscono per minacciare e poi devastare anche i momenti più intensi e i luoghi di culto più belli della religiosità popolare calabrese.

Da qui l’allarme, il preavviso alla cautela, rivolto a quella parte attenta della Chiesa Calabrese, agli stessi pastori chiamati al discernimento e alla guida, di avvertire, anche se non c'è ne sarebbe bisogno, ogni sacerdote diocesano, a stare ben attenti rispetto alle lusinghe di inopportune contaminazioni elettoralistiche, tenendo conto debitamente che

esiste un certo cristianesimo fatto di devozioni, proprio di un modo individuale e sentimentale di vivere la fede, che in realtà non corrisponde ad un’autentica ‘pietà popolare’. Alcuni promuovono queste espressioni senza preoccuparsi della promozione sociale e della formazione dei fedeli, e in certi casi lo fanno per ottenere benefici economici o qualche potere sugli altri.”

La logica stringe similmente a quanto accade nella scienza delle “stringhe”: e se esistesse veramente la tentazione, sarà vero, un pochino demonianca e molto molto simoniaca, qui trattandosi di lucrare cariche elettive, di strumentalizzare politicamente le manifestazioni, i riti e il calendario della pietà popolare, le feste patronali e dei comitati di parrocchie, da parte di certi novelli esponenti del ceto politico calabrese?

Domanda tutt’altro che campata in aria quanto, al contrario e purtroppo, fondata nei fatti e negli avvenimenti, nella misura in cui si vuole capire quale sia la reale differenza tra la politica e la ’ndrangheta, allorquando si parla e ci si avvicina pericolosamente al mondo autonomo e ‘parallelo’ della religiosità popolare e della devozione mariana in Calabria.

In questa ambigua dinamica della politica che, a modo suo, vorrebbe ritornare al sacro, un rischio sembra assodato: la minaccia all’autonomia e alla libertà religiosa e del sacro, ogni qualvolta qualche altro soggetto esterno, cerca di penetrare in quel campo per conquistarlo, per imporre la propria egemonia strumentale, si fa più grande, subdola, invasiva.

Dopo gli inchini, a Sibari, Papa Francesco con la scomunica dei criminali di mafia e ’ndrangheta ha ristabilito i confini e i paletti anche in chiave di diritto canonico rispetto a quanti, pur nelle differenze tra politica e crimine, progettano di entrare nel recinto del sacro, cogitando di far leva su contraddizioni e sofferenze pur evidenti, non tanto per pregare, quanto per far voto a discutibili Madonne infilzate, spesso introibo di falsi idoli del momento.