Il virus non è democratico: cresce la povertà, oltre 335mila famiglie nel limbo del bisogno estremo

7 marzo 2021, 08:51 Opinioni&Contributi

La pandemia ha causato povertà. La (facile) previsione trova ora conferma statistica. Secondo l’Istat, nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono diventate oltre 2 milioni. L’incremento, rispetto al 2019, è drammatico: si registrano oltre 335mila nuovi nuclei familiari in condizioni di bisogno estremo, con il numero complessivo degli italiani che hanno difficoltà a mettere insieme pranzo e cena che sale a 5 milioni e mezzo, più del 9% dell’intera popolazione.


di Mons. Vincenzo Bertolone*

Un anno dopo, dunque, abbiamo un doloroso riscontro: l’emergenza sanitaria ha portato con sé un’amplificazione delle disuguaglianze già esistenti, dimostrando quanto fosse falsa la tesi della democraticità del virus.

Che ha sì colpito tutti, ma penalizzando ancor più le fasce già deboli, portandosi peraltro appresso una minaccia reale: dare origine a disuguaglianze del tutto inedite, quali quelle che potrebbero essere generate da un distanziamento che da sociale potrebbe diventare anche economico e culturale, a marcare la differenza tra chi è o potrà essere a breve vaccinato e chi, invece, non potrà contare sulla disponibilità di un vaccino, questione anche geopolitica con Stati come Russia e Cina impegnate in una ramificata azione mondiale di tessitura di nuove relazioni proprio attraverso la distribuzione (gratuita o a prezzi di favore) di vaccini.

È evidente come la situazione attuale sia, per o più, simile ad un limbo. Le vite di molti, per molti aspetti, sono sospese tra un non più ed un non ancora.

Per dire: bambini e giovani in età scolare sono confinati tra le mura domestiche, con un computer come amico. Giovani e adulti costretti a lavori precari versano nell’incertezza più assoluta, rispetto alla conferma dei loro contratti ed a prospettive di impiego stabile.


“La pandemia ha reso visibili

le questioni sociali e culturali

magari preesistenti e ingigantite

dal diffondersi del virus”


Persino sul fronte delle malattie si scontano esitazioni, con i malati di patologie diverse dalla Covid 19 in attesa per esami e interventi che la contrazione delle normali attività ha procrastinato.

Ricercare elementi di positività e speranza in un quadro del genere potrebbe sembrare arduo, ma è possibile. Di buono questa esperienza reca la presa di coscienza di quanto ci sia da fare sul piano dell’alfabetizzazione digitale ed una rinnovata consapevolezza sull’importanza della ricerca scientifica.

Ugualmente significativo è l’interesse per la storia, in cui trovare lo spunto per apprendere dal passato le basi su cui costruire il futuro.

Soprattutto, però, la pandemia e le sue conseguenze hanno reso visibili, ponendole sotto una lente di ingrandimento, le questioni sociali e culturali, magari preesistenti e ingigantite dal diffondersi del virus.

Resta il quesito: sapremo, ognuno per la sua parte, con fede e carità, prendere atto della necessità di adoperarsi per colmare le disuguaglianze, cambiando registro rispetto al prima?

È la sfida che si pone: il vaccino, pure essenziale, da solo non basterà. E tutto sarà stato inutile se non vi sarà uno sforzo collettivo per individuare soluzioni nuove ai problemi di ieri e di oggi.

*Presidente della Cec, Conferenza Episcopale Calabra