Aldo Moro Uomo Del Sud. Una testimonianza alta di fede e modernità

27 maggio 2021, 11:25 Opinioni&Contributi

C'è un episodio che mi è sempre sembrato emblematico. La sera prima di essere rapito dalla Brigate Rosse, Moro venne trovato, all'una di notte, dal figlio Giovanni, immerso nella lettura di uno dei grandi testi della teologia del Novecento: Il Dio crocefisso del protestante Jürgen Moltmann. Per chi non conosceva Moro il fatto ha qualcosa di sorprendente: come poteva un leader politico impegnato come lui cercare, e trovare, il tempo per questo tipo di interessi e di esigenze? Esso impone allora di riflettere sulla complessità della figura di Moro e di chiedersi se, per molti aspetti, questa resti ancora tutta da esplorare.


di Renato Moro*

Questo leader nazionale (e forse internazionale) è stato innanzitutto un uomo della provincia, e del Sud. Veniva da una famiglia di piccola borghesia meridionale, di maestri, a loro volta figli di maestri, tra i due poli del Salento (paterno) e della Calabria (materna).

Questa formazione meridionale è stata colorata però di tanti elementi di modernità. Il padre era uno dei maggiori esperti di scuola elementare, e in particolare di scuola rurale, a livello nazionale.

La madre era una convinta assertrice dell'emancipazione femminile, scriveva su giornali non solo locali, teneva conferenze. A unire i genitori fu così anche una comune passione umanitaria, i fermenti del riformismo di inizio secolo, da Giovanni Cena alla Società per gli interessi del Mezzogiorno di Umberto Zanotti Bianco.

La meridionalità di Moro, che spesso viene dimenticata nei discorsi su di lui, è invece fondamentale per capire moltissimi aspetti della sua personalità. Moro ha sempre visto la scuola - come già era per i suoi genitori - come straordinaria occasione per riunificare l'Italia e soprattutto per l'emancipazione delle classi più povere.

Moro non fece come tanti meridionali alcuna esperienza resistenziale ed ebbe un impatto difficile con la nuova Italia dei CLN, divenendo uno degli interpreti più attenti e profondi della protesta del Sud.

Moro votò repubblicano ma fu anche molto comprensivo delle ragioni dei monarchici. Soprattutto, uomo che veniva dal Sud, che si era formato nel Sud e che considerava il Sud come una riserva importante e positiva, è sempre stato uno dei politici italiani più attenti all'equilibrio del paese.

Beniamino Andreatta ha testimoniato che Moro si esprimeva sull'Italia con questa metafora: «il paese era come un castello di carte; si poteva cercare di costruire un ulteriore piano, ma bisognava appoggiare le carte con grande delicatezza e trattenere il respiro. Altrimenti crollava tutto».

Animato da una profondissima religiosità personale, Moro è stato anche uno degli uomini di cultura più laica espressi dal cattolicesimo italiano.

Leader del partito cristiano, veniva da una famiglia che, contrariamente a quanto spesso si sente ripetere, non era una famiglia cattolica. Ancora prima dell'approdo, pur fondamentale, alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana, la FUCI di Giovanni Battista Montini, Moro vivrà così la sua fortissima esperienza di credente essenzialmente come sforzo di apertura alla vita e all'umano, rifiutando ogni contrapposizione al "mondo" laico.

Il primo tema che Moro, appena nominato presidente, suggerì alla riflessione della FUCI nel 1939 fu quello dell'«umanesimo cristiano»: lo rovesciò presto, però, in quello di un «cristianesimo umano», un cristianesimo cioè che - come scriveva - «parli un linguaggio umano, dica parole che vengano da uomini, con una fondamentale salda fiducia nella verità dell'umanità».

È questo il Moro che dobbiamo riscoprire come ricchezza per il presente e per il futuro del nostro paese.

*Ordinario di Storia contemporanea Università Roma Tre