Oliverio Vattene: l’urlo disperato delle urne calabresi

Vito Barresi
Cambio Quotidiano Social


Come mai è accaduto nella storia repubblicana della Calabria, unanime, compatto, determinato, chiaro e sovrano, il popolo ha sancito la vittoria del No, piena e totale, in tutti i 417 comuni della rete istituzionale regionale. Ovunque, nei più piccoli e sperduti borghi come nelle città capoluogo, a Molochio come Cosenza, ad Acquappesa come a Catanzaro, a Ferloleto Antico come a Reggio Calabria, a Roghudi come a Vibo, a Laino Borgo come a Crotone, la matita ha colpito al cuore dei tanti sicofanti al servizio delle cricche clientelari, trafitto gli imbonitori e ammonito i lestofanti che si annidano imperturbabili in lobbie regionali, sfidando a viso aperto la tracotanza delle sempre più violente ‘associazioni’ personali e privatistiche che comandano la politica in questa derelitta e sfortunata terra.


Con forza democratica, elettorale, politica e morale mai sentita, gli elettori coraggiosi e impavidi hanno scagliato un macigno, con mano ferma e decisa, numericamente impressionante, contro la giunta regionale del ragionier meschino Mario Oliverio, l’oligarca ex comunista che intendeva scambiare la libertà e la volontà dei calabresi con un Si a Renzi, per accaparrarsi con avidità e bramosia il potere sanitario, il controllo territoriale e clientelare della rete ospedaliera.

“Vattene Oliverio, giù le mani dalla sanità e dalla vita dei calabresi, vergognati di ambire ad aumentare il tuo potere personale e tirannico giocando senza ritegno sulle sofferenze della povera gente malata, dei pensionati, delle donne anziane, dei bambini indifesi, dei medici del popolo, degli ambulatori popolari… Dimettiti e lascia le tue prebende, i tuoi vitalizi, il tuo sfrenato lusso che grida oltraggio, l’uso inconsulto e censurabile del denaro pubblico per fare politica e campagna elettorale… Molla l’osso di cane della povertà e della miseria in cui hai ridotto questa Calabria…”

E’ questo l’elenco, il palinsesto aperto e quotidiano che chiunque sia entrato in un seggio elettorale nelle periferie delle province, nei seggi miserevoli e disadorni delle scuole elementari di paesini e villaggi, ha ascoltato e recepito.

Il voto è stato ovunque l’exit poll di un popolo in lacrime, la nenia e l’urlo dei calabresi brutalizzati dalla violenza sociale della classe politica che comanda, abbandonato a se stesso, isolato e schifato dai ceffi ben vestiti che vanno in giro nelle segreterie degli assessorati regionali, che consumano gli alberghi, le auto blu, i ristoranti con la scusa di andare solo per 70 ore all’anno alle sedute del Consiglio regionale a Reggio Calabria, mentre i lavoratori sfruttati apertamente muoiono come mosche sui cantieri, e la gente è messa sotto dalle ‘associazioni’ politiche locali che chiedono il voto, controllano i loro territori, mettono le mani nelle anagrafi comunali.

Si proprio così, in una Calabria, laddove sono spariti i vecchi partiti, in una regione dove anche i grandi padri della prima democrazia costituzionale vennero inquisiti per ‘ndrangheta, e non facciamo tutti i nomi di parlamentari, ministri, ecc, associazioni personali, talvolta eversive della legalità, e magari per una volta prenda buona nota il giudice Gratteri che scrive libri e best sellers, che scalano le classifiche editoriali e faccia agire alacremente gli uffici della sua Procura a Catanzaro, mettendo in atto un’ampia indagine sulla ricchezza attuale e passata dei politici calabresi, sulle valenze penali e probabilmente processuali, s'indaghi pure sul significato semantico e giuridico che può assumere il termine ‘associazione’, non solo mafiosa, non solo criminale, ma anche spaventosamente tirannica e antidemocratica, eversiva e antistatale perché dentro e non fuori, camuffata, occultata e sommersa nello stesso sistema costituzionale.


Ci sono molti modi di leggere ‘sociologicamente’ il voto del Referendum calabrese, ma il primo è appunto questo: perché il voto è libero quando è possibile ed è al contrario ‘vincolato’ quanto non è consentita la piena libertà di scelta? Chi e come nelle elezioni condiziona o meno il popolo sovrano calabrese?


Il reale atteggiamento degli elettori e del popolo tutto, verso questa insufficiente, impreparata e improponibile giunta regionale è interamente scritto nell’esito del voto referendario e costituzionale.

Altro che populismo e altri sproloqui del ragioniere Oliverio, degli Oliverio Bis, dei Minniti in segreti servizi, delle Bianchi incantate dalle grecie magne, delle Rosy Bindi elette in quel di Cotronei, dei Magorno, degli Adamo e Bossio Bruno, dei Falcomatà, Irto e compagnia, delle Covello ed altre in pole position, insomma dei suoi sodali, dei suoi protettori agli alti vertici dello Stato e del Governo, la lettura chiara e limpida del voto è univoca.

A tal punto da gridare a squarciagola la ripulsa verso Oliverio e un gruppo di potere e di controllo del voto, quindi con vari mezzi e modi capace di condizionare la libertà delle persone, composto da parlamentari, vice ministri, sindaci, consiglieri regionali, provinciali e comunali, assessori, funzionarietti di partito ecc., che costituiscono le 'cellule' di un potere anomalo che produce miseria, arretratezza, dipendenza, subordinazione, in una parola negazione dei diritti fondamentali individuali e sociali.

Nell’attuale ceto politico dominante calabrese non ci sono pensieri né stati d’animo che si possano dire consimili alla normale prassi della politica come servizio e come bene comune. In loro ci sono soltanto primitivi e rudimentali cenni di astio rancoroso, in loro vige la legge immorale dell’accaparramento dei posti nelle segreterie regionali e nei comuni. Dietro queste associazioni di dominio personale che di fatto hanno soppiantato la vecchia partitocrazia ci sono bene precise forze economiche, ma anche oscuri interessi.

La legge costituzionale in Calabria, per quanto calpesta e vilipesa da questo ceto politico ingordo e ignorante, arrogante e minaccioso, può ancora essere salvata solo se gli altri due pilastri della democrazia, l’opinione pubblica e la magistratura, si metteranno in marcia in una grande battaglia di civiltà, identità e orgoglio.