Il Trionfo del CoronaVinus. Vino antivirus degli italiani in quarantena tra brindisi e boom di Doc e bollicine

30 marzo 2020, 15:50 Il Fatto

Covid non ferma vino. Anzi. Nonostante l’emergenza sanitaria dovuta al Covid -19 le vendite schizzano a mille nel mentre ovunque tra depositi della grande distribuzione, piccole cantine d’autore, e-commerce, l’attività delle case vinicole e dei consorzi di tutela tra le necessarie precauzioni e le giusta apprensione di soddisfare il mercato, non si ferma.


di Vito Barresi

Brindisi faccio alla fine dell’epidemia. Per annegare i dispiaceri, smontare l’ansia, riprendere il colorito rosso di un po’ d’allegria, quale allegria, se non quella che offre lo Sciucaren, lo schiocco di frusta che va fortissimo ai Conad, un Romagna rosso DOC Sangiovese o persino la leziosa soddisfazione di scoprire lo sfizioso gusto popolare e snobistico del vino in tetrapak (antinomico contenitore del felliniano bevete più latte, il latte fa bene…) del Tavernello che resta il più scelto dalla famiglie italiane, brand d’eccellenza della più grande filiera vitivinicola nazionale.

Gli aumenti delle vendite sono strabilianti. Alle casse dei supermercati la folla anonima e solitaria dei moderati alcolisti italiani si svela attenta alla selezione del “beverage” nazionale, selezionando i vini a chilometri zero, i vignaioli di prossimità, stemmi di una certa importanza che vanno dal Chianti al Nero d’Avola, nel mentre nei mercatini rionali, veri circuiti dell’economia domestica, vanno e vengono bottiglie senza etichetta, vinificati fai da te, produzioni locali privi dei famigerati solfiti.

E se a seguire alla lettera Matteo con il suo proverbiale e profetico “Neppure si mette del vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vino nuovo in otri nuovi, e l'uno e gli altri si conservano”, potrà far fronte alla massiccia richiesta dei consumatori, nel frattempo tutte le aziende del “made in italy” si sono rapidamente attrezzate anche applicando le disposizioni di smart working e di orario flessibile.

Addirittura pianificando turnazioni lavorative altrimenti imprevedibili nel passato, assicurando tutti che svuotando le cantine già si pensa a come continuare a lavorare ai progetti di promozione e valorizzazione che erano stati avviati prima dell’emergenza sanitaria e per questo soffocatamente oscurati sulla vetrina cancellata e sulle serrande abbassate degli stand dell’edizione annullata del vigilati 2020.

Secondo il presidente del Consorzio di Tutela del Brachetto d’Acqui DOP rilanciare la fiducia nel comparto significa credere in prospettive se non rosee almeno incoraggianti, guardando all’appuntamento di Pasqua, alle due settimane che antifona la ricorrenza cristiana, tanto che tra la fine di marzo e la metà di aprile in vari punti vendita della grande distribuzione organizzata sarà organizzata una campagna di quello che è conosciuto come “proximity marketing”.

Ma una rondine potrebbe non fare primavera. Guardando alla filiera vitivinicola e il comparto enologico nella prospettiva del dopo epidemia i problemi non mancano e sono tanti. Nei vigneti si intravedono difficoltà relative alla manodopera, alla difficile ripresa dei lavori nei campi, le incertezze della sicurezza sanitaria, i dazi e il mercato internazionale.

Tutto in un bicchiere sì, ma nel quadro di un’agricoltura che potrebbe addirittura assurgere a volano del ricostruzione italiana.

A patto che cambi davvero il paradigma e le persone scampate al virus abbiano davvero l’erba voglio bucolica di riconnettersi al mondo agricolo, e a quel che resta dopo due secoli di urbanizzazione selvaggia di quel mondo vitale.