Il Crotonese? Un ‘enigma territoriale’ abitato da un antico popolo di ‘mmucca-vrasciole’ nel mirino di grandi interessi regionali

17 ottobre 2020, 13:00 100inWeb | di Vito Barresi

Bisogna davvero cambiare i vecchi e angusti obiettivi del passato? Anche in tutta fretta, altrimenti, come si dice in Calabria, che problema c’è, del resto i crotonesi non sono notoriamente e semplicemente un popolo di “mmucca-vrasciole”?


di Vito Barresi

Come ridisegnare lo sviluppo territoriale del crotonese tenendo presente le nuove problematiche venute in primo piano con il Covid-19 e l’emergenza sanitaria, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale?

Dovrebbe essere più o meno questa la domanda prioritaria che bisognerebbe porsi con immediatezza nelle varie istituzioni locali, provinciali e regionali, insieme ai soggetti economici, sociali, politici, sindacali, associativi che formano il tessuto, molto lacerato per il vero, della coesione e della concertazione pubblica.

In realtà il crotonese appare sempre più non solo una area vasta acefala e priva di una sua capacità di autogoverno politico-territoriale, incapace di esprimersi e imprimersi in una qualche forma di rappresentanza autorevole sia a livello regionale che nazionale, ma un punto marginale, un ambito d’abbandono e di miseria, il fortino ultimo in una terra di nessuno.

Un territorio tanto svilito che la stessa Calabria, nel suo insieme, molto spesso preferisce tenere a debita distanza, persino scansare, mettere fuori dalle grandi direttrici regionali dello sviluppo infrastrutturale (fascia adriatica, trasversali, fascia jonica), lasciandola in preda alle scorrerie di vari gruppi di potere, truppe cammellate e battaglioni di lanzichenecchi pronti a sbarcare e scassinare con facilità e disinvoltura il prezioso forziere elettorale locale, a sua volta irragionevolmente disposto a svendersi al primo tracotante di turno, seguendo il famoso adagio franza o spagna basta che se magna…

Certo di tutto ciò c’è anche colpa, nella irresponsabilità molto “soggettiva” che va imputata non solo alla rappresentanza politica storica e attuale (parlamentari, consiglieri e assessori regionali, persino vice ministri, ecc. ecc.) ma tutto il ceto dirigente locale e territoriale, come è ben chiaro nel caso della “scomparsa” molto dolosa della Provincia e via via della Camera di Commercio e quant’altro di indispensabile a una propulsiva gestione territoriale.

Pensare che si possa restare a tre dischi mille lire non è ingenuo ma evidentemente funzionale a ben altri disegni, che poi sarebbero gli interessi veri che suscitano la bramosia di affaristi, titolari di investimenti, progetti di ricerca, progettazione sismica e da protezione civile, ben determinati ma molto populisticamente camuffati in gruppi di affari e lobbie politiche regionali. Ne elenco solo alcune

  • la difesa geologica della città di Crotone, in base a quel “Piano Versace” voluto oltre che dall’Unical anche dal Cnr di Cosenza;
  • la difesa geologica marina che fa tanto gola a molti uffici di ricerca “cosentini” e che rappresenta un banco di prova tra politica regionale e multinazionali, in tema di faglia geologica del crotonese, di frana che sta portando a mare un pezzo del promontorio Lacinio a partire da Papanice e Cutro;
  • il distretto energetico e minerario provinciale, i siti delle rinnovabili e i programmi di decarbonizzazione, la valutazione del carico energetico territoriale in base ai nuovi parametri di emissione di CO2, il rapporto tra territorio insediativo e nuove localizzazioni industriali a monopolio elettro e petro-metanifero, ecc;
  • l’hub regionale dei rifiuti urbani e i progetti di riciclo energetico, biogas, termovalorizzatore, ecc., anche in base a un progetto “cosentino” per cui sarebbe possibile ottenere dai rifiuti organici, in un unico processo, del metano come fonte di energia rinnovabile e CO2 in forma pura per uso industriale ed alimentare, come dimostrato da un team di ricercatori dell'Istituto per la tecnologia delle membrane del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Itm) di Rende, in collaborazione con un’azienda privata;
  • i bacini fluviali e delle acque, gli acquedotti, le falde imbrifere sotterranee, i tre fiumi (Neto-Tacina-Passante) oggi infrastrutturalmente interconnessi ad esclusivo e monopolistico vantaggio delle multinazionali ex Enel.

Inquadrare un “nuovo scenario di sviluppo è un dovere istituzionale quanto mai urgente e necessario, con riguardo specialmente all’ormai diffusa confusione sul tema dei trasporti, delle strade di collegamento, della ferrovia, della sanità completamente priva di quei requisiti indispensabili per affrontare con un certo margine di sicurezza questa turbolenta e terribile epoca virale.