Antica Kroton: sulla scrivania di Gratteri arriva il dossier sulla “finta bonifica”

11 giugno 2019, 11:27 Imbichi
Nicola Gratteri

1920 tonnellate di amianto sono state rinvenute dalla Guardia di Finanza nell’area dell’Antica Kroton. Troppe, secondo il Gip del Tribunale di Crotone, che ipotizza diversi reati messi in atto al fine di ottenere vantaggi indebiti.


di Francesco Placco

Non c’è pace per l’Antica Kroton. L’area, ricadente nel SIN e notoriamente indicata come “fortemente inquinata” da metalli pesanti, è al centro di una nuova inchiesta portata avanti dal gip del Tribunale di Crotone, che non riguarda i ben noti scarti di lavorazione del dismesso polo industriale, bensì l’amianto.

Ben 1920 tonnellate, pari a circa 1200 metri cubi, rinvenute nei terreni dell’Antica Kroton. Cifre appurate dalla Guardia di Finanza, intervenuta sin dai primi ritrovamenti del 2017 che portarono ad un primo stop dei lavori.

Una quantità notevole mai notificata prima di allora dai tecnici incaricati ai sopralluoghi, che pure avevano il compito di indicare ogni tipo di materiale nocivo per l’uomo.

Da qui nasce il castello accusatorio del Gip Michele Ciociola, che tra i vari reati ipotizza il traffico di rifiuti pericolosi, la truffa e l’abuso d’ufficio.

L’idea è che l’amianto sia stato disperso volontariamente in quei terreni, al fine di evitare una decurtazione del finanziamento previsto dalla Regione Calabria dovuto ad un ricalcolo delle aree da bonificare.

Ben 15 ettari infatti erano stati esclusi dalle attività di bonifica finanziate dalla Regione, e pertanto sarebbero risultate a carico del Comune di Crotone.

Secondo il Giudice per le indagini preliminare, le scorie sarebbero state abbandonate nel pieno dell’area archeologica al fine di evitare un taglio ai fondi.

Una tesi difficile da dimostrare, che tuttavia troverebbe delle basi nella mancata segnalazione delle scorie nel corso dei vari sopralluoghi. Scorie che comunque non possono essere comparse dal nulla, e delle quali è quanto meno difficile stabilire da quanto tempo si trovino abbandonate in quei terreni.

Secondo la Procura di Crotone, invece, l’indagine va archiviata. Ben due le richieste in tal senso firmate dal Procuratore Giuseppe Capoccia, entrambe rigettate dal Tribunale in quanto rammendano “di un iter amministrativo madido di tante singolarità, eterodossie, criticità e spie di illiceità”.

Iter che potrebbe appartenere ad un “disegno criminoso” e che pertanto ha spinto il Gip a trasmettere tutti gli atti del caso alla DDA, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Il tavolo di Gratteri fungerà da garante tra le due parti. È il tribunale ad avallare un’ipotesi di reato inesistente o è la Procura a non dare il giusto peso alla questione?

Quel che è certo, per ora, è che il caso non ha goduto del giusto dibattito e della giusta diffusione: le indagini riguardanti i crimini ambientali procedono notoriamente a rilento, e spesso fanno più rumore solo al momento della sentenza.

Ma in questo caso pare esserci una cappa assordante attorno ad un’inchiesta sul principale progetto di recupero post-industriale della città, anche da parte di chi aveva promesso una “stretta vigilanza” ed una “massima trasparenza”.