Lettera a Di Maio. Decreto Dignità, ascolti la voce dei call center. A rischio centinaia di giovani lavoratori

13 luglio 2018, 08:12 Calabria Domani | di Rodolfo Bava
Luigi Di Maio

Illustrissimo Signor Ministro, Luigi Di Maio,

la preghiamo vivamente di volerci scusare per la presente. Non intendiamo criticare il progetto di legge che state per varare perché non spetta a noi valutare dei progetti legislativi; ma desidereremmo soltanto risultare i portavoce delle aziende che gestiscono i call center in Italia: una risorsa (anche se piuttosto misera) per moltissimi giovani del Mezzogiorno d’Italia.

Ecco i rilievi da parte di una delle predette aziende:

“Se ci fossero le condizioni per generare lavoro stabile nel settore dei contact center, probabilmente nessuno si tirerebbe indietro, ma attualmente il costo del lavoro (troppo ampia la forbice tra costo e ricavo rispetto alla tipologia del lavoro) e le condizioni di flessibilità richieste dal mercato impediscono di ragionare in tale senso” (LEGGI la nota completa).

E, più in là, viene precisato quanto segue:

“Oggi, ad esempio, un part time di 4 ore, prende 400 euro, ma all’azienda costa 1.400. Troppo. In questo modo basta un inconveniente solo per qualche giorno per arrivare anche alla perdita di un intero mese” … “Ritenere di annullare le leve di flessibilità che hanno fatto nascere questo tipo di attività, significa rendere le aziende inermi ed incapaci a dare una risposta al mercato, trovandosi d’altra parte a rinunciare a gran parte della forza lavoro”.

Per concludere con la seguente osservazione:

“I call center riescono a mantenersi in vita proprio sul principio di flessibilità che ci viene richiesta dai committenti”. In particolare - diciamo noi - dalle compagnie di telecomunicazione. “Se però questo non c’è più, allora con il nuovo provvedimento governativo, diventerebbe insostenibile”.

Riteniamo che varando il progetto di legge senza tenere conto delle suddette osservazioni, vorrà dire costringere alcune aziende a mandare a casa centinaia e centinaia di giovani precari che lavorano in call center.

Per tale motivo - illustrissimo Signor Ministro - la pregiamo vivamente di voler tenere conto di quanto sopra al fine di non contribuire indirettamente all’aumento della disoccupazione ed al trasferimento di tali aziende in Albania. Molte grazie per l’attenzione e molti ossequi.

Rodolfo Bava