Regione Calabria tra Privatizzazione Selvaggia della spazzatura e Polo Pubblico dei Rifiuti

9 agosto 2019, 13:00 Politica.24

La proposta dall'amico Peppino Cosentino sulla istituzione di un Polo Pubblico Regionale per una nuova industria dei Rifiuti in Calabria è una buona idea per promuovere l'economia circolare e contribuire alla difesa dal cambiamento climatico. Tale da essere presa in seria considerazione, auspicando che possa trovare adeguata attenzione e ascolto in una più ampia e adeguata platea politica e imprenditoriale regionale.


di Vito Barresi

Un Polo pubblico Regionale della filiera dei rifiuti ha un suo senso nella misura in cui riuscirà a rompere il nefasto ombrello protezionistico e monopolistico che si è venuto a determinare in Calabria dopo la grande crisi industriale che ha smantellato il già fragile vecchio apparato produttivo di una regione storicamente ai margini dello sviluppo manifatturiero italiano.

Nel deserto di una riconversione industriale mai avvenuta sorsero rapidamente tante “imprese”, prima improvvisate e poi man mano più organizzativamente strutturate, che a vario titolo hanno contribuito alla formazione di tanti cartelli locali che monopolizzarono un settore che partendo dai rifiuti solidi urbani, generati quotidianamente ed incessantemente, si legava a tanti altri interessi relativi alla proprietà fondiaria, ai trasporti su gomma, alle scelte politiche regionali, al ceto burocratico di funzionari pubblici e degli enti locali, a gruppi della vecchia e nuova ‘ndrangheta.

Tutto ciò ha determinato una miscela di confusione e connivenze che è stato il tratto distintivo della prima fase di accumulazione capitalistica di questa “privatizzazione selvaggia” della spazzatura, del riciclo e del riuso di ogni forma di rifiuto industriale, civile e speciale.

Ora sappiamo che questa fase di “privatizzazione selvaggia” dei rifiuti in Calabria ha generato, fin dal suo apparire e confermarsi negli ultimi cinquanta anni di storia regionale, problematiche di enorme gravità, spesso disordine pubblico e amministrativo, fatti ed episodi che sono stati cristallizzati in centinaia di procedimenti giudiziari, inchieste penali, provvedimenti della Magistratura e sentenze dei Tribunali riguardanti l’imprenditoria, la pubblica amministrazione, assessori, consiglieri regionali, politici della Regione Calabria.

Spesso con clamorosi arresti di assessori regionali, esponenti di clan mafiosi, tutti a vario modo associati nella gestione non solo della “miniera d'oro” dei rifiuti, ma ingordamente stimolati da enormi e ingenti finanziamenti pubblici nazionali, regionali e comunitari che sono stati fraudolentemente e truffaldinamente distorti e sottratti a tutti i calabresi, seriamente danneggiati da un costante deterioramento negli indici e nelle classifiche della qualità della vita redatte in Italia e in Europa.


Rompere il cerchio che riproduce miseria per i calabresi

contro ricchezze e accumulazione di una ristrettissima consorteria


Ora, la proposta di un “Polo pubblico regionale per una nuova industria dei rifiuti” apre un orizzonte diverso.

Da un lato perché servirebbe a rompere questo cerchio che riproduce miseria per i calabresi contro le ricchezze, accumulazione e vantaggi ottenuti da una ristrettissima consorteria di imprenditori, politici e dirigenti regionali; d’altro perché spezzerebbe il connubio marcio e il compromesso immorale tra politica, affari e 'Ndrangheta: e, infine, perché permetterebbe di rimettere sui binari della correttezza, della responsabilità, di una nuova e diversa attenzione collettiva e istituzionale, la delicata e complessa questione dell'adeguamento e di un rilancio industriale di una regione sottosviluppata quale è la Calabria.

Ciò in quanto, come tutti sappiamo, se il tema che sta in testa all’agenda delle decisioni e delle scelte a ogni livello di “governance” globale, regionale, territoriale e locale, esemplarmente agito e praticato nella vicenda della supremazia manifatturiera tedesca, è la realizzazione di una innovativa “rivoluzione industriale a connotazione ecologica”, dunque, non più a carattere “prussiano classico” è necessario allinearsi e schierarsi a favore di una “rivoluzione industriale verde”, in cui si prevedono fabbriche ecocompatibili, isole manifatturiere a rete, hub produttivi connessi alla salvaguardia e alla protezione climatica, all'abbassamento sotto le soglie previste delle emissioni, alla decarbonizzazione, cioè stare dentro un meccanismo composto da sistemi di produzione integrati e integrali, coerenti con la cosiddetta “economia circolare”, interni all'opzione delle fonti rinnovabili.

Una nuova “prospettiva industriale verde” per la Calabria indica che il volano produttivo deve essere orientato dall'impatto e dal rilievo dell’impronta ecologica regionale, dalla lotta al riscaldamento globale, dall’impegno concreto, quotidiano, minuzioso, attento e vigilante sul territorio regionale, collocato e vissuto contro l’inquinamento atmosferico e l’effetto serra.

Sono tutti fattori innovativi che cominciano ad essere avvertiti anche in Calabria come un bisogno primario, un’autentica opportunità materiale che incide immediatamente sul futuro di una Regione che non può restare esterna e periferica da quel “Green Deal” proposto dalla Presidente della Commissione Ue, basato su una trasformazione della Banca Europea per gli investimenti in una nuova Banca Europea per il Clima, per promuovere investimenti nell’ambiente per mille miliardi di euro in dieci anni, coinvolgendo i privati.

I dati in tema di rifiuti, economia circolare e riciclo produttivo a carattere industriale, sono oltremodo interessanti e dovrebbero stimolare un adeguato dibattito sulla proposta di Peppino Cosentino (QUI), soprattutto in vista del rinnovo del Consiglio Regionale e della elezione di un ceto politico nuovo tra cui spiccherà la figura del Presidente della Regione Calabria.


Priorizzare e affrontare la problematica del riciclo,

in un’ottica di risorsa pubblica

che contribuisce a tagliare anche i gravami finanziari


L’uomo o la donna che dovrà con responsabilità dare prova di saper priorizzare e affrontare la problematica del riciclo, in un’ottica di risorsa pubblica, bene comune, che contribuisce a tagliare non solo le emissioni ma anche soprattutto i gravami finanziari che pesano esclusivamente sugli utenti e i cittadini.

La politica regionale, come avvertono tanti magistrati, ha mostrato non tanto di essere non assente ma di essere volutamente distorsiva in termini di accettazione prima della “privatizzazione selvaggia” dei rifiuti e poi della “privatizzazione degli interessi”, con scelte negative che contrastano con la legalità, la sicurezza e la tutela dell’ambiente.

Polo pubblico regionale dei rifiuti significa proporre soluzioni per sbloccare il settore, superare le emergenze finte o reali, entrare con spirito di modernizzazione nella logica del “Green Washing con nuove norme che incentivano ed ampliano il ciclo e il riciclo ecologico industriale dei rifiuti.

Perché, come l’esperienza insegna, quando qualsiasi spazzatura non è riciclata essa entra anche forzatamente e inavvertitamente in un “limbo sporco”, molto più pericoloso e mefitico di un abbancamento all’aria aperta. Avvicinando minacciosamente la raccolta e il ciclo dei rifiuti non al virtuosismo dell’economia circolare ma alla dannazione infernale dell’economia criminale.