Vento del Sud e Vento del Nord tra Partito dei Cafoni e Governo Salvini | Vito Barresi


Devo ammettere che ho riletto con una certa curiosità un articolo di Pietro Nenni “Vento del Sud”, poi riportato nel volume Einaudi “Vento del Nord” il cui avvio è degno di citazione per l'aggancio diretto di un ragionamento su quanto avveniva dopo la lunga parentesi della dittatura fascista: “Tu parli spesso di vento del Nord. Vieni in Calabria e ti accorgerai che c'è un vento del Sud che soffia nella stessa direzione di quello del Nord.” Poteva essere ma non fu proprio così. Nord e Sud, a partire dal secondo dopoguerra si divisero profondamente nella diversità di una politica dualista che sacrificò l'economia del Mezzogiorno, condannandolo all'arretratezza, al divario strutturale, al sottosviluppo e, purtroppo, all'imperversare delle mafie, nel sempre gattopardesco e incontrastato potere dei ceti dominanti che, a destra a sinistra e al centro, utilizzarono le leve del governo dello stato assistenziale. Tra il Partito dei Cafoni e il prossimo governo di Matteo Salvini ci sarà un nuovo patto storico tra Nord e Sud dell'Italia? Oppure tutto continuerà similmente a prima, come nelle indimenticabili scene del Gattopardo, parte in cui risuonò imperitura la frase storica “
Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”?


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

La riflessione di Nenni, porta la data del lontanissimo 23 febbraio 1943, ben 75 anni fa. Narra e descrive, partendo da una panoramica della Calabria, tra Reggio, Cosenza e Catanzaro, di un clima sociale e politico profondamente diverso da quello attuale.

Vi erano aspettative di libertà, di giustizia sociale ed eguaglianza nelle opportunità, più radicate e profonde, dopo venti anni di fascismo, rispetto ai nostri giorni. Ma anche tanta speranza ideale e 'ideologica' di costruire uno Stato nuovo sulle macerie di un impianto istituzionale bellicista, persino razzista, che aveva trascinato gli italiani in una guerra fratricida, solo nascosto la contrapposizione geografica in due parti tanto distanti anche in termini di cultura materiale e di filosofia della vita collettiva e individuale.

La riconquista della democrazia, per mano delle nazioni libere mondiali, avvenuta prima nel Meridione, la continuazione della Guerra di Liberazione nazionale sotto il comando del CLN e delle varie formazioni Partigiane nel Settentrione, in questa pagina di storia patria, sono tratteggiate con intelligenza e calibrata suggestione da un padre nobile del Socialismo europeo che ancora adesso nella sua schietta e genuina freschezza di prospettive politiche colpisce, specialmente per le simmetrie e le comparazioni tra quella crisi politica istituzionale e la transizione contemporanea che non riesce ancora a trovare un suo più forte, più convinto e unitivo omogeneo compimento nazionale.

Sono troppi i pregiudizi, tante le distanze concrete, enormi le amarezze, le illusioni, i tradimenti rispetto alla secolare e irrisolta 'questione meridionale'.

Così che, ancora una volta di fronte all'imponente voto plebiscitario di protesta e di soccorso, intessuto di rabbia e reddito, che ha dato l'avvio alla fondazione immaginaria di un nuovo Partito dei Cafoni del Sud, altro non viene in mente che un significativo versetto biblico dove si legge che "come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nei dolori...abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo partorire; era solo vento non abbiamo portato salvezza al Paese e non sono nati abitanti nel mondo."

Insomma, c'è la preoccupazione che ancora una volta l'Italia Nuova non sia all'orizzonte nè ci sarà un prossimo domani.

Tra vento del Sud e vento del Nord l'Italia del dopo voto è ancora in alto mare. O se si vuole si trova ancora in mezzo al guado. Sospesi e separati in casa, il Mezzogiorno e l'Alta Italia, appaiono divergenti sugli obiettivi di un programma minimo di ripresa e rilancio del sistema economico e sociale: da un lato si reclama il reddito, dall'altro il salario, da una parte il posto fisso e dall'altro lo stipendio produttivo, in un posto al sole la rendita di posizione e nella nebbia in Val Padana la chimera di nuovi e ingenti profitti globali, da un versante il turismo e le archeologie dei poveri e dall'altro l'industria 4.0, le manifatture e i plusvalori di un'Italia cuore e cerniera della Mitteleuropa, dei Balcani e del Mediterraneo.

Ancora una volta gli interessi particolari tenderebbero a prevalere sull'interesse generale. Progetti e linee di sviluppo non appaiono nè ben individuati nè tanto meno inquadrati nel suo insieme organico. Con il rischio che si possa tornare, anche prima di quanto non si immagini, al solito assetto delle vecchie clientele e del voto di scambio parlamentare ed elettorale.

Senza mettere mano al restauro dell'impianto istituzionale, allo smantellamento delle logiche di casta e di ceto, alla rigenerazione di una morale politica collettiva di respiro europeo e mondiale, capace di andare realmente verso forme nuove di democrazia diretta e di autogoverno popolare.