Bergoglio non è Camillo Torres

24 gennaio 2019, 18:31 100inWeb | di Vito Barresi

Marco Marzano, sociologo dell’Università di Bergamo, nel solco di una ormai consolidata "scuola" italiana di sociologia della religione (che va da Sabino Acquaviva a Franco Garelli),focalizza le sue analisi sulla prospettiva storica della religione cristiana oggi in Italia. Lo snodo iniziale e propulsivo delle sue ricerche parte dal 2012 con ‘Quel che resta dei cattolici’ (Feltrinelli), in cui si analizzavano le contraddizioni sociali, gli anacronismi dottrinali, e le incoerenze istituzionali della Chiesa italiana, dopo Giovanni Paolo II, nel cui pontificato 'paradossalmente' avvenne il definitivo divorzio tra cattolicesimo e politica, il distacco secolare tra la Chiesa italiana e il collateralismo democristiano, all'ombra della quasi trentennale gestione della Conferenza Episcopale Italiana da parte del cardinale Camillo Ruini.


di Vito Barresi

Dopo le inchieste sul cristianesimo di Vittorio Messori appare un diverso approccio narrativo e di approfondimento, quello con cui Marzano sviluppa e pianifica un’accurata e articolata osservazione delle dinamiche evolutive/involutive del cattolicesimo nazionale, partendo dal magmatico contesto, apparentemente sopito e sconfitto dalla più recente storia progressista, dalla ‟base” della piramide gerarchica ecclesiale, cioè quel mondo emarginato e silente delle parrocchie e degli oratori.

Il sociologo annotava nel suo working paper le macro dimensioni e la mappatura omogenea di un processo ampio e costante di desertificazione della fede, con il prosciugamento impressionante delle fonti battesimali, in uno dell’avvento di un’epoca del ‟banco vuoto”, in forma di una diserzione di massa, una fuga costante e massiccia dal sagrato e dai luoghi del sacro, verificatasi in un Paese dove milioni di famiglie avevano abbandonato le campagne, le pievi e i campanili, sospinti da una forza magnetica e mediale che ne assecondava la loro ingenua e popolana superficialità quasi attoriale, a ricalco delle più note maschere cinematografiche della commedia all’italiana, ritratti nei tanti siparietti di vita nazionale a modello di un imperante Carosello consumistico.

E nel mentre le periferie delle città si rinchiudevano nei falansteri della solitudine e del qualunquismo, altrove si abbandonavano (in una discarica per altro ancora ricca come un immenso giacimento di motivi, sensibilità e valori profondi) i fantasmi della religiosità popolare nelle antiche case dei padri e delle madri, con le loro icone, i santi, le Madonne orientali e medievali, i pellegrinaggi dal richiamo identitario e comunitario, un continuum mai spezzato ma sorprendentemente ibridato e stratificato di neo paganesimo, in cui la storia dell’identità cattolica italiana si diluiva e si destrutturava in un nuovo battesimo mondano, la fede al confronto di una ragione empirica, strumentale comunque intrisa di un inalienabile romanticismo familista, vagheggiando tra un ateismo mai richiesto e un indifferentismo ancor più micidiale, in un tempo sospeso nell’ideologia dell’esperienza e della sperimentazione dell’esotico, un'illusione apparentemente scristianizzata, sostanziata da un nuovo tipo di ‘miracolo’, il miracolo economico, la ricchezza apparente senza un reale miglioramento materiale della qualità della vita in uno Stato democratico.

Così si disgregò l’unità cattolica di una nazione che si truccava di modernità, per nascondere le sue nevrosi e le proprie distorte pulsioni profonde nei momenti magici del boom economico, del consumismo a buon mercato, il finto benessere motorizzato, la belle epoque italiana in cui tutti ci siamo sentiti scevri dalle superstizioni cattoliche, liberi e nudi di fronte al potere morale dei pretini e alle spregiudicate ambiguità cardinalizie e vaticane, dunque italiani orgogliosamente laici, radicali, egocentrici e secolarizzati, quanto spiritualmente spettralmente inariditi.

Posti di fronte a tale profonda mutazione della religiosità sullo sfondo del moderno, al distacco della retina che rende invisibile la cristianità nei cieli terragni della mondanizzazione, per il cattolicesimo italiano, per i credenti di questo Paese Europeo, non ci poteva essere alcun rimedio se non quello di aspettare l’avvento non di un messia ma almeno di un papa liberatore.

Questo filo conduttore si ritrova e costituisce la tramatura di un ragionamento articolato e ampio che si legge nel libro “La Chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata”.

In questo quadro Marzano non esita a smentire la profezia di quanti attendevano da Bergoglio un cambiamento epocale, fatto in veste di dolce quanto angelicato Camillo Torres, insomma di un Papa capace di rivoluzionare e risanare le piaghe della Chiesa.

In realtà, la constatazione amara di Marzano è che Francesco si è rivelato ben presto niente di più e non oltre che “un anziano prete affezionatissimo all’identità cattolica tradizionale, il servitore fedele di una identità clericale che ha coltivato per un’intera vita, il primo boicottatore di ogni vera riforma strutturale dell’istituzione”.

Per cui il sociologo sottolinea la contraddittorietà e il disorientamento di fronte a quella che si è immediatamente svelata come una robusta e ordinata strategia gestionale, assunta con fermezza e lucidità, fin dal primo istante di pontificato, da un gesuita che aveva ed ha ancora nel suo quadro enciclico pastorale verità e speranze ben diverse da quelle di un idilliaco Camillo Torres, pronto a combattere la corruzione, la violenza, l’avidità e il cinismo nella Chiesa, a debellare dal cristianesimo la subalternità ai poteri forti e alle strutture di peccato, perchè fin troppo supino ad altri diabolici poteri, avviando un'ultima utopia di rivoluzione spirituale e ribellione morale.

Ma a differenza di Camillo Torres, e ciò era teologicamente e logicamente prevedibile, il gesuita argentino, una volta salito al soglio del Sommo Pontifice, si proponeva in quanto non problema, bensì come possibile soluzione dei problemi e delle vergogne, mettendo mano al quadro dei dogmi intangibili della nomenclatura mentale della fede, in modo che, non per forza, ma per conseguenza, nel suo programma sono state priorizzate non già le ribellioni morali del cristiano, quanto al contrario il suo richiamo all'ordine costituito, la restaurazione del comandamento positivo, il ritorno alla grazia infranta dal peccato e dagli errori della Chiesa.

La critica di Marzano è rivolta a un Papa che ha proposto cambiamenti e ritocchi tutt’altro che rivoluzionari semmai, afferma l’autore, superficiali e ininfluenti, coerenti e niente affatto discontinui con la struttura gerarchica del potere religioso cattolico, al solo fine di “aumentare immensamente la sua popolarità, dare smalto alla sua immagine, catturare l’attenzione delle opinioni pubbliche di tutto il mondo”, badando nel contempo a eliminare dalle priorità e dalla urgenze che minacciano la Chiesa e l’universalismo cattolico, l’imperversare della secolarizzazione, l’eclissi del sacro, l’irrilevanza etica e politica del cattolicesimo e del cristianesimo, accantonando e oscurando la complessa vicenda della vita religiosa dei consacrati, che sono il cuore pulsante e talvolta 'disperato' della struttura ecclesiastica.

Per questi ‘errori’ posti all’origine del suo pontificato Francesco non rappresenterebbe pertanto quella figura di sublime speranza che si era annunciata tale, anzi si paventa il rischio che essa diventi il simbolo ulteriore di una sublime disperazione.

Tuttavia, se per Marzano la Chiesa è impietosamente ridotta a una impalcatura organizzativa imperfetta, un baldacchino prezioso post gothic, resta aperta la questione del rinascimento spirituale cristiano nell’epoca despiritualizzata della globalizzazione, dunque, di una certa fattispecie di universalismo umano, dove a iosa e senza controllo va ponendosi il tema dell’avvento di una età fortemente segnata dalla formazione e dalla civilizzazione sia dell’esperienza disciplinante della religione che dall’anarchia della spiritualità.

Richiami ed emergenze che pongono il papato, il cattolicesimo, l’impianto millenario e secolare della Chiesa, in una prospettiva inedita e persino diversa, neanche e solo antagonista al materialismo capitalista o cinese, ma in una luce nuova di ricerca, elaborazione, divenire delle future visioni e anticipazioni del mondo.

Ciò per dire che nel non ancora di questo papato, il ‘passaggio’ vaticano di Bergoglio, se non c'è un preview di scenari spirituali futuri, si avverte già un ‘check-sound’ che riecheggia le sensibilissima suggestione di Boris Pasternak, cioè

una musica, l'irresistibile forza della verità disarmata, il potere d'attrazione dell'esempio. Finora si riteneva che la cosa essenziale del Vangelo fossero le massime regole morali contenute nei comandamenti, mentre per me la cosa principale è che Cristo parla con le parole tratte dalla vita d'ogni giorno, spiegando la verità a lume dell'esistenza quotidiana. Alla base di questo sta il concetto che la comunione tra i mortali non finirà mai e la vita è simbolica perché ha un significato.”

Dettaglio, comunque, non indifferente che pure si coglie forte e in costante tensione narrativa in un lavoro sociologico metodologicamente ben equipaggiato e tematicamente non di poco conto, anzi.

Marco Marzano, docente di Sociologia all’Università di Bergamo. Ha scritto Il cattolico e il suo doppio (Franco Angeli, 1996), Scene Finali. Morire di cancro in Italia (il Mulino), Etnografia e ricerca sociale (Laterza), Cattolicesimo Magico (Bompiani). Feltrinelli ha pubblicato il suo Quel che resta dei cattolici. Inchiesta sulla crisi della chiesa in Italia