David Bowie c’è. A Bologna, troppo vivo per essere archiviato

Francesca Barresi
Cambio Quotidiano Social



La mostra “David Bowie is” è a Bologna da Luglio a Novembre, ospitata dal MAMbo come unica tappa italiana, dopo essere partita da Londra per arrivare a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e Groningen. Il titolo è una frase a metà, senza nessun oggetto: “David Bowie è”, e suggerisce come Bowie sia stato tutto e niente, una serie infinita di personaggi, un essere ineffabile, un “cyborg” come lui stesso si è definito. L’allestimento sembra basarsi proprio su una sua affermazione: “tutta l’arte è instabile, non esiste nessuna voce autorevole ma solo letture multiple”, e la mostra tiene fede a questa promessa di instabilità: siamo condotti da Brixton a Soho,da Berlino a Manhattan, ci troviamo a fluttuare nello spazio dell’astronauta Major Tom, per poi essere catapultati su un’arena à la Top of the Pops, palcoscenico di Ziggy Stardust. I curatori della mostra Victoria Broackes e Geoffrey Marsh hanno selezionato più di 300 oggetti dell’archivio personale del musicista, tra testi scritti a mano, costumi originali, fotografie, scenografie, copertine degli album, che dimostrano quanto il lavoro di David Bowie abbia influenzato non solo la musica, ma tutta l’arte moderna, in una collaborazione perenne con svariati tipi di designer, nel campo della moda, del suono, della grafica, del film.



La progettazione multimediale della mostra introduce una tecnologia audio molto avanzata, quella di Sennheiser, per cui l’audio in cuffia del visitatore cambia ogni volta che questi accede ad una nuova stanza, che, insieme ai video proiettati sui maxi schermi, crea un viaggio coinvolgente attraverso tutte le esperienze artistiche del Duca Bianco (il prezzo del biglietto, di 15 euro, vale anche solo per la proiezione di un live di “Starman”, il cui testo può essere seguito sul manoscritto originale). In questo percorso “sensoriale” tra le stanze, tappezzate dai manoscritti originali dei suoi testi, Bowie passa dall’essere un’icona pop a un poeta, nell’osservare i suoi vestiti di scena, che ci sembravano quasi plastificati, irreali, finti, ma che ora sono davanti ai nostri occhi, David Bowie da poeta diventa uomo: un esteta, un ribelle, un dissidente, maestro e ispiratore di molti generi artistici e musicali.


La mostra si conclude con una performance coinvolgente di Heroes, forse il suo pezzo più famoso, eseguita a 54 anni, al concerto di beneficenza per New York nel mese di ottobre 2001. Nell’ultima stanza non vi è un finale, non vi è una risposta, l’oggetto del titolo non si scioglie mai: l’esibizione non nasce infatti come una retrospettiva dell’artista scomparso a gennaio dopo la pubblicazione del suo ultimo lavoro “Black Star”, ma è concentrata sul presente, su quel che David Bowie ancora “è”: troppo vivo per essere archiviato, la cui complessità è troppo profonda per essere affidata solo a una serie di memorabilia.