La Reliquia della Sacra Spina, una tradizione che continua da cinque secoli

6 aprile 2011, 11:03 Il Fatto

acquista il DVD dell’evento Processione della Santa Spina

Certamente, la festa religiosa più importante di Petilia Policastro è quella che si svolge il secondo venerdì di marzo di ogni anno, con la processione del Calvario al Santuario della Sacra Spina.

Si percorre il vecchio sentiero, detto, appunto via della Santa Spina, che annualmente segue la solenne Via Crucis che da Petilia arriva al plurisecolare santuario. Questo percorso, attraverso la contrada detta gli orti di Paternise, passa dal fiume Soleo sul ponte che porta il nome della Sacra reliquia; in mezzo all'arcata di questo ponte c’è scolpito un ostensorio, molto simile a quello d’argento nel quale viene custodita la Santa Spina.

DOPO AVER PERCORSO questo suggestivo panorama, si arriva al convento, ed in queste mura fatte di storia, dal 1523 è ospitata una spina della Corona di Gesù Cristo. La presenza di questo ostensorio scolpito fa presumere che il ponte sia databile successivamente al periodo dell’arrivo della Reliquia al Santuario. Il ponte in questione, era appoggiato su due grossi massi di granito ed ha una struttura semplice. Su di esso, avveniva il passaggio di consegne della Sacra Spina tra I frati minori ed il Clero petilino.

IL PELLEGRINAGGIO del secondo venerdì di marzo segue la processione detta del calvario. All’inizio della rappresentazione ci sono 12 confratelli, componenti delle confraternite delle congreghe di San Francesco e della Madonna del Rosario, che indossano il saio penitenziale, color viola, e portano una corona di spine sulla testa incappucciata ed una croce di legno sulle spalle. Un altro confratello, impersona la figura del Cristo, con un saio color rosso vivo, con la corona di spine in testa, coperta da un cappuccio, ed una croce molto più grande e pesante delle altre, che porta lungo tutta la processione. La processione è accompagnata anche da altri personaggi, come i soldati romani; uno, in particolare, segue il Cristo e periodicamente batte la catena sulla croce, scandendo le tappe del Calvario.

I FEDELI seguono la processione con continue preghiere, litanie e canti, in un misto di italiano, dialetto e latino. La processione del Secondo Venerdì di Marzo alla Santa Spina è una di quelle classiche manifestazioni religiose che, col tempo, hanno assunto un’importanza tale da caratterizzare il vissuto della intera popolazione. La partecipazione a questo evento, è, infatti, così sentita da travalicare quelli che sono i meri confini religiosi, per divenire una manifestazione popolare, nel senso più vero del termine. Ogni abitante di Petilia ha nel suo personale bagaglio di ricordi, uno spazio dedicato alla Santa Spina, da sempre punto di riferimento in ogni occasione di difficoltà o bisogno. L’insolubile legame tra il paese e il Santuario e la Sacra Reliquia che ospita è il presupposto necessario da cui si deve partire per poter comprendere pienamente questo evento in tutte le sue  sfumature.

QUELLA DELLA PROCESSIONE del secondo venerdì di marzo è parte integrante della storia di Petilia Policastro, storia che si ripete da ormai cinque secoli, da quando, cioè, la Sacra Spina venne in dono dalla Francia. L’arrivo della Reliquia, che poi ha dato  nome al Santuario, ha portato con se nuove pagine di storia, che continuano a  scriversi ancora oggi, quando si ripete l’esperienza collettiva del Calvario.

QUESTA RAPPRESENTAZIONE della Passione di Cristo è una miscellanea di suoni, spazi e colori che seguono i dettami del cerimoniale sacro, con delle incursioni nel folclorismo religioso, affidate a gesti che hanno l’inconfondibile sapore del passato. Questi gesti non disdegnano la sofferenza corporale, che diventa quasi una sorta di compartecipazione visiva ed emotiva alla vicenda terminale della vita del Cristo.

A ricordare che si tratta di un percorso penitenziale, anche le testimonianze di fede di molti, che affrontano il tradizionale sentiero della “strada della Santa Spina” a piedi scalzi, taluni addirittura, nell’ultimo tratto, in ginocchio, per una grazia invocata o ricevuta. Si tratta di “gesti forti”, che per gli studiosi sono, appunto, la testimonianze di una devozione particolare ed esprimono simbolicamente il desiderio di unirsi al Cristo che soffre.

LE SUGGESTIONI della Processione iniziano già dalla partenza, dalla chiesa di San Francesco, con il classico passaggio sotto l’arco della chiesa Matrice, catturato da splendide foto che sono diventate tra le icone più significative della manifestazione. Proseguendo per le strade del paese, la processione si snoda  raggiungendo in breve il Rione Chiatri e, subito dopo, Paternise, da dove inizia il percorso tradizionale che porta al “Sacro Monte”. In questo primo tratto, le strade sono moderne, ma le difficoltà e la fatica non mancano; spesso, però, queste sono superate dalla visione del Santuario, che si staglia l’orizzonte, per buona parte del tracciato, quasi a voler indicare ai novelli pellegrini, la meta da raggiungere, quale premio per i sacrifici fatti. Finito questo primo tratto, così come avviene in molte altre realtà in cui ci sono simili rappresentazioni, il Calvario chiude dall’esterno il paese, e rappresenta una sorta di barriera  che impedisce alle forze ostili di minacciarlo. Dopo aver affrontato il tratturo del sentiero tradizionale, si giunge, oltrepassando il ponte della Santa Spina - splendida  opera che reca lo stesso ostensorio del Santuario -  finalmente alla meta, stanchi ma nel contempo felici per aver potuto rinnovare questa esperienza di fede e di vita.

OLTRE CHE I GESTI E GLI SPAZI, di cui si è parlato, molta importanza assumono anche i suoni della processione. Il Calvario, infatti, è accompagnato incessantemente dai canti dei fedeli e da tipiche nenie  muliebri. Anche queste hanno una forte espressività del dolore ed hanno la funzione di trasportare i pellegrini dal mondo reale ad un mondo intriso di sacralità, vivendo questa esperienza in modo diretto. I canti devozionali - con la loro polivocalità e l’univoco coinvolgimento  - sono anche momenti socializzanti, finendo per diventare vere e proprie preghiere. Le voci sono sforzate, quasi gridate, con una dilatazione sonora del testo e con una crescente tensione emotiva. Nelle nenie, poi, trova spazio un mix di termini dialettali e di locuzione latine, che, però, vengono reinterpretate secondo canoni popolari

CHI RIESCE A VIVERE LA PROCESSIONE del secondo Venerdì di marzo della Santa Spina, riesce a cogliere il battito della storia, di questi cinque secoli che sono trascorsi dall’arrivo della Reliquia al Santuario, nella consapevolezza di esserne protagonista e non semplice spettatore. All’aspetto religioso, però, si unisce anche quello più ludico, soprattutto dei giovani, che terminano la loro escursione alla santa Spina consumando un pasto, tutt’altro che frugale, annaffiato con abbondanti sorsi di vino, nei boschetti di querce site nei pressi del santuario.

DOPO L’ARRIVO AL SANTUARIO e la celebrazione della Messa Solenne, le celebrazioni continuano con l’esposizione della Reliquia, che, dopo la tappa nella cappelletta dell’Oratorio, termina con la tradizionale benedizione del paese. Alla Sacra Spina la popolazione invocava la protezione del paese, soprattutto in occasione delle calamità naturali, che hanno spesso colpito il territorio. E le mura del santuario, sono intrise di storia e tradizioni, tramandate da generazioni, dei prodigi che la Reliquia ha fatto nel corso dei secoli.