Vittime del Covid: la tragedia nella tragedia? Essere ostaggio della sanità calabrese

15 maggio 2020, 07:24 Opinioni&Contributi

Quando due mesi fa scrissi una lettera al giornale (QUI), lo feci con un motivo ben preciso: era quello di informare tutti quelli che conoscevano mio padre della sua repentina scomparsa, di compensare l’assenza di un funerale con un qualcosa che potesse rendere la sua dipartita un po’ meno silenziosa. Mai avrei pensato di dover tornare a scrivere, questa volta per denunciare una situazione semplicemente indecente.


di Natale Schettini*

Sì, perché mio padre e mia madre sono stati ricoverati assieme quel 18 di Marzo, in uno stato di debolezza, dopo quasi 10 giorni di malattia, febbre alta, disturbi gastrici … ma siccome non presentavano sintomi quali tosse e difficoltà respiratorie apparenti, e siccome c’erano già diversi casi Covid in circolo, non se ne parlava di ricoverarli o di sottoporli a tampone … nonostante uno degli amici di mio padre fosse stato trovato positivo pochi giorni prima e versasse in condizioni già molto gravi.

In una delle “ntelefonate al numero preposto per il Covid ci vengono persino suggerite strade “alternative” per sottoporre i nostri genitori a tampone. Facciamo finta di non aver capito.

Ed è così che grazie a rassicurazioni grossolane e consigli inetti da parte di guardia medica e medico di base, i miei genitori continuano a peggiorare a casa. Nessuna visita a domicilio, nessun tampone.

Solo dopo più di una settimana di insistenze telefoniche, dopo quasi 8 giorni di febbre alta, si presentano alcuni operatori. Dopo il tampone aspettiamo l’esito, 1, 2, 3 giorni, senza notizie. Alla fine, preoccupati da una situazione che continua a peggiorare, decidiamo di chiamare nuovamente il 118 minacciando di denunciare la cosa alla polizia. Finisce così che nel pomeriggio del 18 marzo i miei genitori vengono prelevati dall’ambulanza.

Al loro arrivo in ospedale sono parcheggiati per ore in ambulanza nei pressi dell’ospedale, semplicemente perché non c’è posto, prima doveva essere sanificata la tenda nella quale avrebbero dovuto sostare. Il personale sanitario, dopo i primi approcci, si permette anche di giudicare sommariamente la situazione chiedendo ai miei genitori il motivo del loro arrivo, dal momento che secondo loro presentano una semplice febbre e che avrebbero fatto meglio a starsene a casa.

Dopo questa pausa in ambulanza entrano nella tenda e lì vengono fatte le lastre ed alcuni esami. Da queste lastre emerge per mio padre una situazione già piuttosto seria, tanto è vero che viene portato in reparto, mentre mia madre rimane parcheggiata in tenda.

Nella tarda serata/notte mio padre viene sottoposto a terapia intensiva, nel tentativo disperato quanto vano di ripristinare la situazione. Sempre quella sera, attorno alle 22, arriva una telefonata da Catanzaro, finalmente è il verdetto del centro analisi che avvisa che entrambi i tamponi sono risultati positivi al Covid19.

Dopo una lotta che dura tutta la notte e il mattino successivo, mio padre si arrende (QUI). Non ha nemmeno avuto la possibilità di avere la speranza di provare l’effetto che avrebbe avuto uno dei tanti farmaci sperimentali che per molte altre persone hanno rappresentato la salvezza.


“Sono servite

una decina di

telefonate all’ospedale,

alla Polizia

e all’ospedale

di Catanzaro

per fare emergere

l’equivoco nella

trasmissione della

lettera di positività”


Teniamo a precisare che nostro padre, un uomo di 64 anni, godeva di buona salute diversamente da quanto evidenziato nei giornali subito dopo l’evento. Evidentemente era più comodo dare una certa versione dei fatti.

L’indomani, appena informati della terribile notizia da parte della dottoressa, ancora increduli e straziati dal dolore, chiediamo informazioni su nostra madre, per capire in che stato è: la risposta è che mia madre, a distanza di quasi 24 ore dal suo arrivo in ospedale, non è ancora in reparto Covid, perché – dicono – non è ancora arrivato l’esito del suo tampone.

Essendo noi certi della sua positività insistiamo perché siamo molto preoccupati del fatto che la sua febbre continua a salire e lei è ancora lì nella zona “grigia” senza alcuna terapia.

Sono servite una decina di telefonate all’ospedale, alla Polizia di Crotone e all’ospedale di Catanzaro per fare emergere l’equivoco nella trasmissione della lettera di positività … alla fine una dottoressa un po’ scocciata ci dice “ok ora vado a sistemare questa cosa”.

Mia madre passa un periodo molto critico, nei giorni successivi anche le sue condizioni peggiorano, le vengono somministrate tutte le terapie previste dai vari protocolli, nei primi giorni sembrano non sortire particolari effetti, il livello di ossigenazione diventa quasi critico, si valuta ad un certo punto il passaggio dall’ossigeno con mascherina al cosiddetto “casco”.

Per fortuna però dopo altri giorni in questo stato inizia a dare segnali di miglioramento e via via la situazione rientra nei ranghi. Con il migliorare delle sue condizioni cliniche lei prende coscienza della tragedia che si è abbattuta sulla nostra famiglia ed entra in uno stato psicofisico molto difficile. Non vuole mangiare, non dorme, per giorni.

Il suo stato migliora lentamente solo dopo diverse settimane di terapia, telefonate di incitamento e cure da parte di alcuni medici ed infermieri (angeli che non ci stancheremo mai di ringraziare).

Sarebbe una storia triste ma tutto sommato meno tragica se potessimo dire che siamo riusciti a ricongiungerci con nostra madre e a riabbracciarla e invece … invece mia madre dopo 10 giorni di malattia a casa e 58 giorni di ospedale è ancora ricoverata nel reparto covid.


“Per uno

dei tamponi

non riceviamo

mai l’esito,

dicono che

è stato smarrito,

poi ci dicono anche

che probabilmente

non è nemmeno

mai partito

per Catanzaro”.


Il motivo? tra un tampone e il successivo passano normalmente 5 giorni. Per avere gli esiti di un tampone ne passano normalmente altrettanti. Per uno dei tamponi fatti non riceviamo mai l’esito, dicono che è stato smarrito a Catanzaro, poi ci dicono anche che probabilmente non è nemmeno mai partito per Catanzaro.

Dopo 45 giorni di ospedale arriva il primo tampone negativo, si procede al tampone successivo, arrivano notizie “informali” di una negatività che l’avrebbe finalmente restituita alla famiglia ma nella sera della stessa giornata la notizia viene smentita, il cartaceo ci dà un verdetto contrario.

Arriviamo così a 55 giorni di ospedale, e siamo a lunedì 11 Maggio, i tamponi vengono fatti subito al mattino e inviati a Catanzaro. Ad oggi, Venerdì 15 Maggio, nessun esito.

Proviamo a chiamare i medici, il primario, sentiamo chiunque possa in qualche modo aiutarci a sbloccare la situazione ma il problema pare sia legato alle ultime vicissitudini ingenerate dalla decisione della governatrice Santelli che ha pensato bene di imporre tamponi a tappeto per tutte le persone che varcano i confini Calabri.

Decisione virtuosa in un contesto caratterizzato da una situazione sanitaria decente, ma in Calabria … dove l’unico centro funzionante di analisi è quello di Catanzaro, dove le risorse scarse non hanno reso nemmeno possibile imporre l’uso delle mascherine perché la Regione non poteva permettersi il relativo esborso … questa decisione rischia di essere la più enorme delle scelleratezze.

A Crotone, a questa mattina, sono ancora ricoverati 5 pazienti, Dio vuole che siano solo 5, 4 di loro hanno già avuto precedenti tamponi negativi, sono tutti in attesa degli esiti di questo tampone ma evidentemente le priorità della Regione vanno in tutt’altra direzione.

È una situazione assurda, ai limiti dell’immaginazione, sono due mesi di strazio, una sofferenza che non ha fine e, data questa improvvisa deprioritizzazione, siamo seriamente preoccupati perché non vediamo luce all’orizzonte.

È inaccettabile che onesti cittadini non possano godere di un sistema sanitario decente. Non è concepibile l’idea di poter morire per un contesto di serie B e la cosa che fa più rabbia è che questo non deriva dal personale sanitario, dai medici che, con pregi e difetti, ce la mettono tutta ogni giorno.

È la semplice conseguenza della totale disorganizzazione, dall’assenza di strumenti e risorse sufficienti, di scelte mirate più a guadagnare consensi in televisione che a risolvere i problemi reali.

Chiediamo, a chi può, di intercedere per farci uscire da questo tremendo incubo. Nessuno potrà darci indietro nostro padre … la mamma però deve uscire da lì. Prima possibile.

*Figlio di Francesco Schettini, vittima del Covid