Impianto di Gnl a Crotone e l’illusione di un ideale di progresso industriale

30 ottobre 2020, 13:19 Opinioni&Contributi

Capisco che la scrittura su un quotidiano (di carta o digitale) possa rappresentare sempre un divenire; capisco che la necessità di ribadire una propria posizione anche se portatrice di nessun contributo abbia ragioni miseramente umane e personali legate alla visibilità o al “far qualcosa pur di fare”. Capisco. Lo capisco.


di Natale G. Calabretta

Mi trovo costretto a ribadire la mia posizione tecnica, da ingegnere, che ho avuto modo di esprimere in ogni sede opportuna e meno opportuna sulla opportunità o meno di impiantare un deposito di GNL (Gas Naturale Liquido) nel cuore del territorio del comune di Crotone (QUI).

Mi trovo costretto a scriverne ancora perché vorrei vedere esaurirsi l’argomento una volta per tutte per non assistere all’infinito a ondate di false discussioni che, come rigurgiti, appastano i discorsi della cittadinanza crotonese e che alimentano speranze basate sul nulla o sull’autolesionismo che di questi tempi sembrano andare di moda (si veda il dibattitto sulla variante al Megalotto 6 della Ss 106 e le aspettative del Super Bonus 110%).

Quindi basta, definitivamente basta. Mi arrogo il diritto di dirlo avendo in un recente passato azzittito con un accenno di professionalità (non c’è stato bisogno di impegnarsi oltre) chi parlava di argomenti senza conoscerli, ma allo stesso tempo stufo di vedere la caparbietà dei portatori di interessi concentrati e determinati a distruggere il nostro… il mio… territorio.

Vedete, la questione, dal mio punto di vista, non è tra chi è a favore dell’impianto di GNL a Crotone e chi è contrario: la questione è tra chi deve tacere per sempre sull’argomento perché il futuro di Crotone non è in vendita e chi ha il diritto di poter pensare ad altro e di non dover sentirsi minacciato dagli interessi di chi nonostante tecnicamente e politicamente (aggiungerei) perdente non rinuncia al suo progetto di tradire e svendere Crotone e i crotonesi.

Pertanto, una volta per tutte e costretto a ripetermi, ai crotonesi di ogni schieramento e opinione sull’argomento, sarà utile sapere che esiste ampia letteratura, anche in italiano, sulle problematiche legate a questa tipologia di impianto dedicato allo stoccaggio e alla distribuzione di GNL.


L’analisi di rischio

e la necessità

di un poderoso

approfondimento


Tale sostanza infatti è annoverata tra le merci pericolose di “terza divisione”, ovvero occupa il terzo posto nella classifica delle merci capaci di innescare il così detto “rischio rilevante”.

Il concetto di “rischio rilevante” coinvolge fortemente discipline come l’ingegneria ambientale e della sicurezza a causa dell’impatto tutt’altro che trascurabile quando non addirittura distruttivo sull’ambiente, sui lavoratori e sulle popolazioni.

Gli ambiti ambientali e della sicurezza, per quanto imprescindibili, non bastano tuttavia a descrivere con completezza la portata dell’impatto di una simile installazione industriale: l’analisi di rischio, per questo tipo di impianti, infatti, impone un poderoso approfondimento sulle ricadute e sui rischi sociali derivanti dai pericoli su vasta scala del processo produttivo.

Questo necessario approccio sociale, che conferma come l’ingegneria sia la più umana tra le scienze, si contestualizza nello scenario ambientale dove la matrice sociale si è formata e ha avuto il suo sviluppo demografico, storico e culturale: una società, infatti, è figlia del suo territorio, delle sue acque, del suo clima, del vento e della pioggia.

Un approccio del genere è solo apparentemente “lirico”: in realtà si tratta di implementare, con la raccolta e le elaborazioni di dati, matrici numeriche rigorose che danno corpo alle modellazioni matematiche che costituiscono l’analisi di rischio, propedeutica a qualsiasi considerazione di fattibilità relativa all’impianto appartenete alla stessa categoria di pericolosità dello stoccaggio di GNL.

Già, perché si parla di un impianto potenzialmente pericoloso per l’ambiente e per le comunità vicine quando si parla di un impianto di stoccaggio di GNL a temperature di processo sufficientemente basse da compensare gli effetti sul gas delle alte pressioni di stato; si parla di un impianto nel quale, per definizione, gli eventuali rilasci accidentali di materia e di energia sono, da tutta la letteratura, sempre definiti “incontrollati”.

In una ipotesi di impianto industriale del genere, per quanto di servizio e non propriamente produttivo, gli scenari incidentali riguardano incendi, esplosioni e dispersione di sostanze pericolose dove stimare le conseguenze di tali eventi incidentali significa valutarne i campi di radiazione termica, di pressione e di concentrazione in aria, al suolo e in falda di sostanze tossiche.


Tra rigore scientifico

e scenari incidentali


In particolare quello della dispersione di sostanze tossiche è un fenomeno che si ritrova come effetto comprimario anche nei fenomeni incendiari ed esplosivi dove anche in caso di rilascio di gas non tossico il pericolo deriverebbe dall’innesco della nube di gas che può dar luogo ad altre tipologie di incidente, come l’esplosione non confinata di una nube di vapori e la conseguente combustione.

Alla luce del rigore scientifico della procedura alla base dell’analisi dei rischi, non risulti quindi affatto peregrina l’ipotesi di uno scenario quasi apocalittico di un cielo carico di nubi di gas pronti ad esplodere (“flash fire” in gergo tecnico) che dalla zona industriale dove dovrebbe essere collocato l’impianto di GNL, sospinte con il prevalente vento di Tramontana, avvolgano i quartieri semi periferici di Fondo Gesù e di San Francesco.

Non risulti assurda, modelli matematici di rischio rilevante alla mano, una città perennemente in pericolo.

Esagerato? Non credo proprio. Una simile immagine, infatti, a noi crotonesi non costa sforzo di fantasia: ci è già nota, una apocalisse simile è già stata vissuta dalla popolazione di Crotone dalle famiglie di Fondo Gesù e San Francesco ad esempio.

Certo, meno scenografica, meno roboante ma silenziosa e subdola, più dilatata nel tempo delle generazioni di vittime fino al cancro bambino di chi in fabbrica, a respirare amianto e cromo, non c’è mai stato.

Un modello matematico magari statistico applicato ad una analisi di rischio di incidente rilevante, dice tante cose a ne nasconde altrettante; la conoscenza della propria storia, invece, dovrebbe rendere chiaro a tutti noi crotonesi, o quasi, in che direzione non si vuole andare, per non essere ancora una volta venduti e traditi da noi stessi, per non tornare indietro seguendo un altro falso e pericoloso ideale di progresso industriale, per scegliere con decisione la strategia alternativa sostenibile per il futuro di Crotone, per scegliere di vivere della leggera bellezza e del sostentamento pulito e armonico, senza dover lavorare per sopravvivere non pensando al futuro colposo, come un omicidio, e per questo avendone paura.