Al Porto di Crotone non c’è solo Riace. Tv, Servizi e Terzo Settore tra sbarchi, migranti e indifferenza

7 dicembre 2020, 19:30 100inWeb | di Vito Barresi

Doveva diventare uno degli “hotspot”' per i flussi migratori mediterranei tra i più importanti dell'Unione Europea, tanto aveva previsto la legge Minniti poi cappottata dalla norma Salvini. In una città come Crotone, posta alla frontiera tra una riva e l’altra del mondo, il porto è una specie di bastione affidato alla legione straniera di stranissime e anonime società di servizi alle imprese legate piuttosto a più segrete operazioni, con figure sfuggenti e tipi da spionaggio che per anni hanno avuto l'importante approdo in comodato d'uso per poi scomparire d'improvviso nelle nebbie del nulla.


di Vito Barresi

Qui, ogni notte, tra bonaccia e bufera sul mar Mediterraneo, avvengono sbarchi clandestini e ufficiali di migranti in cerca di nuove speranze, tanto che certe volte sembra davvero strano osservare la dimenticanza che si ostenta verso questi tanti ultimi che raggiungono da altre terre questa piccola comunità, in zona franca, delle Calabrie.

Di quel mega hot spot che di fatto avrebbe trasformato l'identità infrastrutturale del Porto di Crotone, proposto dalla legge Minniti, operativamente strutturato dalle varie amministrazioni centrali fino a giungere a Invitalia che lo mise a bando, insieme a quello di Reggio Calabria e Corigliano Calabro, per un ammontare a base d'asta di oltre 8 milioni e mezzo di euro, oltre Iva, si sono perse le tracce dopo che il successivo Ministro Salvini lo aveva cassato con un tuonante colpo di spugna, lasciando sconcertati e sgomenti persino la Prefettura di Crotone che con solerzia aveva già siglato i para patti sociali necessari per attuare l’investimento.

Sul territorio, nell'area di “Catanzaro Regione Calabria”, chi si addentra a suo rischio e pericolo mediatico nel “ranch di Germaneto” dove bivacca la politica e la partitica dei vari “fazenderos provinciali” proprietari del solito bottino di voti, può constatare al respiro che mancano i programmi, le iniziative che non siano in qualche modo solo quelle delle varie associazioni che aspettano qualche aiuto regionale e parastatale per vivacchiare, mettersi nella lista privilegiata delle Ong e quant'altro, senza che si costruisca veramente un tessuto di accoglienza e integrazione.

Tra questi ultimi arrivati dal mare, anche se non è facile quantificarne l'esatto numero, ci sono tante persone in fuga dalle proprie comunità a causa dei cambiamenti climatici, i cosiddetti “rifugiati ambientali”, definizione non riconosciuta giuridicamente, poiché vige quella formulata nel 1951 dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati che aveva previsto solo la fattispecie dei rifugiatipolitici”, senza alcun riferimento alle catastrofi ambientali che attualmente determinano i precipitosi spostamenti di intere popolazioni locali e regionali, come da tempo va affermando Étienne Piguet, professore all’Università di Neuchâtel, i cui studi sono ormai un punto di riferimento in tema di flussi e politiche migratorie.

Questa riflessione non vuole essere un richiamo al Terzo Settore che opera sul territorio crotonese, alle varie associazioni e coop di servizi sociali, con modalità storiche che dovrebbero periodicamente essere discusse in un confronto aperto, dialettico e pubblico, ma si potrebbero-dovrebbero, purtroppo, elencare molti ritardi, tante supponenze che non fanno quasi neanche più meraviglia.

Ci si scomoda, infatti, su sterili polemiche di “lana caprina”, tra ideologia e “politicanteria”, quando invece non si dice una parola e spesso non si muove neanche un dito se oltre essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, sesso, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per un’opinione politica, molte persone sono già in mezzo a noi perché hanno sofferto una catastrofe ambientale, un danno ecologico gravissimo e persino irreparabile all’habitat naturale in cui sono nati.

L’Internal Displacement Monitoring Centre, ha stimato che nello scorso anno 17,2 milioni di persone sono state colpite da fenomeni distruttivi e di rischi meteorologici che hanno suscitato enormi movimenti di uomini e donne all’interno del loro stesso paese o in quelli confinanti, in cammino precipitoso per salvarsi e sopravvivere.

Il riscaldamento globale e le degradazioni ambientali sono all’origine dell'esodo di decine di milioni di persone nel mondo, anche se sul piano dei diritti connessi, queste stesse persone non rientrano sotto la protezione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

Ovunque c’è volontariato e solidarietà, laddove gli stati e le organizzazioni di volontariato devono intervenire di fronte a questa specifica emergenza, ponendo a se stessi e a tutti la domanda di come si può e si deve rispondere al loro bisogno di protezione.

L'auspicio è che questa consapevolezza trovi il suo giusto spazio anche a Crotone, città che ha saputo rispettare il valore della solidarietà ma che ancora deve sperimentare una più ampia e organica integrazione del fenomeno migratorio, superando il semplice livello della “prima accoglienza”.

Poi andate in tv a parlare di questo “scandalo” che sono i calabresi ma è la vostra “Calebria”, la nostra “Calebria”, la pronunciano proprio così per fare capire che hanno fatto le scuole alte e non sono giornalisti della plebe... cari calabresi accendetevi in seconda serata ma di giorno fate finta di dormire.

Tanto per farsi la barba in barca c'è sempre una buona lametta e un buon barbiere disposto anche a non farsi pagare per i “servizi” resi alla clientela.