La parabola di Juniò il bambino africano che riabbraccia la mamma a Crotone, città europea simbolo di sbarchi e migranti

Crotone città di confine con luoghi di memoria, tipografia sociale di cartoline indimenticabili da conservare nell’album dei propri ricordi. Sarà così per uno dei luoghi top della geografia delle migrazioni nel sud dell’Unione Europea, in questa estate dopo Covid-19, che si innesta nello scacchiere continentale in forma di splendido approdo di salvezza per il piccolo Juniò, istantanea di luce lampo mediterraneo su cui riscrivere un verso di Elsa Morante da non dimenticare: “Voglio salvarti dalla strage che ti ruba e riportarti nel tuo lettuccio a dormire…”


di Francesca Barresi

Lo scatto, il frammento in video è simile a una veloce zoomata su una pagina strappata da “Il mondo salvato dai ragazzini”, ha lo stesso tono solenne e commovente di una poesia recitata di Elsa Morante, una di quelle scrittrici che per dirla con Giulio Ferroni “vuole rivolgersi ai felici pochi che mantengono la coscienza e il senso della bellezza”.

In fondo, al di là della geopolitica mediterranea, il senso della cronaca che ci parla di Aisha Binate, una giovanissima mamma di solo ventuno anni, nata nella Costa d’Avorio, della figlia Rama che con pronuncia francofona tutti chiamano Princesse, e di un bambino riconosciuto sui documenti per Mohammed Junior, ormai familiarmente Juniò, riporta il centro d’accoglienza per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, al centro vero del mondo e di questa attualità contemporanea, in cui si inquadra la ripresa del flusso migratorio nel dopo Covid-19.

Vicenda che finisce stampata sulle più importanti testate internazionali, quasi una icona di questa epoca complicata, convulsa, frammentata e che non ultima viene ripresa nell’edizione di sabato anche dall’Osservatore Romano dove si racconta la bella storia di un abbraccio che è già lessico familiare di un mondo di sofferenze, speranze, una dura realtà perennemente in bilico tra l’emergenza e il desiderio di un riscatto senza confini né più tempo.

Grazie ai vari reportages che sono stati scritti e diffusi, tra cui spicca quello della collega Enrica Riera, ora abbiamo la testimonianza di una scena, di un sentimento e di un affetto che racconta epopea e avventura dei migranti, in un canto di felicità, una ninna nanna dolcissima che culla il lieto fine ma certo non sospende le contraddizioni, i problemi dell’accoglienza, della reale integrazione in una realtà sociale, relazionale, culturale ancora ampiamente impreparata ad affrontare la sfida dell’unità dialettica tra popoli diversi per usi, costumi, mentalità, visioni del futuro:

“ho lasciato la Costa d’Avorio per la Libia nel 2018. A gennaio 2020 sono arrivata in Italia. Con me, però, c’era solo Princesse, non potevo portare sul gommone tutti e due i gemelli. Di Juniò rimasto in Libia insieme alla mia amica Mariam non ho avuto più notizie: mi sono disperata.

Tempo dopo ho scoperto, grazie a un’altra ivoriana conosciuta in Libia, che la mia amica e mio figlio stavano raggiungendo l’Italia. Mentre lui era sulla Moby Zazà mi mostrava i suoi disegni. Raffiguravano la nostra famiglia, me, Rama e suo padre. Io, invece, gli cantavo una ninna nanna, che al momento non riesco a tradurre in francese, è nella mia lingua madre, una canzoncina che veniva recitata a me, da bambina, per cullarmi.

Grazie a quei disegni, a quella ninna nanna che ha ascoltato, sono sicura che mio figlio sia sempre stato coraggioso: Mariam, del resto, me lo conferma, dice che Juniò, nel corso della traversata, ha dato anche a lei la forza di andare avanti, di farcela.”

Tuttavia sono i piccoli oggetti che hanno cambiato il nostro stile di vita, per primo il comune quanto ormai diffusissimo telefonino personale munito di foto e telecamera chi ci aiuta ad essere immediatamente sul pezzo, a cogliere l’attimo fuggente, a non perdere l’occasione di registrare quanto accade intorno a noi, immortalando il pianto e la felicità, le lacrime e il sorriso della testimonianza di Aisha, un account di vita vissuta tra la paura del naufragio e l’approdo in una città del sud, a Crotone, per sempre legata al ricordo e alla memoria infantile della salvezza, del gioco e del coraggio.