Il Ddl Salvamare è legge. I pescatori si trasformano in “spazzini”

10 aprile 2019, 07:50 Outside24

La legge Salvamare è realtà. La norma è stata infatti approvata dal Consiglio dei Ministri e ha quindi posto le basi per un cambio di rotta contro l’inquinamento del mare. La norma servirà per avviare il processo di salvaguardia dell’ecosistema marino, minacciato dalla spazzatura e dalla plastica.


di Enrica Tancioni

I pescatori diventeranno veri e proprispazzini del mare”, potranno cioè raccogliere la plastica che finisce accidentalmente nelle reti da pesca durante le uscite.

Prima della norma, infatti, i pescatori dovevano gettare in mare il materiale che finiva nelle reti. E se non lo avessero fatto, sarebbero stati accusati di trasporto illecito di rifiuti, sarebbero stati considerati produttori di rifiuti e avrebbero dovuto anche pagare per lo smaltimento.

Con la legge i pescatori, dotati di un certificato ambientale, potranno trasportare il materiale nel porto, dove verranno allestiti punti di raccolta in cui sversare il materiale di rifiuto pescato. Le attività potranno quindi godere di piccoli premi, e la filiera sarà riconoscibile e riconosciuta.

Questo per limitare l’inquinamento e abbassare dunque le percentuali dei frammenti di plastica che navigano tra le acque del Mediterraneo.

Secondo le stime del Ministero dell’Ambiente, nel mare magnum si trovano 250 miliardi di frammenti di plastica; nel Tirreno il 95% dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di venticinque centimetri, sono di plastica, il 41% di questi sono buste e frammenti. Frammenti che mettono a rischio la vita marina.


134 specie vittime

di ingestione di plastica

nel solo Mediterraneo


Nel Mar Mediterraneo sono 134 le specie rimaste vittima di ingestione di plastica, tra cui 60 specie di pesci, le 3 specie di tartarughe marine, 9 specie di uccelli marini e 5 specie di mammiferi marini. Tutte le specie di tartarughe marine del Mediterraneo hanno plastica nello stomaco.

Dati che fanno il paio con il report promosso da Legambiente nel 2018. Secondo l’indagine Beach Litter, infatti, ben 48.388 rifiuti sono stati recuperati in 78 spiagge italiane. Se messi insieme, arriverebbero a formare un’area complessiva di 416.850 mq e una media di 620 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia.

E l’ottanta percento dei rifiuti sono fatti in plastica, si parla dunque di imballaggi di alimenti, bottiglie, carte dei dolciumi, bastoncini per la pulizia delle orecchie, ma anche oggetti come gli imballaggi degli assorbenti igienici e pannolini o anche cartucce dei fucili.

Ma Sergio Costa, ministro dell’ambiente, che parla di “grande vittoria per il nostro mare”, auspica l’approvazione della Direttiva europea sulla plastica monouso. Non appena verrà pubblicata, il governo intende approvare la legge per dare lo stop finale al monouso.


Città balneari

e regioni “plastic free”:

c’è chi gioca d’anticipo


Anche se in diverse zone del bel paese i titolari di lidi e strutture turistiche hanno messo al bando la plastica. Si parte da Capri, dove è stata adottata un’ordinanza con la quale si intende preservare l’isola da questa problematica. Entrerà in vigore tra mesi, in modo da permettere alle attività commerciali di adeguarsi e di smaltire le scorte. Le trasgressioni verranno punite con multe dai 25 ai 500 euro, applicate ai commercianti, ma anche agli abitanti di Capri e ai turisti che visitano l’isola.

Sogno che la Sardegna vuole far diventare realtà. Sì, perché l’Anci regionale sta spingendo per mettere al bando la plastica, proprio come ha deciso di fare la Puglia, dove la Regione ha, infatti, anticipato di 2 anni la direttiva comunitaria che vieta l’utilizzo della plastica monouso sulle spiagge. Direttiva che se da una parte mira ad evitare l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2, dall’altra tenta di scongiurare danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030.

Alla Puglia si aggiungono poi Portonovo, la prima località plastic free delle Marche; ma anche Rimini che, dopo la messa al bando delle sigarette e delle cicche in spiaggia, sta lavorando per liberare il litorale dalla plastica monouso.

Messa al bando che è inoltre piaciuta a Salerno, dove è stato lo stesso assessore comunale all’ambiente a lanciare il progetto, a seguito della sperimentazione fruttuosa di un lido di Paestum.

A Napoli, il primo cittadino ha firmato un’ordinanza che vieterà, dal primo maggio a fine settembre 2019, l’utilizzo e la vendita di prodotti monouso non biodegradabili come contenitori, piatti, bicchieri e stoviglie. Norma che vale tanto per esercizi commerciali, quanto per venditori ambulanti, servizi di catering e tutti gli stabilimenti balneari e circoli nautici presenti sul litorale napoletano.


E il Wwf avvia

una maratona estiva

per la pulizia dei litorali


Nella lista compaiono anche le belle Lampedusa e Linosa, sulle cui spiagge dal 1 agosto 2018, sarà vietato introdurre contenitori e stoviglie monouso non biodegradabili, shopper e sacchetti in polietilene.

Per salvare il mare e la spiaggia, il WWF ha lanciato per il secondo anno consecutivo il Tour Spiagge #Plasticfree 2019. Da nord a sud, da est a ovest i volontari dell’associazione scenderanno sulle spiagge per ripulirle dai rifiuti.

La campagna in difesa del mare inizierà con una maratona estiva di pulizia dei litorali che vedrà la partecipazione di partner di alto livello scientifico e centinaia di volontari e cittadini uniti dall’obiettivo di liberare le spiagge dall'invasione della plastica.

Nel 2018 l’iniziativa ha ripulito più di 20 chilometri di costa, ha impiegato oltre 1000 volontari che hanno raccolto: bicchieri, siringhe, tappi e polistirolo.