Marina di Crotone Spa: con le “promesse da marinaio” la società affonda e il porto s’inabissa

30 novembre 2018, 08:20 Imbichi

Il rilancio del porto di Crotone è un tema fondamentale, ed ogni candidato sindaco in campagna elettorale ha sempre parlato di generici interventi per potenziare e rilanciare l’infrastruttura. Interventi mai progettati, mai pianificati e mai effettuati. Oggi, con la messa in liquidazione della Marina di Crotone SpA, si conclude anche il percorso lanciato da Vallone, mentre sembra sempre più lontano dalla nascita quello proposto da Pugliese.


di Francesco Placco

Era il “lontano” 2010 quando venne annunciato un progetto rivoluzionario (LEGGI). Il Comune di Crotone, per la prima volta nella storia, aveva costituito una partecipata per la gestione del porto turistico, al fine di favorirne lo sviluppo, l’ammodernamento ed il funzionamento (LEGGI).

Erano gli anni d’oro delle partecipate e se ne contavano ben dodici. Ma questo è un altro discorso.

La fondazione della Marina di Crotone SpA riguardava il porto, e prevedeva interventi sia nella parte vecchia che in quella nuova.

Tra le sue premesse vi era quella di utilizzare “almeno una parte della bacino nord e nello specifico di quella delimitata da Molo Giunti, ormai largamente sottoutilizzata e bisognosa di opere di manutenzione, ripristino e ammodernamento delle banchine esistenti”, e dunquel'idea di progettare un moderno ed efficiente ‘marina’ pensato non soltanto come attrezzatura di servizio ma come ‘aggancio’ diretto alla città ed al suo waterfront”.

Un’idea imponente che di fatto prevedeva interventi per oltre otto milioni di euro nella sola area portuale. Si era pensato a nuovi frangiflutti, banchine, telecamere, illuminazione, antincendio, diversi capannoni per servizi di logistica e di manutenzione, parcheggi e nuovi varchi d’accesso, ma anche una piccola isola ecologica e numerosi impianti fotovoltaici.

Insomma, il porto avrebbe cambiato completamente pìlatura.


Gli interventi a iosa

tra fonte di redduto e

riqualificazione cittadina


Ma non era finita qui, perché il progetto era molto, molto più ambizioso. Infatti, sempre tra le sue premesse, leggiamo che “attraverso un appropriato sviluppo del porto si vede non soltanto la necessità di approntare una struttura in grado di produrre fonti di reddito ma anche l'occasione per pianificare la riqualificazione di consistenti ed estese aree cittadine”. Quindi, oltre al porto si voleva riqualificare anche la città.

Ecco dunque che, nella tavola dei progetti, spuntano interventi a iosa: opere di ammodernamento e recupero nel centro storico, nel Castello, nel quartiere Acquabona.

Ma anche il recupero dell’ex Convento dei Cappuccini, un non meglio precisato “impiego” dello sterro adiacente a Via Carpino (all’epoca Via Cutro, di fronte al Parco delle Rose).

Come se non bastasse, si prevedeva anche la realizzazione di un “terminal passeggeri”, di un “polo museale” a tema marino, di una nuova piazza nei pressi dell’ex deposito carburanti, e di realizzare un’area dedicata alla direzione.

Tanta, troppa roba. Troppo bello per essere vero! Ed infatti, si trattava di previsioni fin troppo ottimistiche che, oggi, in modo beffardo, potremmo definire “promesse di marinaio”.

Anche perché, così come scritto nel 2010: “Purtuttavia le opere e gli interventi proposti con il progetto possono essere avviati fin da subito, in perfetta sintonia con linee pianificatorie e concetti già condivisi”. E pensare se non erano condivisi, i progetti!

Purtroppo, a distanza di otto anni e nonostante gli annunci (LEGGI) gli interventi della Marina di Crotone SpA sono pressoché inesistenti e pur non avendo svolto la sua attività la partecipata ha accumulato debiti per circa 76 mila euro.

Sul finire dello scorso anno il sindaco Pugliese aveva già “messo da partela società, in attesa di capire se fosse possibile sfruttare la concessione trentennale della darsena o se fosse meglio porre fine alla sua esistenza e seguire un'altra strada.


La parabola

di un progetto

troppo ambizioso


Finché, qualche giorno addietro, la Conferenza dei Servizi ha rigettato la richiesta di concessione dell'area portuale per destinarla all'ancoraggio delle imbarcazioni da diporto. La partecipata è inutile e stando alla Legge Madia non ha più motivo di esistere.

Si conclude così la piccola parabola di un progetto troppo ambizioso, annunciato in pompa magna come “salvatore”. Ma nonostante la “morte” della partecipata, le idee ed i progetti sul porto sono ancora vivi: tutti i politici e politicanti parlano di un rilancio e ciclicamente di interventi più o meno importanti, che vanno dal mercato del pesce, annunciato nel 2014 (LEGGI) e di cui si è persa ogni traccia, al famigerato dragaggio del fondale che permetterebbe l’attracco di imbarcazioni più grandi.

Rilancio in cui sperano vivamente i cittadini, seppur con un una buona dose di disillusione. E che sicuramente non avverrà in tempi brevi: il piano operativo portuale 2018-2020 (LEGGI) per ora prevede solo il prolungamento del molo foraneo sud, oltre a diversi interventi di manutenzione e gestione ordinaria.

Nel frattempo è stata costituita la Consulta Marittima (LEGGI) che, tra le altre cose, si occuperà del grande assente: il piano regolatore portuale.

L’idea è che il porto, più che essere un bacino produttivo, sia un bacino elettorale: chiamato in ballo ogni qualvolta si voglia ottenere facili consensi, di fatto è rimasto abbandonato a se stesso, con buona pace anche dei progetti annunciati dalla Prossima Crotone, dalla quale ci si aspettava, se non altro, ciò che avevano promesso: Trasporti, cantieristica, turismo, produzione di energia, pesca sono le attività su cui va posta maggiore attenzione”.