Dal martire Fortugno all’arresto di Tallini: il triste destino di un Consiglio Regionale calpestato dai felloni della politica calabrese

19 novembre 2020, 15:00 100inWeb | di Vito Barresi

Tallini non è il primo ma si spera fortemente sarà l’ultimo di una lunga serie di politici regionali coinvolti in turpi reati. A tal punto che il loro numero è fonte di allarme istituzionale e di pericolo democratico visto anche l’alta quota di astensionismo registrato alle ultime elezioni regionali e l’esiguità del voto che determina la maggioranza e la parte prevalente nel governo della Regione.


di Vito Barresi

Per questo bisogna che la parte più sensibile e attenta dell'opinione pubblica regionale, la coscienza etica e morale della società calabrese, si mobiliti e si attivi, insomma si svegli senza più perdere tempo a rispondere con qualche battuta di banale discredito dell’avversario 'maldestramente' caduto in rovina.

Non serve sferzare o polemizzare più di tanto quando la questione è allontanare definitivamente dalle istituzioni questa malapianta, tutti gli uomini che fanno parte di gruppi famelici e spietati della criminalità politica che, si badi bene, è tanto più insidiosa e spregevole della 'ndrangheta pura e semplice, perché usa le chiavi del potere, i sigilli e i timbri della democrazia, dello Stato e della Repubblica Italiana con spavalda arroganza, contaminando tutta la filiera della comunicazione pubblica, politica e istituzionale (dicasi giornalisti, periodici e quotidiani, televisioni pubbliche e private, ecc. ecc.), pianificando delitti e ruberie nel mentre sottomette al servaggio del voto di scambio l'elettorato attivo e passivo.

Per cambiare senso di marcia e recuperare all'efficenza democratica, repubblicana, costituzionale, basta semplicemente eliminare seriamente gli esponenti di spicco di un vero e proprio clan, un 'senato occulto' di avidi rentiers del denaro, composto da grandi vecchi e nuove figure emergenti, tra l'altro anche arcinote, che tagliano trasversalmente pezzi di antichi e nuovi ceti sociali, concentrazioni di denaro sporco e varia umanità della viperria (guapperia) di capoluogo e di paese, adusi a pescare nel torbido e nell'amorale, gente senza scrupoli né valori etici, tra bande di affaristi che spadroneggiano nelle casseforti regionali e non solo dell'ente regione, un 'sedile' che ha occupato la politica regionale piegandola ai propri assetti di potere, personaggi che hanno voluto e realizzato la trasformazione del genoma stesso della vita politica e di partito regionale.

E’ cosa ovvia che Tallini vada ritenuto presunto innocente così come oggi è a tutto tondo di verbale e ordinanza giudiziaria un presunto colpevole, accusato di aver usato, ancora una volta e spregevolmente, la politica, la Regione Calabria e il Consiglio Regionale, evidentemente, per altri e aggregate filiere politico-elettorali (sono stati davvero tanti i suoi voti 'personali' di preferenza) per fini illeciti e meschini.

E fin qui tutto male, non solo per il soggetto inquisito, non solo per il suo partito e l'alleanza di centro destra che lo ha quotato come un big della vita politica regionale, quanto, ed è quel che importa di più, per l’istituzione del Consiglio Regionale che con una ‘leggerezza’ a dir poco sfrontata e inqualificabile, il tale ha rappresentato in questi mesi travagliati che vanno dallo scorso gennaio ad oggi, sempre in prima fila pronto ad esternare il suo sofisticato pensamento, partecipando a tutti i momenti più importanti della vita regionale, dall’elezione vincente della Presidente Jole Santelli fino al suo funerale, proprio in questi mesi terribili di pandemia.

Tallini lo ha fatto, non sappiamo a questo punto quanto inconsapevolmente scevro degli effetti diretti e collaterali, portandosi dentro questo nodo giudiziario, evidentemente senza essere mai sfiorato dal dubbio delle sue dimissioni, quasi un atto dovuto in nome della trasparenza dopo essere stato attinto dalle varie notificazioni della magistratura, della dignità e legalità, magari cosa che lo avrebbe anche 'avvantaggiato' per difendersi meglio dalle accuse che i giudici di Catanzaro gli hanno mosso.

Al contrario, forse sicuro di qualche aleatoria ma 'ferrata' immunità di ruolo e funzione, ha continuato a occupare la posizione di presidente del Consiglio Regionale della Calabria, ben sapendo che in diritto pubblico e costituzionale questa istituzione è persona giuridica non solo offesa, oltraggiata e vilipesa, ai sensi del codice di procedura penale (qui, per inciso, si auspica che la nuova assemblea, ove mai necessario, sarà pronta a costituirsi parte civile nei relativi processi) ma anche soggetto pubblico e democratico vigliaccamente e fraudolentemente strumentalizzato e usato, con spregio della stessa politica e della morale comune, commettendo e consumando, se saranno consolidate le accuse nei suoi confronti, il più alto tradimento etico ai danni della fiducia e della lealtà dei calabresi e dell’Italia.

Parliamo di una istituzione che purtroppo è stata devastata nell'arco di questi cinquantanni di regionalismo in cui abbiamo assistito al lento decadimento di un organo esautorato completamente dalle sue più schiette funzioni e prerogative, soprattutto per demerito di quanti hanno messo in atto un disegno distruttivo del primo impianto statutario, con fini tutt’altro che nobili e chiari, fino a giungere ripetutamente ai tristi sipari di cronaca nera con il coinvolgimento di consiglieri di vario colore nel fenomeno squallido del voto di scambio.

Per questo uno dei problemi principali che dovrà essere affrontato nel corso la prossima campagna elettorale per il rinnovo della Regione Calabria dovrà essere quello della tutela, della dignità e del rilancio dell’Assemblea regionale, quella che dovrebbe altrimente divenire realmente il cuore pulsante e attivo della coesione e dell’unità democratica dei nostri territori.

Sì comprenderà che per farlo c'è bisogno di una totale rigenerazione e rinnovamento del quadro politico regionale, evitando il rientro in aula di figure ormai obsolete.

Perchè in fondo il problema si risolve interrompendo quella strana Legge di Murphy, consuetudine che sia per cui un Presidente della Regione Calabria sarà più forte, determinato e incontrastato solo a condizione che la propria elezione sia accompagnate e produca o riproduca un simmetrico Consiglio Regionale scadente, debole, qualitativamente insisgnificante, dunque con il requisito minimo di essere senza alcuna autorevolezza, praticamente un ceto politico 'serviente', totalmente prono ai comandi del Governatore e del suo entourage dirigenziale e assessorile.