Le elezioni a Crotone: un poker d’assi tra flop, bluff e il rischio di possibili bari

26 agosto 2020, 17:54 Opinioni&Contributi

A pochi giorni dalla presentazione ufficiale dei candidati a sindaco e rispettive liste, il vero elemento caratterizzante la tornata elettorale è l'ossessiva finzione volta a far credere meriti o caratteristiche personali non vere, per avvantaggiarsi su di un avversario, ciò che in senso figurato è chiamato bluff.


di Mauro Calabretta

Il cosiddetto bluff è un atteggiamento tenuto da un giocatore durante una partita, un gioco o una competizione di qualunque altro tipo che lo veda contrapposto ad uno o più avversari, tendente ad indurre in errore un contendente, impedendogli di capire quale sia la propria situazione di gioco, per esempio facendo credere di essere in una circostanza migliore di quella reale, o viceversa.

Il primo bluff è riconducibile a quando ancora le carte non erano state servite, per dirla correttamente si stava ancora mischiando il mazzo.

Candidati a sindaco forti di consensi nella realtà mai avuti, singole particelle ondivaghe rappresentanti di corazzate mai tradotte, finanche simboli di partito trasformatisi in poche ore da jolly a blank.

Servite le carte salta subito all’occhio che, rispetto alle premesse di inizio estate, mancano all’appello quattro sindaci, dei quali tre incautamente appostatisi ad ogni tavolo disponibile al gioco seppur privi di posta, ed almeno una decina di liste, nel dettaglio della gara, chi ne aveva promesse otto ne ha presentate quattro e chi ne aveva vendute quattro ne ha appena presentata una, non proprio una fallimento ma di sicuro un ridimensionamento.

In ogni caso, pur orfani di Grillo (quinto uomo o quinta essenza), al tavolo si resta in quattro e si gioca: strategia iniziale vietati buio e controbuio resta quella di bussare cercando di rimanere nella mano senza effettuare puntate.

Il buon Correggia del M5S, unico dei quattro ad aver maturato esperienza politica, è stato il più rapido nel completare l'iter a tal punto da non raggiungere neanche quota 32 candidati, e qui non si capisce se tale scelta sia stata presa perché non si necessitasse di maggiore forza in campo o perché non vi è presenza di ulteriori puri da poter schierare.

Il delfino Arcuri, forte del tradizionalismo di quella parte del Pd orfana del simbolo e del know how generosamente riofferto dell’inossidabile struttura dell’indiscusso leader con i baffi, si è finora caratterizzato per il tentativo di evidenziare i meriti frutto della gestione passata, nel tentativo così di rilanciare un progetto per loro dire, mal proposto da chi ne aveva ruolo.

Il rottamatore Voce è mediaticamente la reincarnazione di una volontà ancora tutta da testare, caratterizzatosi fin dalle prime battute per l’utilizzo della stessa leva rivelatasi premiante alla scorsa tornata regionale, l’esercizio spasmodico della forza del popolo sul fulcro dell’inefficiente passato, una sorta di prova di maturità acquisita o definitivo abbandono.

Il normale Manica forte di dieci liste e di un neo deputato, appare come una sorta di eletto predestinato a vivere tra equilibrio ed equilibrismi sottesi a garantire pace tra i suoi e prosperità per tutti. Nuovo alla politica quindi a suo dire libero, è uomo di sintesi se considerato quale sorta di procedimento che mette insieme parti al fine di comporre un intero.

Così, Covid permettendo, i cittadini - divenuti ormai sempre più tifosi da social che ricettori di modelli e futura progettualità - tra meno di un mese, capiranno quali sorti per il proprio avvenire e per la propria città.

Certi che, nel caso di ballottaggio, potremmo ritrovarci ad assistere ai due contendenti repentinamente trasformare l’attuale mano di poker in una partita a Risiko, ove il saper fare alleanze non solo non potrà contare più su possibili inganni, ma tal privilegio potrebbe spettare solo a chi, al termine della prima mano, abbia ancora possibilità di poter offrire qualcosa.