La Fatina dei Fornelli e quella del non fare | Venturino Lazzaro

Cari amici, buona domenica.

Il tempo ancora tiene. Ma l'attesa del viraggio, ogni volta, mi lascia in una specie di sospensione, di instabilità, in una condizione di attesa immotivata. Mi torna in mente quella disposizione d’animo che avevo da bambino quando mi ero convinto che esistesse una Fatina, che materializzandosi all’improvviso, poteva offrirti di soddisfare un desiderio (uno solo) ma solo se la risposta (il desiderio) fosse stato pronto, detto al volo, senza incertezze, nè tentennamenti.


Venturino Lazzaro | Cambio Quotidiano Social

Questo comportava l'avere sempre un desiderio pronto sul momento (tutto il giorno), ed era fonte di stress, di elucubrazioni e di ripensamenti. Comportava fare rinunce su rinunce, e ufficializzare dentro me una sorta di classifica, per scalare la quale i vari desideri facevano a pugni quotidianamente. Crescendo, la Fatina si è perduta, ma ha lasciato il posto a un’altra entità pericolosa e perversissima: il sorteggio. Da adolescente credevo che esistesse la possibilità di essere sorteggiato (chissà perché, chissà da chi) per rispondere a domande precise. In caso di risposta esatta sarei stato beneficiato a dismisura, senza limiti e spudoratamente.

Qui il problema era l’argomento dei quesìti (ovviamente sconosciuti) e allora passavo ore e ore a leggere e a studiare le cose più diverse (l’Islanda, il punteruolo rosso, la bazzica, o la formazione degli Harlem Globetrotters di New York, per esempio) (“vuoi vedere che mi chiedono…”). Una vitaccia. Uno studio forsennato e disordinatissimo.

Ma grazie al quale ho conosciuto Dostoevskij, Malaparte e Mark Twain, conosco a memoria la formazione del Bologna del ’63-64, e ho una conoscenza non comune delle balene, del Big Bang, del motore a due tempi e della storia dei pirati. Ma di Fatine (o di sorteggi) neanche l’ombra. Oggi, accingendomi ad una certa età, sono stato invaso dalla certezza che esista la Fatina del “non fare” (a cui alcune cose non vanno giù).

Funziona così: arriva (anche questa senza ombra di preavviso), ti scruta e ti chiede cosa stai facendo (anche se lo sa benissimo). Il vaglio è del tutto arbitrario (nè religioso nè etico-morale), ma se la cosa non è di suo gradimento, vieni irrimediabilmente espulso, evitato, declassato e squalificato (in casa, in società e nella considerazione della Fatina stessa). Insomma un disastro. Questo mi consente, di tanto in tanto, di evitare deliberatamente certe cose, situazioni e persone che spesso non mi garbano (“vuoi vedere che non piace alla Fatina…?”). Un po’ più comodo rispetto alle perverse fantasie giovanili.

E poi esiste la Fatina dei fornelli (“se non friggi subito almeno un chilo di patate…”), ma questa è un’altra storia.

Buon pranzo.