Ammazza la vecchia col Flit? No, fa peggio il Corona Virus che stermina a tappeto la nazione più anziana del mondo

14 marzo 2020, 11:00 100inWeb | di Vito Barresi

“Ehi capo, glielo dobbiamo spaccare questo locale? No, sergente non ci sarà nessun bisogno di spaccarlo il locale, il coniglio verrà da me di sua volontà… non c’è cartone che resista alla voglia di finire Ammazza la vecchia… grida il Giudice Morton che aspetta l’uscita furiosa del povero Roger Rabit che infine urla devastante … col Fliiiit…”


di Vito Barresi*

Parole e dialogo che nell’epoca cupa dello sterminio della quarta età anziana, nel periodo in cui crolla il paradigma di Peter Laslett sulla nuova mappa della vita, sembrano essere l’annuncio predittivo di una realtà inattesa e inaudita, interna al dato che va emergendo con un’impressionante e minacciosa rilevanza statistica.

Quello stesso che inchioda mortalmente i due fattori come una croce che sigilla numeri infernali, la fragilità sociale degli anziani con l’impatto delle malattie virali nel contesto della globalizzazione economica capitalistica del mercato sia asiatico che europeo.

Quella del CoronaVirus molto probabilmente domani sarà letta, analizzata e interpretata come una crisi storica che ha colpito una ben specifica fascia demografica e generazionale, gli anziani, la terza e la quarta età.

Ve ne sono i sintomi comunicativi, i segnali culturali, le pesature sanitarie, oggettivamente ponderate dai numeri spaventosi che l’influenza di provenienza asiatica sta scolpendo nella statistica italiana ed europea.

Silvio Brusaferro ha fatto un punto sulla mortalità affermando che “i dati sulla mortalità si vanno approfondendo con le cartelle cliniche dei deceduti: i pazienti morti con il coronavirus hanno una media di oltre 80 anni, 80,3; le donne sono solo il 25,8%. Età media dei deceduti è molto più alta degli altri positivi. Il picco di mortalità c'è tra 80-89 anni. La letalità, ossia il numero di morti tra gli ammalati, è più elevata tra gli over 80”.

La polarizzazione socio sanitaria del Corona Virus in Italia, nella nazione più anziana del mondo, va assumendo sempre più un significato specifico nonostante l’enorme sottovalutazione politico-gestionale che c’è stata del problema e dei suoi prossimi e successivi risvolti psico-sociologici.

L’epidemia colpisce la parte generazionalmente più fragile e a rischio della popolazione e anche in questo caso la piramide delle classi d’età appare capovolta. Un tempo il vaccino di massa serviva a tutelare lo scaglione demografico dei “baby boomer”. Oggi gli anziani 4.0 sono divenuti la trincea di una nuova guerra i cui esiti sono “strategicamente” tutt’altro che indifferenti rispetto alla configurazione sociale delle società future.

Si potrebbe riprendere a mo’ di funebre e mesto jingle musicale la sequenza sonora di Ammazza la vecchia col Flit, ritrasmettere all’infinito in loop le immagini spietate, suggestive ma per il resto quanto mai evocative, stagliate e profetiche di “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, dove personaggi tutt’altro che immaginari, incarnano sullo schermo cinematografico la profezia dell’oggi, lo sterminio degli anziani, la soluzione finale della terza e quarta età generazionale, la desertificazione sociale ed eugenetica delle economie più avanzate e forti per colpa di un’influenza, la forza liquida di un virus killer codificato con la sigla Covid 19.

Ma il ricorso simbolico all’arte cinematografica potrebbe non bastare di fronte alla impressionante desertificazione della memoria sociale che sta per prendere il sopravvento in Europa più che in Cina.

Occorre, dunque, ripensare profondamente lo scenario sociologico, politico, il quadro storico, che ci apprestiamo ad affrontare appena dopo il superamento della fase più aspra e acuta dell’epidemia in corso.

Innovare la struttura generazionale della vita sociale, politica e istituzionale dell’Unione Europea è una sfida non un gioco virtuale perché significa cambiare tempi e modi della produzione sia economica che sociale.

Quando e dove muoiono gli anziani bisognava chiederlo al francese Philippe Ariès. Un grande storico divenuto famoso al grande pubblico non solo con il suo classico Padri e Figli nell’Europa medievale e moderna ma anche con Storia della morte in Occidente.

Quel che, comunque, si può dare per certo che forse l’eminente studioso non avrebbe potuto davvero credere che in un arco quasi millenario, che va dal Medioevo ai giorni nostri, con il poderoso progresso della scienza medica e della sicurezza sanitaria, si verificasse una pandemia catastrofica con numero di decessi quasi simile a quelli dell’antichità.

*Sociologo, autore del libro “Anziani Senza Sviluppo” (Edizioni Lavoro, Roma)