Nel sottobosco sudaticcio dei nuovi politici social | Vito Barresi

Quale grado di correlazione (covarianza lineare ed efficente, Pearson e Galton, ecc.) potrebbe esserci, allo stato di cose presente tra un voto plebiscitario come quello che ha raggiunto una determinata forza politica, persino il 70% dell'elettorato in lista, in molti di più di un non sperduto municipio del Sud Italia, e l'uso strumentale, forse persino la manipolazione, dei profili personali di Facebook? Praticamente nessuno si faccia illusioni e continui la mattina ad aprire il proprio fb, accendere il dispositivo immobile sul mobile, e trovare l'organigramma mentale della propria giornata già preconfenzionato, come il meteo o la precisa segnalazione dell'ora esatta...


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

Il caso di Cambridge Analytica sembra dire che per conquistare un Parlamento e un Governo di un Paese non ci vogliano poi tanti soldi. Anzi non c'è nemmeno più bisogno della guerra fredda nè di quella calda, senza aerei nè droni e carri armati.

Semplicemente concludere un buon contratto con determinate aziende che mescolano algoritmi e polemica pubblica, rabbia e reddito, e poi lasciare fare ai manipolatori della Pulizia Politica, ai volontari e inconsapevoli attivisti, a sedicenti comunicatori di professione, che indirizzano il consenso attraverso determinate tecniche su uno schedario di utenti social e web.

In sostanza subappaltare a qualche impresa, magari finanziata e già in combutta con pezzi dei Servizi e di determinati apparati di Stato, grandi media stranieri, la regia di una ben studiata campagna elettorale di successo,in grado di catturare e controllare il voto popolare in vaste aree geografiche come il Sud, oppure megalopoli come Napoli, isole come la Sicilia.

Un gioco tutto sommato abbastanza facile per le attrezzatissime centrali d'intelligence che spesso lasciano fare tutto a forze politiche di congiuntura che fanno da specchietto di moralità, megafoni dell'anticorruzione per gli elettori allodole o se si vuole per i cittadini allocchi.

Al momento nessuno, ma se fossimo sulla pagina di un giallo?, forse qualcuno ricorderebbe come in dissolvenza sullo sfondo, uno dei gesti più sintomatici della scorsa campagna elettorale.

L'uomo senza il frac della mezzanotte invisibile e sfocato nel mirino della telecamera, che agita nella sua mano un telefonino, descrivendolo strumento indispensabile per travolgere i nemici, vincere le elezioni, conquistare il potere.

Sono soltanto banali associazioni freudiane, neanche tanto un sommovimento dell'es politico ancestrale come nella canzone di Paolo Conte il maestrale, magari il ritorno in sogno della democrazia periclea, sovrapposto all'incubo sicano e mamertino del deludente viaggio di Platone da Dionisio tiranno di Siracusa.

Fatto sta che attorno agli italiani si è determinata una cupa paranoia del potere che sembra lo svolgimento esatto della scena appena dopo l'assassinio di Aldo Moro.

Quella che mai disegnerà neanche Madaudo, un falco di destra con le catacombe chiuse, le bambole zombie che diventano parlamentari tra Camera e Senato, lo spionaggio sui social di pezzi oscuri e sezioni occulte di agenti acefali e senza orgoglio per la propria divisa, lo scarso curriculum che fa pena dinnanzi allo splendore di un genio del male dell'archeologia, le cui monete sono fonti scientifiche citate in ogni ricerca di scavo, oppure i falli giganteschi dell'Ellade esposti in un Museo a marchio Mibact, gli ingannevoli mentitori che fanno il gioco di ibridi servizi nazionali e globali, coltivando interessi a certificazione biologica universale, tanto da stravolgere persino le cancellerie giudiziarie del solito tribunale di Praga dove si trova l'ennesimo giudice di Berlino, con un figlio in un call center di Tirana.

Tutto un sottogenere del nuovo ceto politico, comunque, promettimi che non ti innamorerai di me. Questo non è un libro, noi non siamo personaggi di un romanzo ma giovanissimi adepti di una filosofia di vita senza ideologia.

Da ragazzo il capo aveva più paura di aspettare Godot che non adesso da vecchio a tentare di fare la rivoluzione.

Ci vuole un palasport per metterli tutti insieme nell'aula delle onorificenze, particolarmente pullulante di eterogenei e sguscianti profili umanoidi, donne latex dal sesso sfuggente, ex concubine di 'ndrangheta che hanno una cotta per intellettuali con affascinanti laticlavi, strani policeman del genere transpolitico, orfici in barba con gli occhiali che giganteggiano tra i misteriosi ori di Hera e le cripto massonerie delle prostitute di Sibari.

E poi antiche signore alla Miss Marple con un passato di giovani moglie sposate a trangender o penalisti con toghe alla sbarra.

Insomma tipi sottocasa che stravincono nell'urna a Schiavonea, ricoprono una carica di Stato in Aspromonte, camorristi del nascosto sottobosco bruzio che si fanno chiamare evviva Tony dai telefoni fissi di via Popilia immersi nell'acqua, anziani capigruppo scout del liceo Telesio, figli e nipoti di lobbie massoniche alla targa di donna in executive, truppe cammellate e intelligence di vedove vampire con la toga nella bara che si dedicano a collezionare il proprio dominio frequentando le dimore sconsacrate di sciamberghe nobiliari.

C'è di tutto di più come un canone Rai nell'immaginario collettivo di un'affollatissima terra di nessuno... Solo Mark, non Marx, va a finire che è rimasto in soffitta ma ancora in linea solo contro tutti.