Il voto dei cattolici italiani alle Elezioni del Parlamento Europeo del 26 maggio: coerenza etica contro il sovranismo e il populismo

6 aprile 2019, 11:00 100inWeb | di Vito Barresi

Quale è oggi in Italia l'istituzione religiosa e spirituale che più di ogni altra difende e si batte per ampliare la presenza dell'Italia nell'Unione Europea, allargandone gli orizzonti politici, economici e culturali che legano tra loro i governi e i popoli del continente? Come devono votare i cattolici europei e quelli italiani in specie il prossimo 26 di maggio, quali scelte sono chiamati coerentemente a compiere per dare forza alle parole di Papa Francesco su solidarietà e immigrazione, alle azioni della Conferenza Episcopale Italiana, all’impegno di centinaia di sacerdoti, laici, suore nell’accoglienza ai poveri e ai migranti?


di Vito Barresi

La risposta dovrebbe essere lineare. Almeno nel senso che non più per ‘collateralismo’ ai partiti cattolici di un tempo, né tantomeno per ‘confessionalismo’, il mondo cattolico è chiamato a dare prova di sé, a confermare i propri valori ‘non negoziabili’, su una questione che resta la sfida più alta ma anche il problema più serio, nell'evoluzione contemporanea e postmoderna del sentimento religioso e della fede cristiana in Europa.

Valgono per questo, e sono quanto mai di attualità, le riflessioni contenute in un discorso di Giovanni Paolo II, pronunciato esattamente trentanni anni fa al Parlamento Europeo (Palazzo d'Europa - Strasburgo Francia,11 ottobre 1988) dove il pontefice della Centesimus Annus affermò. con voce netta e solenne, questo suo pensiero:

L'Europa d'oggi può certamente accogliere come un segno dei tempi lo stato di pace e di cooperazione definitivamente instaurato tra i suoi Stati membri, che per secoli avevano sprecato le loro forze a farsi la guerra e a cercare il dominio gli uni sugli altri. Segno dei tempi ancora, l'accresciuta sensibilità per i diritti dell'uomo e per i valori della democrazia, di cui la vostra assemblea è l'espressione e vuol essere anche la garante. Questa adesione da allora è sempre tesa a sostenere che deve prevalere, in tutte le circostanze, il rispetto del diritto e della dignità della persona umana. Segno dei tempi anche, noi crediamo, è il fatto che questa parte dell'Europa, che ha finora tanto investito nel campo della sua cooperazione economica, sia sempre più intensamente alla ricerca della sua anima e di un soffio in grado di assicurare la sua coesione spirituale. Su questo punto, mi sembra, l'Europa che voi rappresentate si trova sulla soglia di una nuova tappa della sua crescita, tanto per se stessa che nel suo rapporto con il resto del mondo.”

Una frase che richiama ancora con densità di coordinate fisiche, materiali e immateriali, la dimensione e la struttura di uno spazio comune rivolto verso il mondo dentro cui, più che altrove, l'identità cristiana dei cattolici italiani ed europei può confermarsi come costante profezia del domani ed operosa azione nella vita quotidiana per rinnovare le istituzioni, le economie, la società.

Perché se nel mondo d'oggi, nell'attualità e nel futuro che si apre sulla globalizzazione dell'umanità, si vorrà mantenere al centro dei rapporti e delle relazioni umane la dimensione trascendente della persona, informandone la politica con la sua centralità etica, non si può fare a meno di richiamare la lezione dei grandi storici europei del Novecento, tra gli altri l'olandese Huizinga, il francese Fernand Braudel, il nostro indimenticabile Benedetto Croce, che con le loro pagine hanno sempre evidenziato la preziosità e la collocazione strategica di questa speciale geografia che sta al centro del pianeta.

Certo occorre tener conto delle frammentazioni, delle diversità, delle sensibilità linguistiche, culturali, sociologiche, religiose ma è appunto da questa pluralità di presenze e impulsi, che può scoccare per i cattolici un nuovo slancio, dentro la cornice di una collaborazione e di una concordia europea, testimoniata da un ceto politico di alto profilo quanto mai oggi autorevole e necessario.

Perché se c'è oggi un campo dentro il quale i cattolici possono far valere i propri valori non è certo quello del populismo e del sovranismo che distorcono per diretto tornaconto e bramosia egoistica di potere, strumentalizzando parte dell'elettorato cattolico, su temi controversi e discussi che richiedono un supplemento di attenzione e un più sofisticato confronto, quali sono quelli della sessualità, della famiglia, della procreazione, della salvaguardia della vita, ecc., vale a dire le questioni di più complesso livello antropologico che producono profondi cambiamenti nella valutazione e nella comprensione collettiva sia della categoria di persona che di collettività.

E di certo, su un fatto che non è per la Chiesa italiana e per Papa Francesco una mera questione di principio, la rocciosa posizione in difesa dell'accoglienza e della solidarietà, la scelta di stare dalla parte dei migranti, diventa discernimento concreto nella scelta elettorale, la pietra angolare di comparazione laddove altri, specie il partito particolarista e settario della Lega Nord, capitanato dal Ministro degli Interni Matteo Salvini, continuano ad ostentare arroganza, chiusura, incomprensione nella gestione di questa emergenza strutturale posta dai flussi migratori all' Italia.

Il voto di maggio alle elezioni europee inquadrato in tale ragionamento per logica non può che produrre una scelta chiara da parte dei cattolici italiani, chiamati a riconfermare con il proprio voto tutti i fattori di nuova integrazione opponendosi alle forze disgregatrici che vorrebbero distruggere e destrutturare l'Unione Europea.

Si tratta di una partita aperta ma in questo senso di elevata intensità storica per individuare le nuove linee operative europee, rilanciare e rifondare l'Unione Europea con un diverso modello culturale, un rinnovato processo di integrazione, rivolto all’unità e al pluralismo continentale, puntano ad una nuova convergenza economica, sociale, culturale, relazionale che potrà dare basi solide alla coscienza europea.

Tocca dunque ai cattolici italiani esprimere un voto che ha caratteristiche politiche ben precise e in questo caso specifico, un voto di netto rifiuto ed evidente contrapposizione alle lusinghe di certo becero populismo e alle sirene ingannevoli di un ambiguo sovranismo.