Sulla Bonifica a Babbo Morto il grande affare della Prossima Turistopolis


Vito Barresi
Cambio Quotidiano Social



Con la bonifica a babbo morto chi scriverà il Libro Nero del più grande bidone ai danni di Crotone? Se fosse vero quel che si apprende, magari ancora confusamente, da un consistente volume di spifferi, un ‘si dice…’ che s’infittisce a TamTam giorno per giorno, altro che bonifica da realizzare dopo circa trent'anni dalla chiusura delle pestifere fabbriche della malaria industriale. Syndial Eni sarebbero ormai decise a consegnare tutta ‘la roba’ che è rimasta nei cespiti delle loro immense proprietà, a una grande cordata di capitalisti, finanziatori e prestanomi di politicanti di stato, un gruppo d’imprenditori con robuste carrucole pubblico-private. Che volete, dunque, che importi alla gente se toccherà alla Procura della Repubblica, oppure a qualche giovincello storiografo locale redigere il best seller sulle porcherie ambientali sversate a mare? Ormai è fatta. Il ricordo degli schizzi di fanghi rossi di ferrite e corruzione che un tempo sporcarono la faccia della Regione Calabria con inchieste, arresti eccellenti e Black Mountains, scomparirebbe d’un solo colpo con l’ultima carnevalata della casta politica calabrese. Sempre più o meno la stessa che con l’Eni ha già fatto buoni affari, dai tempi di Osmium nella Mosca post comunista che voleva comprare i rifiuti inquinanti di Pertusola Sud, a quelli di Saddam che imbarcava con il voto del Pci alla Camera il fosforo dei detersivi Enichem per trasformarlo in bombe al napalm nella guerra contro l'Iran. Insomma la stessa partita di giro a Roma e altrove, che ora conta di tornare a fare ancora un ultimo tango di business. Magari clonando qualche modello nigeriano o bielorusso a Catanzaro come a Lamezia, a Cosenza come a Reggio Calabria, riservandosi di buttare qualche coriandolo premio, qualche briciolo del tesoretto di oro nero anche alla tanto cara e archeologica Capo Colonna, come già aveva fatto con il tesoro di Hera e il suo diadema. Il nuovo progetto sarebbe ambizioso ma sostenibile. E si tratta non del clone della fallita Europaradiso, l’immenso villaggio vacanza che voleva edificare l’israeliano Mister Appel, bensì della costruzione di una modernissima megalopoli del turismo europeo. Un intreccio tra turismo alla Motel Agip in formato Dubai e i beni culturali tanto cari a certi attuali esponenti della politica democrat che si chiamerebbe Turistopolis, pronta a concorrere per diventare la più grande concentrazione di tempo libero dell’intero Mediterraneo, da far sorgere sulle amiche rive dello Jonio. Un impianto che sorgerebbe sulla linea jonica del Mezzogiorno d’Italia, in luogo baricentrico tra la Puglia e la Sicilia, ben raccordata con la dorsale Adriatica, il corridoio Helsinky - Bari - Malta , dove la 106 già divide in due il territorio della Bonifica. A destra, dal lato mare i terreni in testa alla holding di Turistopolis, a manca dal lato campagna quelli in mano ai Beni Culturali per realizzare un parco archeologico al servizio del resort con porto su modello Marina d'Agri. Tutto con soldi dell’Unione Europea, che accatastati ad altri investimenti di varia provenienza straniera, trasformerebbero un banalissimo intervento di bonifica industriale in un innovativo e avveniristico progetto di rigenerazione urbana a fini turistici, molto simile persino nei rendering al recupero di Metanopoli a San Donato Milanese.



Il tempo favorevole alla forza aggregante di questa idea sarebbe finalmente arrivato. Esattamente dopo alcuni decenni dalla fine della travagliata storia dell’Enichem e della Pertusola a Crotone. Una brutta storiaccia che si voleva già allora chiudere costruendo immediatamente su quei terreni dismessi un gigantesco villaggio turistico, in cui convogliare in ferie estive una buona parte dei circa 40.000 mila dipendenti dell’Eni, il colosso petrolchimico italiano con sedi, cantieri, giacimenti e pozzi praticamente in ogni parte del mondo.

Non se ne fece nulla. Nel pentolone bolliva il fallimentare Contratto d'Area dell'allora centrosinistra a trazione mezza dalemiana e mezza-mezza popolare e prodiana. Ma ora che sono passati tanti anni dalla chiusura delle fabbriche, altamente inquinanti e tecnicamente obsolete, un arco di tempo immenso in cui le autorità pubbliche locali, Comune, Provincia, Regione Calabria, Ministero dell'Ambiente in testa a tutti, hanno impunemente lasciato calpestare all’Eni anche i più elementari diritti della città, del territorio e delle popolazioni, ecco il momento utile per chiudere la partita e tombare definitivamente, insieme al passato, colpe e responsabilità, anche in termini di adeguato, congruo e postumo risarcimento.

Materialmente questi decenni non sono stati del tutto inutili. Anzi è vero come è vero che sono serviti a cancellare sistematicamente e dolosamente prove, campionature, carotaggi, referti e ogni altra documentazione probante dei vari delitti ambientali e socio economici commessi dai ‘soliti ignoti’, senza che alla fine nessuno, tra pubblico e privato, venisse chiamato a dar conto, a pagare giustamente per il gigantesco e pesante danno ambientale.

Ecco perchè la Bonifica ormai è, come direbbero certi politici molto esperti in materia, l’Araba fenice: che vi sia, ciascun lo dice, dove sia, nessun lo sa.

Quel che non dicono è che questa carrucola di affaristi e politicanti continua ad azzuffarsi non per la bonifica né per la città, ma per spartirsi la torta delle aree ripulite da Syndial, ove mai queste torneranno di pubblica proprietà in mano al Comune di Crotone o alla Regione Calabria.

In attesa di conoscere definitivamente quale sarà la loro specifica destinazione d'uso.