IL PRANZO DI FIDEL

Venturino Lazzaro


Cari amici, buona domenica. Sembra esserci luce, oggi, ma anche qualche nuvola che non rassicura. Oggi temo quello che di solito è un momento piacevole, quasi rituale, soprattutto domenicale. Cioè il momento di acquistare e lèggere il giornale. Lo temo perchè non so, tra le notizie, i commenti, tra i titoli e gli elzeviri, quale compagnia troverà l'addio di Fidel Castro. Anche chi non lo ha amato non può non riconoscere a Castro una qualche virtù (rigore morale? coerenza? idealismo?...), accanto a qualche anacronistica temerarietà. Il mondo è grande, e andare a fare la rivoluzione proprio lí, a un passo dalla Florida, è stato il gesto più oltraggioso e coraggioso che un giovane ribelle possa mai sognare, e non mi meraviglio se a distanza di decenni, quel "giovane" non ha retto alla notizia dell'esito delle ultime elezioni americane. Tra le sue doti non c'è la lungimiranza. L'esito di quella rivoluzione? Vittoria e sterilità. Trionfo e scarsa riproducibilità. Ingredienti formidabili per creare ìdoli e mitologie. Ritrovare un mito, tra le pagine di oggi, accanto a giannizzeri, jolly e nani, o a qualche tweet oltraggioso e legiferante, non è bello, non mi piace. E mi dà una stima e una misura del momento. Mi devo distrarre. Farò una bolognese internazionalista come la faceva mia suocera cinquant'anni fa (quando Fidel Castro sognava), e come ho imparato, più tardi, a prepararla da me (mentre Castro regnava). Ma con la "fame" di oggi. Hasta la pasta siempre.