Il sogno nel cassetto dell’altro Pd crotonese: il nostro Sindaco ideale? Carmine Abate

25 giugno 2020, 16:00 Politica.24

Arrivo da Roma per un viaggio nel Sud tra i partiti e la politica dopo il Coronovirus. A Lamezia dove scendo dal treno in perfetto orario, quasi imprevedibile, la stazione ha lo stesso timbro decadente e assolato di un porto sul Tirreno che aspetta i clandestini superstiti a Lampedusa.


di Rocco Candela

All’edicola ferroviaria non ci sono più gli araldici titoli rossi dei nostri giornali e i quotidiani si vendono con il contagocce. Lo stesso che serve per placare la blanda febbre nella Zona Rossa di Calabria, una regione dove tutte le cose, persino i dati statistici si misurano a fantasia, hai visto mai si fosse ancora in un romanzo sulla strage di Verbicaro e il contagio dei cafoni o nelle belle pagine di un libro dello scrittore tanto amato e meritatamente pluripremiato, Carmine Abate.

Già, il buon Carmine Abate, che poi sarebbe il sogno nel cassetto di quanti - pare siano già pronti in tanti a raccogliere le firme e inviarle a Nicola Zingaretti - nel Pd di Crotone stanno all’ombra dell'Albero della Fortuna, aspettando di applaudirlo in una grande festa del ritorno, quando si presenterà candidato Sindaco di Crotone.

Vado a Crotone, accolto con un buon caffè alla napoletana, accomodandomi nel grazioso “dehors” di una bella villetta cittadina in stile “rurale”, tra il centro e la periferia urbana, quel che resta del rapporto storico tra città e campagna.

La battuta che registro al volo è succulenta, ricca di intonazioni etniche, quelle delle antiche dinastie nobiliari del comunismo folk, c’era una volta il compagno Ingrao e poi Abdon Alinovi,

“...vi ricordate quando venne Enrico Berlinguer? Gli abbiamo intitolato una piazza appena accanto a quella di Antonio Gramsci...”.

Ma è l'accorato lamento di una bella signora, professionista misurata, con il foulard che è la mascherina antivirus di una che si vede già sarà l’icona “pasionaria della fede antica in abiti moderni e progressivi, la stessa che mi pulsa ancora nella memoria flash e che lesto trascrivo in un file aperto nel mio “huawei” all'italiana:

“è orribile, davvero orribile vergognarsi dei propri ideali di sinistra in questa città. Come i tanti amici e compagni che sono qui con noi questa sera oggi mi vergogno del mio Pd che cerca di inciuciare con chi nemmeno qualche anno fa stava con don Peppe Scopelliti. E mi sento in un imbarazzo immenso quando vedo i titoli dei giornali ogni mattina”.

“Un continuo, ossessivo litigare tra energumeni e trogloditi impegnati da trenta anni in una faida di partito che ha cambiato simbolo dal Pds ai Ds, dall’arco che collega il glorioso Partito Comunista dell’indimenticabile senatore Peppino Guarascio, padre nobile del comunismo senza centralismo democratico, al Pd di oggi rimasto senza sede né famiglie, alla mercé di qualche ex sindacalista dal discusso percorso politico locale”.

“Io come tutti quelli che siamo qui non vogliamo avere più nulla a che fare con persone chiacchierate che nel mio partito trovano fin troppe facile sponde femminili e spalliere maschili. Sono loro che disonorano non solo il glorioso esempio della sinistra storica crotonese, ma ci fanno sentire male a ogni livello regionale e nazionale.”

Nel giardino “cinguettano” gradevolmente tanti passerotti che raccontano, parlano, ricambiano e ammiccano allestendo, come in un teatro popolare, un decoroso scorcio di vecchia piccola borghesia del Sud, che non se ne vedono facilmente in simili altri sobborghi comunali.

Uno di quelle storiche discussioni tra compagni di partito dove per un intero pomeriggio d’estate mi intrattengo con un nutrito gruppetto di fedelissimi ormai fuori dal giro della politica attiva.

Qualcuno venuto apposta giù dalla silana crotonese e dai centri arbëreshë, quanta grazia e che suggestione in quell’albero di fico di Carmine Abate, lo scrittore “nostro che ha vinto il prestigioso premio Campiello e che di lui si parla in qualità di possibile candidato a sindaco di Crotone:

“sappiamo da molto tempo che tutta questa catastrofe morale che ha geneticamente modificato il dna del nostra identità politica è colpa di qualche bugiardo e giocoliere che tiene in pugno non solo le carte ma anche il tavolo delle decisioni. Ma quanto accaduto con il buon ‘compagno’ Ugo Pugliese, costretto a gettare la spugna per non essere soffocato dalle ambiguità e dai compromessi clientelari, dovrebbe insegnarci che al Comune non possiamo andare più con certi gradassi. Noi siamo come diceva il compagno Berlinguer per la diversità e per la questione morale…”

Alla ricerca di una nuova leva di classe dirigente anche in Calabria, similmente che a Roma, si va aprendo a fatica un’aspra discussione sulla “scalabilità” del Pd, dove è partita la gara per scalzare Nicola Zingaretti, il segretario del Pd che non solo in Italia, ma anche in Europa, molti acuti analisti politici stanno vieppiù omaggiando per quella sua “nonchalance”, quell’espressione un po’ così, quella faccia un po’ così, che con la pennellata anti machiavellica ma guicciardiniana sta dipingendo la forza tranquilla della resilienza quale stemma della sua leadership.

Elogio della sua “aurea mediocritas” che potrebbe, infine, trasformarsi nel suo punto di forza per smantellare in periferia le incrostazioni lasciate sul campo dal dopo Covid nel mentre nel Pd ormai, da qualche settimana, si parla non dell’altro Pd che dal governo ha salvato il Paese dal dilagare del contagio virale, ma del solito Pd che non aspettava altro che finisse presto la quarantena. Soltanto ed esclusivamente per tornare al più presto a fare ancora il vecchio Pd.