La nube della non conoscenza che alimenta il fuoco dell’inganno politico

14 luglio 2019, 09:23 Opinioni&Contributi

E se tutto dipendesse dalla sola non conoscenza? E se il mancato riscatto sociale, o il persistere con le vecchie logiche, dipendesse solo dal non conoscere l’altro?


di A. Mauro Calabretta

Numero di abitanti, età media, percentuale di occupazione, studenti fuori sede, pensionati, tra essi quanti sanno, quanti conoscono, chi può incidere.

E se il nostro vivere, il nostro quotidiano, la rassegnazione che ormai si respira, dipendesse solo dal non conoscere altro, se tutto ciò per la maggior parte delle persone fosse pura e semplice normalità?

Ed ancora, quali strumenti adotta la politica per circuire il cittadino, e cosa spinge il cittadino a reiterare l’inganno propostogli?

E se scoprissimo che il braccio della politica usa il fulcro della non conoscenza proprio per esercitare la sua forza?

Fin qui, le domande. In apparenza, una provocazione. Se tutto nascesse proprio dalla mancanza più assoluta di conoscenza e dalla consapevole determinazione di non acquisire alcuna conoscenza.

Potremmo scegliere di risvegliarci dal torpore ed ammettere di aver consegnato il nostro destino a quelli che mai potranno farne alcunché di buono?

Abbiamo scelto di agire senza conoscere e di continuare a farlo anche dopo la rivelazione che, che senza conoscere, la vita non ha speranza. Vittime e carnefici, dunque. Con l’ennesima scelta, forse l’ultima.

Una congerie di potentati, difficilmente collegabili tra loro, manovrati come pedine su una immaginaria scacchiera, interessi senza volto, comunanze e affinità che sostituiscono le sedi visibili, decoder di un segnale chiaro, l’insuccesso della collettività.

Sovente nascosti, dietro cittadini il più delle volte, fintamente onesti, formano il loro habitat, e se sei debole rischi di diventare pedina, anche se è lontano da quanto ti appartiene.

Non è colpa sua, non è colpa loro, costantemente concentrati a trovare il miglior alibi da proporre, quale bilanciamento ad un ventennio involutivo.

Se il successo dipende dal generare vantaggio competitivo, dalla sua capacità, cioè di offrire benefici unici, vi è ancora possibilità di rilancio dopo caporetto nostrana?

È possibile originare un prodotto, la cui capacità inizi a ridurre, fino ad annullare gli errori fin qui propostici ed ampiamente scontati.

La collective guilt, la responsabilità condivisa esiste, non ispirarsi al passato, ragionare su tutte le ipotesi, scegliere il meglio e crederci, ci porterà certamente a una nuova sfida.

Vittime contro carnefici, dunque. Con l’ennesima scelta, forse l’ultima.