Suicidio Rita Lo Giudice, Di Bari: lo Stato c’è, è l’ora della coesione

6 aprile 2017, 21:05 Il Fatto

di Michele di Bari*

Il suicidio della compianta dr.ssa Maria Rita Lo Giudice ha innescato una pluralità di interpretazioni sul tragico evento per cercare di comprendere la realtà di questa splendida Città Metropolitana e delle sue ataviche difficoltà e, soprattutto, di prefigurare da un lato un futuro di definitivo e completo affrancamento dalla ‘ndrangheta e dall’altro, “medio tempore”, di affinare strategie capaci di contrastarla.

Su questo secondo aspetto, intendo soffermarmi.

Innanzitutto non soltanto l’umana solidarietà alla giovane, ma anche la mia cristiana vicinanza ad una vicenda che nell’immediatezza, in attesa delle conclusioni delle indagini, merita rispetto per una vita tolta alla famiglia e alla Comunità che l’ha amata e considerata.

Oggi, la stragrande maggioranza di questa Comunità interpella la propria coscienza su ciò che è tristemente accaduto e su ciò che eventualmente si sarebbe dovuto e potuto fare e non si è fatto. E ognuno, sebbene animato da lodevole passione civica, cerca di indicare un percorso che spesso non coincide con le altre visioni prospettate.

Quasi tutti dimenticano, però, gli straordinari risultati conseguiti dallo Stato, dalla Squadra Stato, che accompagnano le costruttive fatiche di un vivere quotidiano capace davvero di essere un’autentica sfida per superare paure e rassegnazione e rappresentare una ulteriore leva di contrasto alla ‘ndrangheta.

È questo un imprescindibile punto di partenza sul quale non devono assolutamente registrarsi divisioni interpretative poiché non sono né ammissibili, né comprensibili.

È indubbio che lo Stato ha creato e crea l’humus affinché i tanti uomini e le tante donne di buona volontà possano esercitare i propri diritti, sia come singoli che nell’alveo della collettività in cui vivono, diventando patrimonio di tutti e, in particolare, dei cittadini che vivono in condizioni di disagio, di precarietà, di debolezza strutturale dei servizi e delle molteplici povertà emergenti.

Anzi, la mirata azione preventiva e l’efficace attività repressiva di annientamento del malaffare e di neutralizzazione dell’illegalità consolida lo spirito di coloro che si rispecchiano nelle antiche e nobili tradizioni culturali di questa terra dalla quale non intendono allontanarsi.

Una prova impegnativa che interpella la coscienza di tutti. Ma non basta!

È necessario che la coscienza di ognuno diventi coscienza collettiva al servizio di una speranza che già è presente nelle scuole, nelle università, nelle parrocchie, nelle associazioni di volontariato, nella società civile e nei corpi sociali.

C’è bisogno di un sentire comune per vivere una rinnovata stagione con l’obiettivo profetico di provocare, sfidare, affiancare ed affermare i valori della legalità. C’è bisogno di sostenere i giovani, soprattutto coloro che non sempre, sin dall’infanzia, respirano i valori e l’etica del rispetto della persona e della dignità altrui. Si tratta di un cammino duro e impervio che esige forza d’animo e convinzione per fornire adeguate risposte alle tante difficoltà dei territori.

Non dobbiamo chiederci se riusciremo nell’intento, di cui auspichiamo la rapida realizzazione, ma dobbiamo piuttosto operare con determinazione per essere cittadini responsabili e solidali.

Sant’Agostino diceva: “In necessitas unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas” - “Unità nelle cose fondamentali, libertà dove c’è dubbio, carità in tutto”. È l’ora dell’unità e della concordia per sconfiggere il nostro comune nemico che ha un nome che noi conosciamo: ‘Ndrangheta.

*Prefetto di Reggio Calabria