Cataldo Calabretta e Matteo Salvini un Cin Cin Dai... per un Presidente Doc alla Regione Calabria

26 settembre 2019, 20:00 Politica.24

Inutile girarci intorno. Dal punto di vista curriculare, da quello del profilo professionale, carriera forense, successi ottenuti, tecnica giornalistica e comunicativa, radicamento nel territorio d’origine, pubblicazioni e ricerche, docenze universitarie, impegno e militanza politica nel centro destra, il nome e il volto di Cataldo Calabretta, possono sovrapporsi a quello di chissà chi altro, oh ancora i tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo, li puoi nascondere o giocare come vuoi o farli rimanere buoni amici come noi..., verrebbe da cantare con Francesco De Gregori.


di Vito Barresi

Il ranking, il punteggio è alto, comunque tale da prendere in giusta e debita considerazione la proposta Calabretta. E questo perché, a ben leggere tra le righe del testo di Matteo Salvini a Cosenza, “stiamo lavorando alla squadra, al programma e ai candidati. Poi ci sarà il migliore presidente possibile... il massimo sarebbe un candidato libero, svincolato dai partiti e libero da ogni tipo di problema...”, tutto sembrerebbe portare dritto al sorriso sincero e apollineo, al dialogo affabile e mediterraneo, di questo “giovane cirotano doc”, figlio di un annata migliore e forte come il tralcio del più antico vitigno degli dei, il calice dal colore rosso, finissimo gusto e qualità di gusto, come il candidato “giusto” per il centro destra in Calabria.

Dopo l’esperienza tragica di Peppe Scopelliti, addirittura finito condannato e in carcere per il caso Fallara, forse come exit strategy che mette fine alla controversa, tribolata e contestatissima corsa verso Germaneto da parte del Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, in vino veritas, ecco farsi strada la forza tranquilla di questo figlio modernissimo della Calabria che si fa largo sugli schermi delle grandi rete televisive nazionali.

Un ragazzo, buon figlio di famiglia, che fin da bambino ha respirato la stessa aria mistica del mitologico tempio di Apollo Aleo, ci sta bene e ci sta tutto, senza per nulla sfigurare in comparazione con quello di altrui concorrenti in lizza per la carica di nuovo Presidente della Regione Calabria.

Ma qui si parla, nel genere critico e non encomiastico, della polemica politica, la guerra e la disfida, il contrasto e la contraddizione, insomma il fuoco che divampando feroce e violento finisce per bruciare non solo i santini ma persino le icone più robuste.


Le elezioni regionali che somigliano ai riti latini

di estenuanti processioni ecclesiastiche eterodosse


Ai più congeniali sensi di codici e manuali d’uso per le elezioni regionali, dove ci sono ancora cose che somigliano ai riti latini di estenuanti processioni ecclesiastiche eterodosse, le cose si svolgono lente nella prassi politica in Calabria.

Una Regione dove, evidentemente, la selezione del ceto politico è una sorta di cruciverba al contrario della buona qualità dei candidati, in cui le caselle non finiscono mai e i rebus sono sempre all’ordine del giorno del vecchio e del nuovo Consiglio Regionale a Palazzo Campanella.

Cataldo con le telecamere in spalla ha fin qui proposto un suo personale racconto di una Calabria che ha voglia di trasformarsi con un passo rapido ma delicatamente rispettoso delle consuetudini positive, insomma un andamento adeguato che non stravolge buone prassi e validi modelli del mondo contadino.

Ma chissà, forse con l’arrivo della televisione che guarda dentro le cose di questo “piccolo mondo antico”, nel frattempo le cose si sono mondanizzate e laicizzate, a tal punto da richiedere anche alla avita Chiesa di San Cataldo in Cirò Marina, che è poi il protettore della città natale di Calabretta, un rapido aggiornamento delle più solide tradizioni.

Ragion per cui se prima non era così non sarà mai che questa volta, se si entra cardinali nel conclave, poi alla fine realmente si diventa davvero Papa.

Tutte ipotesi di scuola che l’avvocato rigoroso e appassionato, il giornalista attento e misurato, l’entertainer che in televisione sa ben miscelare ogni mattina su Rai Uno e poi la sera sui canali Mediaset, l’informazione con l’intrattenimento, abile nel tenere e condurre talk show non d’evasione ma sul filo di grandi e coinvolgenti, persino controversi grandi casi della cronaca nera italiana, conosce a menadito senza che offuschino, neanche per un secondo, la lucida visione del suo sogno.


Un candidato territorialmente non ai margini

ma espressione della centralità ionica


Si parla di lui come un candidato a Presidente della Regione Calabria, come di un uomo coerente, simpatetico, naturalmente disposto al dialogo, che ama la solarità, il colore, le tracce di un mondo antico dove ancora si gusta il sentore del vino degli dei.

Attaccato al suo contesto culturale, al lembo più vasto della Magna Grecia che sta in mezzo tra Sibari e Crotone, il faro che sta in vista sia dal Capo Lacinio che dal più gigantesco Golfo di Taranto, è da lì che misurerà il mondo ampio che dalla Regione, passando per l'Italia, si affaccia sui prossimi anni Venti dell'Unione Europea.

Dunque, un candidato territorialmente non ai margini ma espressione della centralità ionica, della rinascita e dello sviluppo del presidio crotonese che collega la Calabria con l’asse adriatico, uno snodo geografico che sta nel cuore dell'interconnessione e delle vie globali del Mediterraneo.

Se gli domandano qual è la sua dote naturale, replica con il delicato ardore di una “vita”, la vite, la vigna, il tralcio di un simbolico “gaglioppo” che per Cataldo Calabretta è il tronco comunitario e famigliare dell’onestà intellettuale, della schiettezza e della correttezza.

Per questo Salvini sembra crederci, quasi compiacendosi dell’opportunità di offrire questa risorsa umana eccellente, prima ancora che per calcolo politico, per sincera amicizia, probabilmente puntando su Calabretta senza bruciarlo, quasi lasciandogli vivere, se dovesse essere lui il candidato per le regionali, le sue belle giornate d’autunno come ultimo premio aspettando la vendemmia, il vino novello e i funghi silani, senza scombinargli l’agenda, i tempi della sua giornata, il cronoprogramma della sua prossima vita in campagna … sì, ma questa volta elettorale.