Il malinconico anno dei lupi in Calabria tra barbare morti e un filo di speranza

24 marzo 2020, 08:20 Opinioni&Contributi
Il lupo Arvo

Il 2020 era iniziato sotto i migliori auspici per il lupo in Calabria, il ritrovamento fortuito di un esemplare giovane di lupo appenninico ferito sulla Ss 107 in Sila, la sera del primo gennaio e il suo successivo rilascio nei boschi dell’Altopiano, dopo una settimana di cure, sembrava essere un buon presagio. Mentre il lupo, ribattezzato “Arvo”, dotato di collare GPS tornava nuovamente in libertà grazie alla collaborazione tra istituzioni, associazioni ed esperti, dai fatti di cronaca abbiamo purtroppo registrato segnali negativi per la specie in diverse aree della Regione.


di Antonio Nicoletti*

Mentre eravamo impegnati nel rilascio del lupo Arvo con i tecnici dei Parchi nazionali della Sila, della Majella e gli esperti di Greenwood che collaborano con Legambiente al progetto Wolfnet Sila, le pagine social ed i media diffondevano le orribili immagini di un esemplare di lupo appeso al cartello d’ingresso al comune di Marcellinara, in provincia di Catanzaro (QUI), e mostrato come un trofeo.

Un atto orribile che strideva clamorosamente con la contemporaneità della notizia del lavoro corale messo in atto per salvare Arvo, perché salvare un lupo o qualsiasi altro esemplare di fauna selvatica costa fatica e risorse. Ma è un dovere farlo perché ogni anno nel nostro Paese vengono rinvenuti uccisi tra i 200 e i 300 esemplari di questa specie (il 10-20% della popolazione totale) per diverse cause (bracconaggio, avvelenamento, incidenti, etc…) tra cui anche gesti clamorosi e violenti come quello di Marcellinara dello scorso 10 gennaio.

Ma il rinvenimento di lupi morti in Calabria continua anche agli inizi di marzo, prima a Torre di Ruggero, sulle Serre catanzaresi, dove viene rinvenuto appeso a un segnale stradale un altro esemplare di lupo, a sottolineare che i vigliacchi sono ancora tanti e operativi, e poi nuovamente in Sila, dove un esemplare maschio di lupo appenninico è stato rinvenuto morto lungo la SS.107, nel territorio di San Giovanni in Fiore dalla Polizia Provinciale di Cosenza (QUI) che, oltre a constatarne il decesso, ha notato che il lupo era finito in un cappio.

Saranno le analisi sulla carcassa a stabilire le cause del decesso di questo esemplare, ma anche degli altri rinvenuti durante queste prime settimane del 2020 in Calabria che, purtroppo, riguardano anche il “nostro” Arvo ritrovato morto nel Parco nazionale del Pollino.

Ancora non conosciamo le cause della morte del lupo Arvo, ma possiamo raccontare gli ultimi giorni della sua vita perché abbiamo avuto la possibilità, attraverso un sistema di tracciamento satellitare, di seguire i suoi spostamenti.

Il viaggio di Arvo è durato circa 60 giorni, durante i quali ha percorso un suo itinerario lungo l’appennino meridionale che abbiamo tracciato su carta sulla base delle informazioni che ci restituiva il radiocollare che gli è stato montato al momento del suo rilascio.

Tecnicamente Arvo era un dispersal, un esemplare giovane di lupo che si allontana dal suo branco di origine, e che si muove anche su lunghe distanze, alla ricerca della sua area esclusiva dove magari trovare un partner di sesso opposto per creare un nuovo branco.

Durante il suo intenso girovagare, giornalmente monitorato dai ricercatori di Greenwood che portano avanti il progetto Wolfnet Sila per conto Legambiente e il Parco nazionale della Sila, Arvo ha fornito una mole di informazioni preziosissime, in particolare proprio sulla grande capacità di dispersione tipica di questa specie.

Difatti, sin dai primi giorni del rilascio, dopo un breve ricongiungimento con il branco suo origine, si è avviato in uno straordinario viaggio di centinaia di chilometri lungo la Calabria, la Basilicata e la Campania.

Arvo ha ripercorso itinerari conosciuti e non. Innanzitutto ha confermato la idoneità ambientale dei Parchi nazionali meridionali (Sila, Pollino, Appennino Lucano e Cilento), dimostrando che queste aree protette rappresentano la rete ecologica per la sopravvivenza della specie.

Ha segnalato gli ostacoli e le barriere fisiche che ha dovuto superare, anche rischiose, ed ha dovuto cimentarsi con la frammentazione del suo habitat fornendo informazioni utili per intervenire sulle infrastrutture stradali per garantire la sicurezza della specie nell’Appennino meridionale attraverso la metodologia della road ecology.

Attraverso l’itinerario seguito da Arvo, che appena possibile renderemo pubblico, abbiamo registrato come si comporta un lupo nella fase di dispersione che è anche la fase in cui si registrano, purtroppo, alti livelli di mortalità tra i giovani lupi privi della sicurezza del branco ed esposti a svariati pericoli.

Un monitoraggio durato solo due mesi che speravamo durasse di più, ma ricco di informazioni che Arvo ci ha fornito e che saranno utili alla conservazione della sua specie. E questa, tra le tante brutte notizie che abbiamo dovuto registrare, è una buona notizia per il lupo in Calabria.

*Responsabile nazionale Aree protette e biodiversità di Legambiente