Le panchine di piazza Duomo, i moti di piazza Pitagora e la distrazione di massa da piazza della Resistenza

9 giugno 2020, 08:42 Sr l'impertinente

“La panchina è un luogo di sosta, un’utopia realizzata. È il margine sopraelevato della realtà, vacanza a portata di mano. E anche il posto ideale per osservare quello che accade” (Beppe Sebaste, Panchine).


di Sr* l’Impertinente

Un antico proverbio orientale dice che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito. E ciò accade spesso, anche troppo spesso, nel periferico lembo di Calabria che è Crotone.

In questa terra martoriata, infatti, i problemi di certo non mancano, ed alcuni di essi sono davvero grossi, ma per farvi fronte sembra non registrarsi alcuna reazione dei cittadini.

L’indignazione costa fatica e, perciò, il crotonese medio la dosa con parsimonia e la rispolvera di tanto in tanto, anche se non per i problemi a cui si accennava, quanto per eventi del tutto marginali.

Giusto qualche esempio, anche per dare l’idea che ciò che sta sostenendo lo Stronzio che scrive non sia poi così tanto campata in aria oltre che per mostrare come vanno effettivamente le cose in questa realtà atipica.

A Crotone, nonostante lo scempio edilizio perpetrato che è sotto gli occhi di tutti e gli interessi legati alle varie speculazioni avvenute nel tempo, non c’è stata nessuna “rivolta” popolare.

Sollevazioni, da contro, si sono registrate negli anni e per esempio per l’installazione della “statua” di Pitagora (a fette) nelle adiacenze dell’omonima piazza, oppure per quella di Milone morso sulla natica da un leone.


“I vecchi sulle panchine dei giardini

/ succhiano fili d'aria e un vento di ricordi

/ il segno del cappello sulle teste da pulcini

/ i vecchi mezzi ciechi, i vecchi mezzi sordi”.

(Claudio Baglioni, I vecchi, 1981)


Più recentemente, analoga sommossa per la sistemazione delle panchine levate da piazza Duomo per volere della Diocesi per poi esser piazzate dal Comune in piazza Pitagora.

Sopita l’emergenza Coronavirus, con la provincia diventata da tempo Covid free, in molti sembrano aver perso interesse per la virologia ed è capitata a fagiolo l’occasione per coltivare altri interessi.

Così, tutto l’interesse del popolo del web pare si sia riversato sull’urbanistica e la storia dell’arte, disquisendo anche qui da veri esperti, sulla bellezza del manufatto e financo sul come siano state installate.

Da giorni e giorni, così, non si parla d’altro che delle panchine della discordia, con commenti d’ogni genere, con un tono che va dal divertito al satirico, dall’indignato all’allarmato.

Decine e decine di post, di commercianti e imprenditori, politici e studenti, casalinghe ed insegnanti; tutti e però con un’unica convinzione: in quelle panchine sembra racchiuso il destino di Crotone.

Tra l’altro, diversi sono anche coloro indicati come i colpevoli di questa ennesima “calamità”, a cominciare dall’immancabile commissario straordinario, ai tecnici del Comune, finanche la stessa Diocesi che ne ha chiesto lo spostamento.


“Si può star seduti in eterno

su una panchina del parco,

fino a diventare di legno

e bisognosi di comunicazione”.

(Günter Grass, Il tamburo di latta)


Ma tutto ciò accade anche in altri ambiti della società, anche in quello giornalistico, dove spesso una categoria si indigna e si solleva, ad intermittenza (per taluni malpensanti a convenienza), ma non sempre per cose veramente importanti.

Ad esempio lo ha fatto quando si è sentita in qualche modo minacciata, paventando perfino l’invasione di campo; c’è chi ha avuto anche l’ardire di realizzare iniziative su Facebook credendo che la Costituzione dia libero accesso alla libertà d’espressione.

Resta invece ed incredibilmente inerme quando una giovane (ed assai interessante) leva giornalistica riceva nella cassetta della posta un messaggio che lasci poco spazio a dubbi interpretativi: “Attento(QUI).

Una categoria, insomma, pronta a scendere in battaglia, anche assai agguerrita e penna in resta, in sole alcune circostanze, per eventi di molto più marginali se non, e a detta di qualcuno, “di bottega”, mentre diviene meno attenta quando è veramente a rischio la libertà di espressione, se non quando qualcuno cerchi di intimorire un giovane che si affacci a questa professione con uno spirito e una speranza che andrebbero alimentati e non recisi.

La cosa che stupisce è anche il silenzio della politica e delle istituzioni che, invece, sono solitamente pronti a rilasciare comunicati stampa per congratularsi tanto con Tizio quanto con Caio o, magari, per assumersi meriti non propri.


“Sedersi su una panchina

in compagnia ma non al caffè,

è un tabù di vergine”.

(Cesare Pavese, Il mestiere di vivere)


Tornando al dito ed alla luna, a Crotone recentemente va di moda il tiro al commissario straordinario che attualmente è alla guida dell’ente e vittima di critiche e bordate ad ogni piè sospinto.

Certo - e come scritto anche dalla nostra testata - Tiziana Costantino non è che sia esente da colpe ma non per questo dovrebbe venirle addebitato qualsiasi male, perfino il troppo caldo del periodo.

La verità è che si tende purtroppo a dimenticare le ragioni per cui nella città che fu di Pitagora sia arrivato un commissario prefettizio prima e straordinario dopo, e cioè le azioni della precedente amministrazione.

Tanto è vero che se come da tradizione chi guidi un ente faccia sempre rimpiangere quello di prima, così pare è successo con Peppino Vallone per Pasquale Senatore e con Ugo Pugliese per Vallone.

Ma non con Costantino per il mirabile duo Pugliese-Sculco: nonostante ciò, però, chi è stato artefice dei precedenti due anni e mezzo di disamministrazione, è pronto, come se nulla fosse accaduto, a tornare in campo e a riprendere la partita, nonostante la fine ingloriosa.

È di queste ore, poi, anche l’ipotesi che ai nastri di partenza per le prossime comunali ci sia proprio il buon Peppino Vallone, e altri che si sono già cimentati siano pronti a cercare di ritrovare la via del palazzo di piazza della Resistenza.


“Una panchina vuota nel parco

può racchiude mille segreti”.

(Anonimo)


Crotone è una città spenta che pare aver consumato tutte le sue ultime energie di reazione negli ormai lontani fuochi dell’Enichem del 1993; energie bruciate insieme a quella fosforite che accese le notti di protesta e di una speranza poi rivelatesi fin troppo vana.

È vero: ogni tanto il crotonese sembra avere un sussulto d’orgoglio, peccato però che le reazioni di sdegno, come detto, le riservi quasi sempre a cause insignificanti (come i biglietti delle giostre?) o perse in partenza e non per fatti concreti.

Così si finisce per indignarsi non per i rischi ambientali che minano il futuro e le vite o per i casi di tumori che stanno falcidiando la popolazione o, ancora, per la sanità pubblica ridotta al lumicino; no tutto questo, no! Ma per delle panchine sì, in fondo sono pure brutte!

Se vuole deviare dal sentiero che la porterà inevitabilmente verso il baratro (un cammino da tempo intrapreso) questa città deve sapere ritrovare il suo spirito combattivo, incanalandolo però nella difesa dei propri diritti spesso calpestati.

Invece di aprire gli occhi sulle seggiole che presto dovranno essere occupate in Comune e scegliere, finalmente, persone giuste che sappiano governare, non si preferisca occupare il tempo con l’affaire panchine.

Ma d’altro canto, come dar torto a chi lo fa. Si sa che in periodo di elezioni ciò di cui si discute non sono mica i programmi ma soprattutto le poltrone, e poco importa se siano di pelle o cemento.

*Simbolo dello Stronzio