Un Comune svuotato in cerca di un progetto futuro per Crotone

16 novembre 2019, 22:00 Politica.24
Nella foto, Luigi Spano, olio su tela, “L’enigma di una piccola sfera”

Se è vero che il declino e il fragoroso collasso finale di un sistema locale del potere dominante non avviene mai per caso, né tanto meno per sole ed esclusive spinte e contro-spinte di carattere soggettivo o di parte, sarà anche certo che esso è il prodotto di qualche “fondamentale” mutamento avvenuto in seno alla struttura stessa del potere territoriale. Adesso il punto, dopo l'analisi del passato, è il seguente: capire come aprire le strade del futuro ad una città nuova, rinnovata e rilanciata nell’attualità del mondo d’oggi.


di Vito Barresi e Peppino Cosentino

Perché, in fondo alla cronaca, ciò che si intravede è un cambiamento che ha riguardato uno o più componenti della macchina pubblica, la trasformazione di un suo fattore economico e sociale o di un suo pilastro istituzionale che nel garantirne i nuovi assetti ne smaschera e ne denuncia le anomalie, le incongruenze, e infine l’illegalità rispetto al mutamento delle condizioni reali del conflitto e della lotta politica; in sintesi, ponendo l’emergenza e l’urgenza di costruire e allestire un nuovo ordine delle cose in sede comunale.

Quel che è certo che con i provvedimenti della magistratura che hanno inflitto l’obbligo di dimora al sindaco (QUI) ed altri, la sospensione della carica (QUI) di primo cittadino, e poi le conseguenti dimissioni dello stesso (QUI), comprensive dello scioglimento del Consiglio Comunale, si è definitivamente chiusa un’epoca iniziata con l’avvento del modello maggioritario che ha prodotto istituzioni locali (Comuni e Provincia) e rappresentanze regionali e nazionali poco efficaci e profittevoli sia per la città che per il territorio.

Il maggioritario a Crotone ha messo in contradditoria evidenza l’incapacità e l’impreparazione dei ceti dirigenti cittadini (non solo politici ma anche della società civile, dell’economia, ecc.) ad individuare e gestire progettualmente criteri e logiche capaci di rappresentare, prefigurare e promuovere gli interessi collettivi, cosicché tutti abbiamo vissuto un tumulto di esperienze pubbliche affastellate e in fondo personalistiche, se non addirittura egoistiche e narcisistiche, che sono state lo specchio di una frattura tra Palazzo e città, con la netta percezione del sempre più crescente distacco tra amministratori e amministrati.

Il punto più impressionante e, ci si consenta scrivere, selvaggio di questa “autoreferenzialità”, quasi in assoluto spregio ai bisogni reali, si è toccato di volta in volta, anno per anno, decennio per decennio, sia dalla Giunta di destra sia da quella di sinistra, deludente e disastrosa ultima promessa civica.

Tutto questo mentre la città è stata paurosamente abbandonata e svenduta in ogni dove regionale e Nazionale nel mentre attraversava la difficile fine industriale e una chimerica Bonifica ancora tutta da attuare.

Tuttavia ci sono ancora molte “opzioni” che non sono state bruciate e che sono i punti essenziali, i nodi strategici, gli interruttori utili per una positiva ripartenza.


Iniziare a riflettere su una città

nodo centrale dell’intera area jonica,

“interporto” tra la dorsale

tirrenica, Adriatica e la Sicilia.


Nell’imminenza di una “quarantena” che verrà imposta dalla parentesi commissariale, cominciare a riflettere anche collettivamente sulla reale e più attuale nuova collocazione che nel contesto sia regionale che nazionale è andata assumendo nel frattempo e sempre di più la città di Crotone, in nodo centrale dell’intera area jonica, punto di collegamento obbligato, vero e proprio “interporto” tra la dorsale tirrenica che ne ha drenato e impedito un proprio sviluppo organico, e da qui con la dorsale Adriatica e la Sicilia.

Una geografia mediterranea che richiede uno sforzo titanico e non solo mitologico per recuperare il tempo perduto agganciandosi alle grandi direttrici globali del nuovo sviluppo geopolitico afro-asiatico.

In questo senso è fondamentale, quale primo atto programmatico della nuova amministrazione che succederà al commissario prefettizio, deliberare solennemente di abbandonare Gioia Tauro per aderire, nella dimensione interregionale, all’Autorità Portuale di Taranto, quale autostrada della rinascita, via di sbocco naturale e asse strategico per riprendere il cammino e il percorso della crescita e dello sviluppo territoriale.

I dossier su cui costruire un programma credibile e soprattutto una fase di sostenibile impegno per rimodulare, rinnovare, rigenerare una città ormai esausta e priva di stimoli partono ovviamente da una opzione generale che senza ha un cambiamento dei valori.

Senza una visione di insieme non sarà possibile neanche salvare il salvabile come il progetto Antica Kroton, né avere l’ambizione di un nuovo profilo urbanistico moderno e avveniristico, che sappia aprire gli orizzonti della città ad un progetto di imprenditoria verde ed ecologica che faccia riferimento alle scelte pluri-quinquennali della Commissione Europea in tema di Green New Deal e, dunque, di nuova impronta dei fondi strutturali destinati alle aree economicamente in ritardo e svantaggiate.

Su questa piattaforma si dovrà misurare la coerenza e la serietà dei soggetti politici che si proporranno e che intenderanno concorrere ad elaborare una formula di partecipazione popolare e di buona amministrazione in grado di affrontare le sfide costituite anche da una vecchia e farraginosa macchina comunale da ridisegnare, nonché superare gli incagli finanziari che peseranno come un macigno sul futuro delle nuove generazioni crotonesi.

Qualità, capacità e curriculum veri, non taroccati a piacimento dei soliti “professionisti” del piccolo cabotaggio, dovranno essere messi sul tavolo di un confronto serrato e autentico, trovando sponde e ampiezza di consenso nella società, nella cultura, nell’imprenditorialità, nell’associazionismo, nel mondo della Chiesa, partendo questa volta dagli ultimi, dalle periferie, puntando a riscoprire uno spirito di comunità e non dai maggiorenti gruppi familistici come si è fatto maldestramente nel passato.