Nino Spirlì un presidente ‘patafisico’ tra una giunta allo sbando e un’assessore inquisito dal ‘pool’ Gratteri

19 maggio 2021, 16:10 Politica.24

Ormai lo sanno tutti in Calabria, e pure a Milano in via Bellerio. L’effetto che produce Spirlì ogni volta che appare in tv è sempre quello, diciamo pure senza offesa, un po’ “grossiere”, di un attore di periferia, inopinatamente, scaraventato sul palcoscenico della politica regionale. Non è Malgioglio e nemmeno il suo figlioccio. Piuttosto, artisticamente parlando, sembra un generale senza truppa messo in testa ad una giunta in rotta, come in un ritratto di Enrico Baj, dove sullo sfondo fa capolino la faccia tonda di Franco Talarico, rinviato a giudizio con pesantissime accuse associative dal pool Gratteri della Dda di Catanzaro.


di Agesilao Milano

Sapete che cos’è la patafisica? È lascienza delle soluzioni immaginarie che si fonda sul principio dell’equivalenza universale e della conversione dei contrari, impegnata nello studio delle leggi che regolano le eccezioni”.

Ecco, se non volete usare nomi e paranomi, copiosamente romanzati dal nostro grande conterraneo, non della stessa mia classe risorgimentale, il reverendissimo don Vincenzo Padula di Acri, il prete letterato che di strade e paesi di Calabria ne conosceva uno più degli altri, prendete quello del noto attore e regista di teatro Antonino Spirlì.

Non vi conviene scomodare il pedigree territoriale, lasciate stare e non rivangate le dispute ruspanti e omo-urticanti, tra il poeta sommo e raffinato senatore Emilio Argiroffi e il galletto democristiano, infamato dai 'comunistelli' con contumelie varie, del tipo squallido “don Ciccio Mazzetta” , altrimenti noto Francesco Macrì, ma restate ai fatti che dicono a chiare note quanto grande e alta sia l’inadeguatezza del nostro piccolo Spirlì, la sua evidente impreparazione sui dossier principali che riguardano una regione devastata da Covid-19, dalla malasanità, dall’avidità del denaro, dalla bramosia del potere, dall’insana voglia di primeggiare, dalla 'ndrangheta e dagli incappucciati deviati, facendo fuori ogni avversario che è inteso nemico acceso, altro che contendente leale, democraticamente dialettico.

Ormai larghi strati del centro-destra, in cui si concentrano pezzi delle aristocrazie professionali e del ceto medio-alto della Calabria, sono letteralmente orripilati dal modo in cui, in quest’ultimo anno, viene rappresenta la Regione, laddove ormai parole e atteggiamenti pubblici, a ogni livello della politica, che va da Spirlì a Tansi, da De Magistris a Graziano, producono un effetto simile a quello di un teatro dell’assurdo, che non fa ridere ma purtroppo piangere.

Si sbrighi Spirlì a farsi afferrare da riflessioni più profonde, che non siano quelli dell’auto esaltazione di se stesso, la stessa che sembra procurargli un hub vaccinale con cui vorrebbe salvare la sua scialba performance amministrativa: si metta la mano sulla coscienza e si tolga finalmente la maschera.

Anzi se la rimetta al più presto, tornando a fare ciò che meglio ha fatto, nella sua precedente vita d’artista.