Angelo Broccolo, il medico Guardia Rossa tra le risaie della Sibaritide

Altro che guardia medica e basta. Questo è il diario di una Guardia Rossa vera e propria che sbandiera la cartella clinica degli ultimi, migranti, contadini poveri, donne escluse sfruttate e violentate, miserabili di questi tempi infami e avidi, puttane d'oriente e in pelle nera su strade statali e poderali, bimbi incantati che guardano il mondo mentre la 'ndrangheta li uccide, sofferenti e malati di ogni risma alla Madre Teresa, come fosse il libretto Rosso di Mao Tse Tung. Il comunismo in questo caso più che un fatto reale è un mito naif, una radice ideologica ben consolidata. Che poi per Angelo Broccolo, un medico che preferisce viaggiare con chiunque si oppone ai disvalori di questi tempi, si incultura in breve nel colore perenne dell’uomo in rivolta, un Che Guevara ritrovato in mezzo all’inverno in Palude della immensa e leggendaria Piana di Sibari. Dei riquadri, strade, palazzi, agorà, boulè, anfore e statuette di una megalopoli dall’immaginario sconfinato, città delle illusioni d’un tratto a fiaba di Italo Calvino, la polis di Erodoto, sognata da Pericle nel 444 a.C., colonia simbolo dell’esportazione della democrazia ateniese, capitale mediterranea del nuovo panellenismo, è letteralmente foderato il suo libro “Passai l’estate. Cento notti di guardia medica”. Scritto con uno stile diaristico mai dilettantesco, in grado di consegnare ingenuità e geometria del referto sociale, prognosi esatta della patologia politica che non ha più Cassa Mutua. Si, proprio così un libro intriso di caparbia ingenuità. Che è poi sorella carnale, germana della vera genuinità.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

Broccolo nella Sibaritide è per tutti il grande dottore comunista, un medico del popolo, il ritorno della grande scuola medica magnogreca, una sorta di Albert Schweiter animato più che da un sermone luterano dai vari capitoli del Capitale del tanto amato e mai dimenticato San Carletto Marx.

Broccolo non ama il relativismo ideologico almeno quanto i cattolici apostolici, ortodossi, anglicani odiano il relativismo etico con varie accentuazioni. Delle sue idee ne fa sempre una questione di principio mai un corollario, una subordinata.

E dall’apostolato in fede politica mette insieme una storia, un diario, un frammento di storia medica della Calabria attuale, ancora in debito con le devastazioni inferte alla popolazione dal sistema sanitario regionale e dalla malasanità, raccogliendo a mozziconi e a brandelli, i momenti della sofferenza, la schiettezza del popolo profondo e dimenticato, spesso ignaro nella sua secolare pazienza di essere un soggetto di diritto alla salute, semplicemente un paziente.

Da qui scorre come su un antico magnetofono a bobina una microstoria del microcircolo di una società in rapido mutamento. Un luogo a non luogo in cui pazienti, basi mediche, cartelle cliniche, Xfile di malattie sottili della vita quotidiana, ricostruiscono a battiti e battute riflessioni, analisi, comparazioni, anamnesi medico sociali. In breve l’ecografia del malessere di classe, del disagio umano e dello scontro sociale, che si svolge perennemente, di notte e di giorno, adialetticamente nella Piana di Sibari dei primi decenni del nuovo secolo.

La medicina, il medico secondo l’autore, non si può rinchiudere nel recinto o nel tracciato del solo ospedale. Dunque, una critica forte alla Calabria che controlla e si invischiato nei processi di mercantilizzazione e capitalizzazione della sanità. Perché Broccolo non è uno che sta lì a pensare di costruire qualche clinica, a diffondere commercio sanitario, quanta a fare ben altro. Cioè continuare, proprio come un Erodoto della sua gloriosa terra sibaritica, la città che fu nei sogni di Pericle, la lezione della medicina democratica.

Spesso nel suo diario c’è però un Mezzogiorno di maniera che pure piace ma non è sempre attuale. E certo, questa, più che una critica, è un suggerimento perchè anche a me quel Meridione che è ‘andato’ alla Guccini, piace e mi riconcilia leopardianamente, a guardare che accanto al vecchio c’è il nuovo mezzogiorno, talvolta incomprensibile anche al buon medico di base che usa come attrezzi in sala operatoria i vecchi bisturi dell’analisi marxiana.

Ma va da sé che Broccolo agisce, testimone e osservatore partecipante, nella grande trasformazione in atto nel Mezzogiorno, tra il vecchio e il nuovo, in quella realtà cui dobbiamo prepararci, cioè la radicale internazionalizzazione, di in una importante piattaforma transcontinentale, la banchina d’attracco delle migrazioni imponenti, la zona franca, un’insalatiera etnica che pone grandi problemi oggi e qui per cambiare davvero l’Italia, il Paese e l’Europa, consapevoli di dover affrontare una sfida enorme, immensa, impressionante.

La sua è l’affermazione che la vita è sempre una lotta che va compresa per sconfiggere la sua intrinseca trappola dell’inedia, superare la sua sottile e ontologica tragicità.

Medico, dottore straordinario, compagno splendido, magari qualcuno lo ha intravisto mentre riservatamente telefonava a un prete suo amico, chiedendogli di raggiungerlo presto in quella casa colonica diroccata e antica che sa di realismo magico e di mediterraneo. Dove un'anziana contadina moribonda stava ormai in attesa di parole e conforto, proprio sull'uscio del suo ultimo giorno in questo mondo.