Salvate il Castello Carlo V, il più grande del Mar Jonio. Un monumento chiuso e abbandonato, pessimo esempio per il prestigio culturale italiano

28 marzo 2021, 13:00 100inWeb | di Vito Barresi

Il Ministro della Cultura Dario Franceschini intervenga al più presto. Segua, come già fa egregiamente, la propulsione e il rigore scaturiti dalla scossa data dal Presidente Draghi, lo stesso che ha recentemente ribadito autorevolmente, a tutto il Parlamento, che dopo Covid-19, il Paese dovrà rinascere ripartendo dal Sud e dal suo inestimabile patrimonio culturale, da sempre amato, ammirato e desiderato in ogni parte del mondo.


di Vito Barresi

Il caso del Castello di Carlo V chiuso, un monumento di straordinaria bellezza che si affaccia sull'orizzonte del Mediterraneo, che di suo è la più grande fortezza militare storica del Mare Jonio, chiusa da ormai tre anni, per beghe di potere che coinvolgerebbero alcuni parlamentari in guerra 'personale' e non politica con le Sopra intendenze archeologiche e monumentali regionali e territoriali, è un pessimo esempio per tutta la cultura italiana, la stessa che sarà coinvolta nei progetti di rilancio economico e strutturale del Mezzogiorno con il Recovery Fund e il programma Next Generation Ue.

Sperpero di denaro pubblico e fondi europei, abbandono e incuria, squallide storie di conflitti, antipatie, rancori personali, beghe e gelosie tra pesanti ricatti politici e vere e proprie 'persecuzioni' ai danni di dirigenti, funzionari e sempici impiegati delle Sovrindendenze calabresi. Questo il clima che si respira tra quel che resta dei beni archeologici e monumentali della Calabria, dove grava un'aria torbida e opaca, dove tutti sembrano costantemente sotto minaccia di oscuri scherani della politica di regime.

Il Ministro Franceschini e i media nazionali intervengano presto sull'emblematico scandalo di un Castello chiuso al pubblico, la roccaforte militare aragonese di Carlo V a Crotone, che rischia di cadere materialmente in pezzi e a blocchi interi per frane e dissesti, dopo anni di chiusura e mancata gestione.

Scriveva la dottoressa Simonetta Bonomi che

"la valorizzazione del Castello di Carlo V a Crotone è un obiettivo ambizioso, strategicamente prioritario per la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, consegnataria del monumentale immobile demaniale, fino ad oggi sottoutilizzato. Il suo recupero come polo culturale e museale, un’impresa metodica e complessa che richiede l’impegno solidale degli uffici periferici del MiBAC, del Comune di Crotone e della Regione Calabria, porterà finalmente alla ribalta in tutta la sua evidenza lo straordinario patrimonio archeologico dell’antica Kroton e darà alla città una straordinaria opportunità di crescita."

Sono passati inutilmente 14 anni. Il Castello di Crotone è chiuso. Il Museo archeologico non si è realizzato. Una situazione disastrosa, il riflesso di una città che si è fermata, non ha più alcuna energia amministrativa, politica e sociale, per riprendere il proprio cammino.

Sono evidenti le responsabilità politiche e amministrative. Alcuni hanno usato la Colonna, il Castello e l’archeologia per i propri fini di carriera personale. L’obiettivo non erano la salvaguardia dei beni culturali ma la cadrega parlamentare che riscatta tutta una vita di falliti. Contro l’uso pubblico del patrimonio culturale c’è un piccolo gruppo che dovrebbe essere denunciato e snidato, liberando la città da questa vera e propria consorteria occulta, che pretende, minaccia, inquina ideologicamente, e si arroga il diritto di stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

I nomi, è inutile che si scrivano qui, perché chi legge non farà fatica a riconoscerli molto bene.

Sui beni culturali, archeologici e monumentali, sul patrimonio comunale e sugli usi, si muovono ben precisi interessi economici, patrimoniali, fondiari e immobiliari di avidi e ingordi titolari di rendite e denari, gli stessi di sempre che hanno preso in ostaggio la città, condizionandone lo sviluppo, fino a sfregiarla orrendamente nei suoi beni culturali, nei suoi simboli e ovviamente nella sua profonda identità comunitaria, gli stessi che hanno realizzato la saldatura elettorale tra ceto politico in auge, affaristi, aristocratici e pezzi di sottoproletariato urbano, manovrando sul rancore e sul reddito di cittadinanza.

Su questo scandalo del degrado del Castello di Carlo V, alla Procura della Repubblica di Crotone non si muove una foglia, anzi, si fa finta che nulla sia avvenuto in quest’ultimo decennio e mezzo. E cioè che non siano stati dissipati fondi pubblici e finanziamenti dello stato, che non vi siano atti che attestano e misurano quello che si è fatto e ciò che, purtroppo, in danno collettivo non si è realizzato concretamente sul piano dell'accesso, della fruibilità, dello sviluppo occupazionale e dei servizi alla tutela e alla valorizzazione dei beni artistici, monumentali e culturali nazionali, regionali e comunali.

Non dovrebbero esserci difficoltà, per chi intendesse acciuffare l’assassino di questo giallo crotonese che, qualche giovane potrebbe sceneggiare con il titolo, "Chi ha ucciso il Castello di Carlo V?”, e trovare la giusta documentazione negli uffici comunali degli Assessorati ai Lavori Pubblici o quant’altro inutile assessore che, secondo le fonti di Archivio, condurrebbe al committente Comune di Crotone, pro tempore, al RUP Sabino Vetta (2009-2010), Elisabetta Dominijanni, responsabili del Concorso per il recupero (2007), al gruppo vincitore, capogruppo Marco Dezzi Bardeschi, all’epoca coadiuvato dai signori Alessandro Melani (strutture), Margherita Catanoso, Sabino Giovannoni (diagnostica), Corradino Amatruda, Antonio Baldi (geologia), Massimiliano Mondet; e ai consulenti Mariella Adamo (storia), Chiara Dezzi Bardeschi (archeologia).

Si potrebbero, poi, consultare gli studi di fattibilità del nuovo museo archeologico elaborati da Marco e Chiara Dezzi Bardeschi, in collaborazione con Laura Cisotto, Nicola Lorusso, Giulia Paone e sotto la Direzione scientifica della Direzione Regionale (Francesco Prosperetti), Soprintendenza per i Beni Archeologici (Soprintendente Simonetta Bonomi, Direttore Archeologo Domenico Marino), Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici, Giuseppe Stolfi.

Tutti i nomi di professionisti che non hanno alcuna responsabilità, per quel riguarda l'ingiusta e successiva chiusura del Castello di Carlo V, ma che corrispondono alle firme più prestigiose e qualificate che si possono avere in materia, certo quelle che non sono identicamente importanti, come il nome e le stupidaggini di qualche ex disoccupata e frustrata dell’archeologia che, irresponsabilmente e senza alcuna autorità in proposito, ha fatto chiudere il Castello, tenendo in ‘ostaggio’ sia lo Stato che tutti i crotonesi.

Bisogna far presto, riconsegnare il monumento aperto alla città. Altrimenti sui consiglieri di questo Consiglio Comunale cadrà la vergogna e il discredito di essere degli utili idioti nelle mani di altri manovratori politici, alcuni dei quali siedono in Parlamento, e fanno la 'bella vita' a Roma, visitando tutti i Musei che vogliono.

Con le risorse del Recovery Fund e di Next Generation UE si può avviare in tempi brevissimi il recupero del Castello di Carlo V. Il progetto esiste ed è quello vincitore del concorso internazionale (2008) per il Programma Urban 2 per la rivitalizzazione economica e sociale della città e il recupero dell’area del Castello.